situazione:Gli Stati Uniti, da un punto di vista amministrativo, sono composti da 50 Stati e 3 giurisdizioni (il Distretto di Columbia, il Governo Federale e l’Amministrazione Militare).
Ad oggi, la pena di morte non esiste più in 19 dei 50 Stati e in 1 delle 3 giurisdizioni, quella del Distretto di Columbia, che è il distretto sotto la diretta autorità del Congresso, meglio conosciuto come Washington D.C., capitale degli USA. Nel corso del 2016, il Delaware ha “indirettamente” abolito la pena capitale e svuotato il braccio della morte [vedi capitolo “Abolizioni legali, di fatto e moratorie”].
La pena di morte è ancora in vigore in 31 Stati della federazione e in 2 giurisdizioni. Tra le 33 giurisdizioni “mantenitrici”, però, 13 non effettuano esecuzioni da almeno 10 anni, e 5 da oltre 5 anni. Praticamente, le giurisdizioni che hanno compiuto esecuzioni nell’arco degli ultimi 5 anni sono solamente 13.
Nel 2016 le esecuzioni sono state 20, concentrate in soli 5 stati. Nel 2015 erano state 28, ed erano avvenute in 6 stati.
Nel 2016 ci sono state 30 nuove condanne a morte, comminate in solo 13 Stati. Nel 2015 le condanne erano state 49.
Sono diminuiti anche i detenuti nel braccio della morte: al 1° ottobre 2016, c’erano 2.902 condannati a morte, 41 in meno rispetto al 1° gennaio 2016.
Le polemiche seguite dopo diverse esecuzioni mal riuscite, le molte controversie sulle fonti di approvvigionamento dei farmaci letali, il proscioglimento di persone ingiustamente condannate, la disponibilità dell’ergastolo senza condizionale e il costo della pena capitale, sono i fattori principali che hanno determinato il declino di esecuzioni, condanne a morte e detenuti nel braccio della morte.
Le esecuzioni
Le 20 esecuzioni del 2016 sono avvenute in solo 5 dei 31 Stati mantenitori: Georgia (9), Texas (7), Alabama (2), Missouri (1), Florida (1). È la prima volta da quando il Texas ha ripreso le esecuzioni nel 1982 che il Texas non ha il record annuale delle esecuzioni. Le 20 esecuzioni del 2016 costituiscono il numero più basso dal 1991. Anche il fatto che solo 5 stati abbiano effettuato esecuzioni è un record: si tratta del numero più basso dal 1988.
Da quando la pena di morte è stata reintrodotta nel 1976 fino al 31 dicembre 2016, gli Stati Uniti hanno portato a compimento un totale di 1.442 esecuzioni.
In proporzione alla popolazione, gli stati che compiono più esecuzioni sono, nell’ordine, Oklahoma, Texas, Delaware, Virginia e Missouri.
Da quando la pena di morte è stata reintrodotta nel 1976, tre Stati hanno giustiziato solo “volontari”, ossia persone che hanno volontariamente accelerato la procedura rinunciando a tutti o a parte dei ricorsi possibili: Pennsylvania, Oregon e Connecticut. In totale, dal 1976, 143 detenuti sono stati giustiziati in quanto “volontari”, poco meno del 10% del totale dei giustiziati.
Tutte le esecuzioni del 2016 sono avvenute per iniezione letale. Tutte hanno riguardato maschi.
L’età media delle persone giustiziate nel 2016 è 48,7 anni. Il tempo medio che i giustiziati nel 2016 hanno trascorrono nei bracci della morte prima dell’esecuzione è stato di 18,5 anni. Agli estremi di questa media c’è un detenuto del Texas che è stato giustiziato dopo 7 anni (non era un “volontario”) e uno della Georgia, ucciso dopo 36 anni nel braccio della morte.
Divisi per razze, i giustiziati nel 2016 sono stati 16 bianchi, 2 neri, e 2 ispanici. I 20 giustiziati nel complesso erano stati condannati per 26 omicidi, le cui vittime erano state 24 bianchi e 2 ispanici.
Le condanne a morte
Oltre a quello delle esecuzioni, si sta registrando un trend di forte diminuzione delle condanne a morte, a sottolineare la minore propensione delle giurie popolari verso la pena capitale e la scelta sempre più diffusa della pubblica accusa di “accontentarsi” di condanne minori in cambio di iter processuali più brevi e certi.
Secondo il Death Penalty Information Center, nel 2016 le nuove condanne a morte sono state 30, 19 in meno rispetto al 2015. È il numero più basso da quando la pena di morte è stata reintrodotta nel 1976. Il numero massimo era stato raggiunto nel 1996, con 315 condanne.
È il 6° anno di seguito che le nuove condanne a morte si attestano sotto la cifra di 100.
Le condanne a morte sono state emesse in 13 stati.
Come sempre, il maggior numero di condanne a morte è stato emesso in California (9), che però è anche lo stato più popoloso degli Usa. Due stati hanno emesso ognuno 4 condanne (Ohio, Texas). L’Alabama ha emesso 3 condanne, la Florida 2 condanne, mentre Arizona, Arkansas, Kansas, North Carolina, Nevada, Oklahoma, Oregon e Pennsylvania ne hanno emessa 1.
Il Texas, da molti anni in testa al numero di esecuzioni, nel 2016 ha emesso solo 4 condanne a morte. Insieme al dato del 2015 (2 condanne) si tratta dei numeri più bassi di sempre. Il numero più alto fu 48 nel 1999.
Divisi per razze, i nuovi condannati a morte negli Usa sono 17 neri, 6 bianchi, 3 asiatici e 3 ispanici.
I bracci della morte
Il Rapporto “Death Row USA” della NAACP Legal Defense Fund, con i dati aggiornati al 31 ottobre 2016, conta 2.902 persone nei bracci della morte americani, 41 in meno rispetto al 1° gennaio 2016. È la seconda volta, con il 2015, che si scende sotto le 3.000 unità dalla primavera del 1995. All’epoca i bracci della morte stavano aumentando la loro popolazione perché si veniva da un periodo in cui la pena di morte era stata prima dichiarata incostituzionale (caso Furman v. Georgia, 1972) e poi di nuovo costituzionale nel 1976 (caso Gregg v. Georgia), dopo che gli stati avevano apportato alcune modifiche alle leggi capitali.
Il numero più alto di prigionieri nei vari bracci della morte statunitensi venne registrato nel 2001, con 3.670 unità. Da allora il calo è stato regolare e costante.
La California ha continuato ad avere la più grande popolazione del braccio della morte (745), seguita da Florida (395), Texas (254), Alabama (194) e Pennsylvania (175).
La California, con 40 milioni di abitanti, è di gran lunga lo stato più popoloso degli Usa (il Texas è secondo, con 28 milioni, la Florida è terza con 21 milioni). Il suo braccio della morte è così popolato in parte in relazione all’alto numero di condanne a morte emesse, ma in parte anche perché ha compiuto pochissime esecuzioni, 13 dal 1976 a oggi. L’ultima esecuzione risale al gennaio 2006.
Divisi per razze, nei bracci della morte ci sono 42,2% bianchi, 41,8% neri, 13% ispanici, 1,8% asiatici, 0,9% pellerossa più un detenuto del quale non è determinata la razza. Nel complesso, il 57% dei detenuti dei bracci della morte appartiene a minoranze razziali. Divisi per sesso, nei bracci della morte statunitensi ci sono 2.848 uomini (98,14%) e 54 donne (1,86%).
A livello di popolazione generale, negli Usa i bianchi non ispanici costituiscono il 64% della popolazione, i bianchi ispanici il 16%, i neri, il 12,6%, gli asiatici il 4,8%, e le altre minoranze, compresi gli indiani nativi, costituiscono il rimanente 2,6%. Nonostante i bianchi non ispanici costituiscano il 64% della popolazione, quasi il 57% dei detenuti dei bracci della morte appartengono alle minoranze.
Abolizioni e moratorie “de facto”
Ad oggi, la pena di morte è abolita in 19 Stati e 1 giurisdizione (tra parentesi l’anno di abolizione): Alaska (1957), Connecticut (2012), Delaware (2016), Hawaii (1957), Illinois (2011), Iowa (1965), Maine (1887), Maryland (2013), Massachusetts (1984), Michigan (1846), Minnesota (1911), New Jersey (2007), New Mexico (2009), New York (2007), North Dakota (1973), Rhode Island (1984), Vermont (1964), West Virginia (1965), Wisconsin (1853), Distretto di Columbia (1981).
Nel 2015 la pena di morte era stata abolita in Nebraska, ma poi reintrodotta nel novembre 2016 dopo un referendum popolare passato con il 57% dei voti.
In quattro Stati – Colorado, Oregon, Pennsylvania e Washington – i Governatori hanno sospeso le esecuzioni “a tempo indeterminato” a causa degli evidenti difetti che connotano il sistema capitale.
In Ohio, nel gennaio 2015, il Governatore Kasich aveva rinviato tutte le esecuzioni al 2016 a seguito dei problemi pratici e procedurali legati al rifornimento di farmaci letali. Il 1° aprile 2016, il Procuratore Generale dello Stato ha comunicato che la sospensione delle esecuzioni sarebbe stata protratta per tutto il 2016.
Il 14 settembre 2016, in Oklahoma, il Procuratore Generale dello stato, Scott Pruitt, ha dichiarato che le esecuzioni rimarranno sospese per almeno altri 2 anni. In Oklahoma, le esecuzioni sono sospese da quando si scoprì che, il 15 gennaio 2015, per uccidere Charles Warner, l’amministrazione penitenziaria utilizzò l’acetato di potassio al posto del cloruro di potassio. Un grand jury incaricato di investigare il caso rilevò una serie di gravi inadempimenti da parte dell’amministrazione penitenziaria in più di una delle esecuzioni compiute dal 2014.
Il 18 settembre 2016, in North Carolina, il procuratore distrettuale della Robeson County, Johnson Britt, e diversi esperti, si sono trovati concordi nel prevedere che le esecuzioni non riprenderanno prima di “diversi anni”. Nello stato, a seguito di una serie di ricorsi legali, l’ultima esecuzione risale all’agosto 2006, e dal gennaio 2007 lo stato viene considerato in regime di “moratoria informale” dopo che un giudice ha sospeso le esecuzioni.
Non una moratoria, ma un massiccio annullamento di condanne a morte è stato deciso il 22 dicembre 2016 in Florida. La Corte Suprema di Stato, con le sentenze Asay v. State e Mosley v. State, ha considerato illegittime le circa 200 condanne a morte emesse dal 2002 ad oggi, mentre considera valide le oltre 150 emesse prima di quella data. Come è noto, a gennaio la Corte Suprema degli Stati Uniti con la sentenza Hurst v. Florida aveva dichiarato incostituzionale quella parte della legge capitale che consente condanne a morte senza l’unanimità della giuria popolare.
Delle 33 giurisdizioni in cui vige ancora la pena di morte, 13 non hanno effettuato esecuzioni da più di dieci anni: California (2006), Colorado (1997), Kansas (1965), Montana (2006), Nebraska (1997), Nevada (2006), New Hampshire (1939), North Carolina (2006), Oregon (1997), Pennsylvania (1999), Wyoming (1992), Amministrazione Militare (1961) e Governo Federale (2003).
In 5 altri Stati non vi sono state esecuzioni da almeno 5 anni: Kentucky (2008), Louisiana (2010), South Carolina (2011), Utah (2010) e Washington (2010).
La politica legislativa
Nel corso del 2016 sono state presentate molte leggi sulla pena di morte, alcune per abolirla, altre per rendere più rigide le norme per la sua applicazione, altre ancora per poterla utilizzare con più facilità. Molte di queste proposte hanno avuto vita breve, fermandosi nelle fasi preliminari dell’esame parlamentare.
Occorre ricordare che negli Stati Uniti i Parlamenti concentrano l’azione legislativa nei primi mesi dell’anno, ed ogni Stato ha una data limite entro la quale le nuove leggi devono passare, altrimenti devono essere ripresentate l’anno successivo. Queste le proposte di legge che hanno superato almeno le fasi iniziali di discussione.
In Delaware, il 28 gennaio 2016, la Camera ha respinto 23-16 un disegno di legge (SB 40) che avrebbe abolito la pena di morte.
Il 28 gennaio 2016, in Missouri, un disegno di legge abolizionista ha superato 4-3 la Commissione Giustizia del Senato, con il voto favorevole di 2 senatori repubblicani e 2 democratici. Il 13 maggio 2016, il ddl è stato posto nel cosiddetto “calendario informale”, il che significa che il provvedimento non andrà avanti.
Il 3 marzo 2016, in New Hampshire, il Senato ha respinto 12-12 un ddl che avrebbe abolito la pena di morte, ma ha accettato di discuterne uno che istituirebbe una moratoria in attesa di elaborare un metodo che metta al riparo da eventuali errori giudiziari. Il New Hampshire è l’unico stato del New England ad avere ancora la pena di morte. L’ultima esecuzione risale al 1939, ed attualmente nel braccio della morte c’è un solo detenuto. Al Senato un voto di parità equivale ad una sconfitta. Sempre in New Hampshire, il 10 marzo 2016, la Camera ha respinto con un voto per acclamazione il ddl HB 1522 che avrebbe esteso la pena di morte a “reati di terrorismo con più di una vittima e agli omicidi compiuti mentre la vittima esercita i propri diritti civili, come votare, frequentale la scuola, o altro”.
Il 3 marzo 2016, nello Utah, la Commissione Giustizia del Senato ha bocciato 2-5 il ddl HB 136 che avrebbe aggiunto l’aggravante di “traffico di esseri umani” a quelli per i quali può essere chiesta la pena di morte. Il ddl era passato il 2 febbraio in Commissione Giustizia alla Camera (6-3) e il 12 febbraio alla Camera (44-28). Sempre in Utah, l’1 e il 2 marzo 2016 il Senato ha approvato in prima e seconda lettura l’abolizione della pena di morte (SB189). La Commissione Giustizia della Camera l’ha approvata l’8 marzo, ma l’11 marzo è scaduto il termine antro il quale la Camera avrebbe dovuto dare il voto finale.
Il 7 marzo 2016, in Florida, il Governatore Rick Scott, Repubblicano, ha ratificato la legge HB 7101 che modifica la legge capitale dopo che il 12 gennaio 2016 era stata dichiarata incostituzionale dalla Corte Suprema degli Stati Uniti. La nuova legge prevede che ora le giurie popolari possano emettere un verdetto di colpevolezza 10-2 (prima bastava 7-5), e soprattutto prevede che il parere della giuria sia vincolante per il giudice. In 28 dei 31 stati che usano la pena di morte occorre l’unanimità per emettere una condanna a morte. Fanno eccezione la Florida, l’Alabama e il Delaware.
Il 7 aprile 2016, in Alabama, il Senato ha approvato 20-6 il disegno di legge SB 237 per sospendere tutte le esecuzioni fino al 1° giugno 2017 in attesa che venga istituita ed entri in funzione una “Innocence Inquiry Commission”, una commissione che riveda le condanne a morte nei casi in cui siano emersi nuovi elementi. Il ddl è stato presentato dal senatore repubblicano Dick Brewbaker, che è favorevole alla pena di morte ma ritiene che alcune modifiche vadano apportate perché “la gente riacquisti fiducia nel sistema capitale”. Il ddl non ha proseguito il cammino, e giunti alla scadenza della sessione legislativa 2016 è stato accantonato con la formula “Aggiornato Sine Die”. Il 3 maggio 2016, sempre in Alabama, è andato alla ratifica del Governatore il disegno di legge HB 379 che aumenta la segretezza attorno alle esecuzioni. Il ddl è passato alla camera il 23 marzo con un voto 99-0, e al Senato il 3 maggio con un voto 28-0. Il provvedimento non è stato ratificato dal Governatore.
Il 12 aprile 2016, in Ohio, la Camera ha approvato 83-11 il disegno di legge HB 57 che aumenterebbe le aggravanti per le quali diventerebbe possibile chiedere la pena di morte. La legge, inoltrata al Senato, non ha proseguito il suo percorso.
Il 24 aprile 2016, in Virginia, è entrata in vigore la legge HB 815 che aumenta la segretezza attorno alle esecuzioni, e consente allo Stato di rivolgersi a laboratori artigianali per l’approvvigionamento di farmaci letali. Inizialmente la legge prevedeva la reintroduzione della sedia elettrica. Approvata da Camera e Senato, era stata mandata al Governatore per la ratifica. L’8 aprile, il Governatore Terry McAuliffe l’aveva restituita al Parlamento con una sua proposta di modifica, quella appunto di ampliare lo spettro dei possibili fornitori di farmaci letali, cassando la parte sulla sedia elettrica. Il 20 aprile la Camera ha approvato il cambiamento con un voto 59-40, e il Senato con un voto 22-16.
Il 3 maggio 2016, in Mississippi, il Governatore ha ratificato la legge SB 2237 che aumenta la segretezza attorno alle esecuzioni. La legge era passata al Senato 39-12 e alla Camera 103-13.
Il 6 ottobre 2016, la Camera del New Mexico ha approvato 36-30 la reintroduzione della pena di morte. Il disegno di legge HB7, presentato dalla deputata Monica Youngblood (Repubblicana), prevede la pena di morte per chiunque uccida un poliziotto, un agente penitenziario, o un minorenne. Il 6 ottobre 2016, il Senato ha chiuso la sessione speciale autunnale senza prendere in considerazione il disegno di legge.
L’8 novembre 2016, la California aveva approvato con il referendum 66 una velocizzazione dei ricorsi dei condannati a morte con l’intento di velocizzare le esecuzioni. Ma, il 20 dicembre, la Corte Suprema della California ha bloccato temporaneamente l’entrata in vigore di Proposition 66, e il 28 dicembre una agenzia statale (la Office of Administrative Law - OAL) ha negato il nulla osta alla nuova legge a causa di “incoerenze e ambiguità nel protocollo, motivazione stessa della legge insufficiente, e necessità di tenere conto delle osservazioni avanzate nel corso di udienze pubbliche”.
I metodi di esecuzione
Oggi tutti gli Stati della Federazione, il Governo Federale e l’Amministrazione Militare hanno l’iniezione come primo metodo di esecuzione.
Alcuni stati prevedono un secondo, eventuale, metodo che può essere, a seconda degli stati, la camera a gas, la fucilazione o l’impiccagione.
Alcuni Stati utilizzano un protocollo con tre farmaci, altri usano il protocollo a due farmaci, altri ancora quello con un singolo farmaco.
Il protocollo a tre farmaci usa un anestetico, seguito da un rilassante muscolare per paralizzare il detenuto e cloruro di potassio per fermare il cuore. Il protocollo a due farmaci prevede una dose di sedativo seguita da una dose letale di anestetico. Il protocollo con farmaco unico utilizza una dose letale di un anestetico.
L’azione di alcuni importanti gruppi per i diritti umani sulle industrie che producono i farmaci utilizzati per le iniezioni letali ha causato la difficoltà per le amministrazioni penitenziarie statunitensi di acquistare nuove dosi di farmaci letali. Questo ha portato, negli ultimissimi anni, a diversi cambiamenti dei protocolli di esecuzione, nel tentativo delle amministrazioni penitenziarie di aggirare il problema della non-collaborazione delle case farmaceutiche.
Nel tentativo di contrastare le campagne di sensibilizzazione da parte delle organizzazioni contro la pena di morte, che utilizzano le leggi sulla libertà d’informazione e i media per convincere i produttori di farmaci a interrompere la distribuzione ai penitenziari americani, alcuni Stati hanno anche approvato leggi per coprire con un manto di segretezza i nomi dei fornitori.
In alcuni Stati rimangono in vigore i “vecchi metodi”, disponibili su richiesta del condannato e di solito solo per i reati commessi prima dell’entrata in vigore dell’iniezione.
La sedia elettrica rimane disponibile in 9 Stati: Alabama, Arkansas, Florida, Kentucky, Mississippi, Oklahoma, South Carolina, Tennessee e Virginia. Le Corti Supreme di Georgia e Nebraska hanno dichiarato incostituzionale la sedia elettrica, ma le leggi capitali non sono state aggiornate. La camera a gas rimane disponibile in 5 Stati: Arizona, California, Missouri, Oklahoma (a partire dal 17 aprile 2015, la camera a gas azoto verrebbe impiegata se la droga per l’iniezione letale non è disponibile o se tale metodo è dichiarato incostituzionale) e Wyoming. La fucilazione rimane in vigore in 3 Stati: Mississippi (reintrodotta il 3 maggio 2016 e utilizzabile nel caso l’iniezione letale diventi o troppo costosa o impossibile da attuare), Oklahoma e Utah. L’impiccagione rimane disponibile in 3 Stati: Delaware, New Hampshire e Washington.
Delle 1.442 esecuzioni compiute negli USA da quando la pena di morte è stata reintrodotta nel 1977 e fino al 31 dicembre 2016, 1.267 sono avvenute per iniezione letale, 158 sulla sedia elettrica, 11 nella camera a gas, 3 per impiccagione e 3 per fucilazione.
La Corte Suprema
Negli anni più recenti la Corte Suprema degli Stati Uniti ha preso decisioni “miliari”, da una parte, nel vietare le esecuzioni di malati mentali (2002) e di minori (2005), dall’altra, nel confermare la costituzionalità del protocollo dell’iniezione letale (2008).
Come è noto, i giudici della Corte Suprema sono nominati “a vita”, e quindi, a causa del ricambio molto lento dei giudici, cambiano anche lentamente le linee guida della corte stessa. Ma una sentenza emessa nel 2016 ha scosso dalle fondamenta i sistemi capitali di 3 stati.
Il 12 gennaio 2016, la Corte ha dichiarato incostituzionale la legge capitale della Florida, con ricadute su altri due stati, Alabama e Delaware, che hanno leggi molto simili. Affrontando il caso Hurst v. Florida, la Corte ha dichiarato incostituzionale la legge nella parte in cui il giudice ha più potere della giuria popolare nel decidere una condanna a morte. Con un voto 8-1 la corte ha annullato la condanna a morte di Timothy Hurst, e contestualmente ha dichiarato incostituzionale il maggior potere che ha il giudice rispetto alla giuria popolare nel decidere la sentenza. Il voto della giuria popolare in quasi tutti gli stati equivale ad una condanna a morte, perché il giudice ha il dovere di rispettarlo. In tre stati invece, Florida Alabama e Delaware, il giudice non è obbligato per legge a seguire il voto della giuria popolare.
Secondo la Corte Suprema, questo viola il Sesto Emendamento, che garantisce il diritto dell’imputato ad essere giudicato da una “giuria di pari”, in quanto se un membro del collegio giudicante (in questo caso il giudice) ha un potere maggiore di quello degli altri membri, la giuria chiaramente non è composta da “pari”.
La sentenza Hurst v. Florida al di là del “tecnicismo” sul ruolo del giudice, non affronta in maniera esplicita il vero nodo della questione, e cioè il fatto che Florida, Alabama e Delaware sono gli unici tre stati che consentono l’emissione di condanne a morte senza un voto all’unanimità. Secondo molti osservatori, quella della Corte Suprema è una scelta di compromesso, che rinvia ai giudici e ai politici locali ulteriori decisioni.
Dopo questa sentenza, Alabama e Florida hanno modificato le loro leggi, vincolando anche loro il giudice al rispetto del voto di maggioranza. In Delaware invece il Parlamento non ha agito, e un giudice ha bloccato tutti i procedimenti capitali passati e presenti.
Nonostante le nuove leggi, la Corte Suprema ha di nuovo messo in crisi il sistema capitale dei 3 stati: il 2 maggio 2016 ha annullato la condanna a morte di Bart Johnson (il caso è Bart W. v. Alabama) perché emesse ai sensi di una legge che nel frattempo è stata dichiarata incostituzionale. Il 31 maggio la Corte Suprema ha ribadito pedissequamente la sua posizione, annullando anche la condanna a morte di Corey Wimbley (il caso è Wimbley v. Alabama). Lo stesso ha fatto il 6 giugno con la sentenza Kirksey V. Alabama, e il 3 ottobre con la sentenza Russell v. Alabama.
È apparso chiaro a quel punto che tutte le condanne a morte emesse in questi decenni in Florida, Alabama e Delaware, stati che hanno oltre 600 persone nei bracci della morte, devono essere messe in discussione.
I proscioglimenti e le commutazioni
“Esonerato” è un termine tecnico che, nella giustizia statunitense, indica chi è condannato in primo grado, ma poi assolto in appello. Come è noto l’appello negli Stati Uniti non è un atto unico e irripetibile, ma può essere ripresentato ogni volta che la difesa ritiene di aver individuato difetti di procedura o elementi probatori nuovi. Non è raro che alcuni ‘appelli’ si tengano anche 20 anni o più dopo il primo grado. In alcuni casi gli “esonerati” sono palesemente innocenti (quando ad esempio i test del DNA dimostrano la colpevolezza di qualcun altro), in altri casi si arriva al proscioglimento in appello per “insufficienza di prove” o perché, a tanti anni di distanza dai fatti, la Pubblica Accusa non ha più testimoni attendibili per rifare un processo.
Il Death Penalty Information Center (DPIC) tiene una lista di questi “esoneri” dal braccio della morte, in base alla quale dal 1973 al 31 dicembre 2016 le persone prosciolte sono state 156 in 26 diversi Stati. Secondo “The Innocence List”, il tempo medio tra la condanna e il riconoscimento di innocenza è di 11,3 anni. In 20 casi la prova dell’innocenza è stata raggiunta grazie a nuovi test del DNA.
Secondo i criteri stabiliti dal DPIC, nel corso del 2016 non sono stati registrati nuovi proscioglimenti.
In realtà alcuni vecchi casi capitali hanno avuto un esito felice anche nel corso del 2016, ma non corrispondono ai rigidi criteri di catalogazione del DPIC. Ad esempio, il 6 giugno 2016, in Texas, il giudice Jack Carter ha formalizzato il ritiro delle accuse di omicidio che nel 1978 avevano portato alla condanna a morte di Kerry Max Cook, nel frattempo giunto all’età di 60 anni. Al momento Cook ha ottenuto quello che tecnicamente si chiama “ritiro dei capi di accusa”, ma ha dichiarato di voler ottenere una sentenza di “effettiva innocenza”, sentenza che gli darebbe tra ‘altro accesso ad un risarcimento di circa 3 milioni dollari. Solo dopo il riconoscimento della “effettiva innocenza” Cook sarà iscritto nello speciale albo degli “esonerati” curato dal Death Penalty Information Center.
Un’altra associazione non profit, il Registro Nazionale degli Esonerati (National Registry of Exonerations - NRE), tiene un elenco degli esonerati, non mirato solo ai casi di condanne a morte. Secondo uno studio del NRE nel 2016 sono state prosciolte 166 persone dopo essere state condannate per reati gravi, 54 dei quali per omicidio. Il NRE è un progetto avviato nel 2012 dalla University of Michigan e dalla Northwestern University. L’NRE usa criteri leggermente diversi da quelli usati dal DPIC, e fornisce più elaborazioni. Ad esempio, secondo il NRE, valutando i casi di proscioglimento degli ultimi 10 anni, il comportamento scorretto da parte della polizia o della pubblica accusa, e la falsa testimonianza sarebbero le cause principali degli errori giudiziari. Il Registro riporta che il comportamento scorretto della polizia o della pubblica accusa ha avuto un ruolo, anche se non esclusivo, in 571 degli 836 “esoneri” che hanno riguardato casi di omicidio (solo una parte è stata perseguita con la pena di morte), ossia nel 68,3% dei casi. Errori di identificazione da parte di testimoni sono stati riscontrati in 203 casi (24,3%), esami di laboratorio falsi o fuorvianti in 194 casi (23.2%), e confessioni false o “fabbricate” in 182 casi (21,8%). Il Registro individua inoltre come concausa in 218 casi (26,1%) la inadeguata assistenza legale da parte dei difensori. Secondo le analisi del Registro, la discriminazione razziale ha ancora un forte ruolo. Il comportamento scorretto di polizia/pubblica accusa si riscontra nei casi di proscioglimento da omicidio nel 76% dei casi in cui sono imputati dei neri, rispetto al 63% dei casi in cui sono imputati dei bianchi. Restringendo la ricerca ai soli casi capitali, la differenza tra neri e bianchi è ancora maggiore: 87% dei neri condannati a morte ha subito il comportamento scorretto di polizia/pubblica accusa, contro il 67% dei bianchi.
Pena di morte a parte, l’Amministrazione Obama, sin dalla campagna elettorale del primo mandato, ha spesso fatto riferimento alla necessità di riforme per attenuare la durezza del sistema giudiziario e carcerario della nazione, in particolare il sistema delle “pene minime obbligatorie” che non dà al giudice il potere di valutare autonomamente la gravità di un reato né di contestualizzarlo utilizzando eventuali attenuanti, ma lo vincola ad emettere, ad esempio, una condanna obbligatoria a 30 anni o all’ergastolo se un imputato viene arrestato per tre volte per spaccio.
Nell’arco dei suoi due mandati, il Presidente Barak Obama ha emesso 774 “commutazioni” (è il termine tecnico usato negli Usa). È un numero maggiore di quello dei precedenti 7 presidenti messi assieme, e inferiore solo alle circa 14.000 commutazioni disposte dal Presidente Gerald Ford a metà degli anni ’70, quando l’allora presidente decise un colpo di spugna per tutti coloro che erano stati condannati per renitenza alla leva o diserzione ai tempi della guerra del Vietnam. Quasi tutte le commutazioni di Obama hanno riguardato persone condannate per reati non violenti legati all’uso e allo spaccio di droga. Le commutazioni emesse nel solo 2016 sono 590, il numero più alto in un singolo anno nella storia degli Stati Uniti.
Come è noto, è consuetudine dei Presidenti degli Stati Uniti concludere i loro mandati promulgando una serie di provvedimenti di clemenza. Il 17 gennaio 2017, 3 giorni prima del giuramento del nuovo Presidente, Donald Trump, Obama ha emesso 209 commutazioni e 64 grazie. Per commutazione si intende abbreviare una condanna, per grazia si intende disporre l’immediata scarcerazione per effetto del “perdono presidenziale”. Il caso che più ha attirato l’attenzione dei media è quello del “soldato Manning”, condannato a 35 anni per aver “passato” a Snowden e Assange le informazioni riservate del caso Wikileaks. Ma due casi hanno riguardato due condannati a morte. Obama ha commutato la condanna federale di Abelardo Arboleda Ortiz e quella militare di Dwight J. Loving. Era dal 2001 che un presidente non commutava condanne a morte.
I costi della pena di morte
Oltre alla questione degli errori giudiziari, che ha animato il dibattito politico negli anni recenti, sta prendendo piede la questione dei “costi della pena di morte”.
Come è noto, a differenza dei sistemi giudiziari europei, negli Stati Uniti i vari uffici giudiziari hanno bilanci ben precisi che devono essere rispettati al centesimo. Se un procuratore vuole istruire un processo in cui poter chiedere la pena di morte deve portare più prove, più analisi di laboratorio, più testimoni, e lo Stato deve garantire all’imputato avvocati e consulenti d’ufficio di miglior livello. E questo ha dei costi. Il condannato a morte ha inoltre diritto a presentare tutta una serie di ricorsi e appelli che invece non vengono concessi per le condanne detentive. Questo significa che un procuratore che inizia un processo capitale mette in moto un meccanismo che drena molti fondi dalle casse dello Stato, mentre, a causa di queste alte spese, spesso rimangono pochi fondi per altre attività.
Sta sempre più prendendo piede un’idea alternativa: rinunciare ai processi capitali, che di solito si svolgono contro persone sulle quali esistono già prove convincenti, e dedicare i fondi risparmiati alla riapertura di casi archiviati, o comunque per andare alla ricerca di assassini non ancora individuati.
Nei dibattiti pro o contro l’abolizione viene spesso sollevato il sospetto che i processi capitali vadano a vantaggio di pochi procuratori che cercano visibilità, spesso al fine di agevolare carriere politiche, mentre gli alti costi finiscono per ricadere sull’intera collettività.
Il 1° aprile 2016, in Ohio, l’Attorney General, Mike DeWine, ha pubblicato un rapporto sulla pena di morte nel suo stato. Dal 1981 lo stato ha emesso 324 condanne a morte ed ha compiuto 53 esecuzioni, mentre 19 condanne a morte sono state commutate e 27 detenuti del braccio della morte sono deceduti per cause naturali. Attualmente ci sono 142 casi capitali aperti. Nel 2015 è stata emessa una sola condanna a morte, riflettendo una minore tendenza della pubblica accusa a puntare su questo tipo di condanna. Attualmente, se anche volesse compiere una esecuzione, lo stato non è in possesso dei farmaci letali necessari. Nella sua relazione DeWine non ha affrontato esplicitamente il capitolo dei “costi”, ma la vistosa sproporzione tra i casi perseguiti come reato capitale e le esecuzioni effettivamente compiute si inscrive nella media nazionale.
In Louisiana, uno studio pubblicato il 28 aprile 2016 ha calcolato che solo il 12% delle condanne a morte arriva a esecuzione. Lo studio, dal titolo “Louisiana Death Sentenced Cases and Their Reversals, 1976-2015” rileva che dal 1976 sono state emesse 241 condanne a morte, di cui solo 28, meno del 12%, hanno concluso il loro iter con una esecuzione, mentre 127 condanne sono state annullate, in percentuale più del 50%. Tra le condanne a morte annullate vanno contate anche 9 proscioglimenti, persone cioè riconosciute innocenti.
Il 15 giugno 2016, nello Utah, è stato pubblicato un rapporto, commissionato dal Parlamento e compilato da un’agenzia statale. Vi si calcola che ogni condannato a morte costi al contribuente 1,66 milioni di dollari di più rispetto ad un condannato all’ergastolo senza condizionale.
In Nebraska, il 19 agosto 2016, uno studio commissionato da “Retain a Just Nebraska” ha calcolato che la pena di morte costa allo stato 14 milioni di dollari l’anno. Lo studio è stato eseguito da Ernie Goss, economista della Creighton University. Prendendo in esame il 2013, Goss ha rilevato che il bilancio dello stato per “attività di giustizia” è stato di 533 milioni di dollari. Se nello stato non fosse stata in vigore la pena di morte e non esistesse il braccio della morte, nello stesso anno lo stato avrebbe speso 519 milioni. Lo studio ricorda che tra il 1973 e il 2014 nello stato ci sono stati 1.842 omicidi, 33 condanne a morte, e solo 3 esecuzioni, l’ultima nel 1997.
In Virginia, l’11 dicembre 2016, una inchiesta della Associated Press ha calcolato che lo stato ha pagato oltre 60 volte di più i farmaci letali rispetto all’anno precedente.
Le prese di posizione dei carcerieri e dei familiari delle vittime
Gli effetti della pena di morte su chi compie le esecuzioni sono stati descritti chiaramente da chi per anni ha lavorato nei bracci della morte.
Il 24 febbraio 2016, in Ohio, due ex capi dell’Amministrazione Penitenziaria hanno aderito ad un gruppo abolizionista. Reginald Wilkinson e Terry Collins, che hanno diretto l’Amministrazione Penitenziaria ed hanno gestito 34 esecuzioni, hanno aderito a Public Safety Officials on the Death Penalty (PSODP), una ONG con base a Washington che riunisce membri delle forze dell’ordine, del sistema penitenziario e della pubblica accusa. Non tutti i membri della ONG sono contrari alla pena di morte, ma tutti si dichiarano “fortemente preoccupati dell’equità e dell’efficacia della pena di morte in America. Il sistema attuale è inefficiente, costoso, e compie errori”. Collins è anche membro della ONG “Ohioans Against Executions”, e recentemente ha pubblicato un rapporto in cui ha scritto: “La pena di morte è un meccanismo difettoso che non vale la pena aggiustare”.
Forse, le prese di posizione più inattese sono proprio quelle dei parenti delle vittime.
Forse, le prese di posizione più inattese contro la pena di morte sono proprio quelle dei parenti delle vittime.
Il 21 gennaio 2016, in Connecticut, Dawn Mancarella ha definito il sistema capitale “guasto, uno spreco di denaro che non porta nessun conforto alle vittime”. Mancarella, la cui madre venne uccisa 20 anni fa, aveva già testimoniato in Parlamento contro la pena di morte nel 2012 (in quell’anno lo stato la abolì). Nel gennaio 2015 aveva rilasciato una testimonianza scritta in cui ribadiva la sua posizione, testimonianza che è stata acclusa agli atti giudiziari relativi alla causa in cui si discuteva il destino delle 11 persone presenti nel braccio della morte al momento dell’abolizione. Tra le altre cose la giovane Mancarella ha detto: “La pena di morte è uno spreco di energia e di denaro, che non fa giustizia, e non porta nessun sollievo alle vittime”. “La pena di morte, a causa della lunghezza delle procedure processuali, a e la loro ripetitività, costringe i parenti delle vittime a rivivere più volte, nel corso degli anni, l’uccisione dei loro cari, questo è l’opposto del concetto di giustizia, e non è in grado di restituire serenità ai parenti delle vittime, nemmeno se il condannato viene messo a morte in 1 anno, 10 anni o 20 anni”. Mancarella contesta anche l’uso dei fondi statali: “È frustrante vedere quanti milioni di dollari costa un singolo processo capitale, per poi sentirsi dire che invece non ci sono fondi per i progetti di assistenza ai parenti delle vittime” e conclude: “è ora di restituire il tempo e l’energia male utilizzata alle vittime, perché possa guarire l’anima dei loro parenti, e rendere veramente onore al loro sacrificio”.
Il 19 febbraio 2016, in Florida, Darlene Farah ha ribadito la sua richiesta che l’assassino della figlia non venga condannato a morte. Darlene Farah è la madre di Shelby Farah, 20 anni, uccisa durante una rapina in un negozio nel 2013. Nel processo iniziato nel marzo 2016 contro James Xavier Rhodes, 24 anni, la pubblica accusa punta sulla pena di morte, nonostante più volte la signora Farah abbia chiesto di non farlo. La signora Farah in una intervista ha detto: “La pena di morte ci infliggerebbe ulteriore dolore. Non voglio che la mia famiglia debba attraversare i molti anni di processi e appelli tipici dei casi capitali. Preferisco che la mia famiglia venga messa nelle condizioni di celebrare la vita di Shelby, onorarne la memoria, e iniziare il lungo percorso di guarigione morale”. La signora Farah ha aggiunto che la figlia non avrebbe voluto che la pena di morte venisse chiesta nel suo caso, e che continuare ad uccidere in nessun modo porta onore alla figlia, né porta sollievo alla famiglia.
In Missouri, il 27 dicembre 2016i familiari di una vittima hanno chiesto al governatore di commutare tutte le condanne a morte. Il 26 marzo 2014 il Missouri giustiziò Jeff Ferguson per lo stupro e l’omicidio di una ragazza di 17 anni, Kelli Hall, che faceva il turno serale ad un distributore di carburante. Oggi il padre della ragazza ha detto che all’epoca lui e la sua famiglia “credevano nel mito che l’esecuzione avrebbe chiuso le nostre ferite emotive”. All’epoca disse ai giornalisti: “Grazie a Dio, è finita”. Ma ora, in un editoriale in prima pagina sul Columbia Daily Tribune, il signor Hall ha detto che la sua famiglia è arrivata al punto di rimpiangere profondamente l’esecuzione di Ferguson, e chiede al governatore Jay Nixon di commutare le condanne a morte delle 25 persone nel braccio della morte. Hall ha detto che diverse settimane dopo l’esecuzione, lui e la sua famiglia ebbero occasione di vedere un documentario con brani in cui Ferguson mostrava un rimorso sincero per il dolore che il suo orribile gesto aveva causato alla nostra famiglia e alla sua. Alcuni mesi più tardi hanno anche appreso che Ferguson aveva partecipato ad un corso in carcere per occuparsi dei detenuti malati terminali, ed aveva partecipato con un ruolo di leader a un programma di giustizia riparativa, all’interno dei quali i detenuti ascoltavano i racconti del dolore dei familiari delle loro vittime. Da allora la famiglia Hall ha perdonato Ferguson, e avrebbe voluto sapere dei progetti di giustizia riparativa, ed avrebbe voluto essere invitata a partecipare. “Sono convinto che sarebbe stato di grande aiuto per tutti noi se avessimo avuto modo di poter avere una conversazione franca con lui in prigione. Avrei voluto avere l’occasione, in accordo con la mia fede cristiana, di dirgli personalmente che lo perdonavo per quello che aveva fatto alla nostra preziosa e innocente figlia”.
Il bilancio crimine/repressione
Nel novembre 2016 è stata pubblicata l’ultima edizione del BJS -Uniform Crime Report, il voluminoso insieme di dati e statistiche curato dal Bureau of Justice Statistics all’interno del Federal Bureau of Investigation (FBI). Il “Rapporto sulla criminalità 2015”, con i dati aggiornati, appunto, al 2015, viene compilato assemblando i dati degli oltre 18.000 corpi di polizia locale e nazionale, e copre circa 321 milioni di abitanti, compresi 3,5 milioni di Puerto Rico. Nel “Crime in the United States, 2015” si rileva che il tasso di omicidi negli Usa è cresciuto leggermente rispetto agli anni precedenti, arrivando a 4,9 omicidi ogni 100.000 abitanti (erano 4,5 sia nel 2013 che nel 2014). La prima rilevazione effettuata a livello nazionale dal BJS, nel 1993, dava una percentuale del 9,5x100.000. Nel complesso si stima che gli omicidi (esclusi gli omicidi colposi) siano stati 15,696, il 10,8% in più rispetto al 2014, con un aumento del 10,8%. I dati sugli omicidi, seppure in aumento rispetto all’immediato passato, sono comunque considerati un miglioramento rispetto ad un anno campione che è stato individuato nel 2006: in questo caso gli omicidi sarebbero calati del 9,3%, e il tasso di omicidi ogni 10.000 abitanti del 15,5%. Si stima inoltre che l’aumento di omicidi registrati quest’anno siano anche la conseguenza di due approfonditi studi condotti dai mass media su questi dati raccolti dal Fbi, secondo i quali circa 2.000 omicidi l’anno non venivano registrati.
Ai 15,696 omicidi propriamente detti devono essere aggiunti i cosiddetti “omicidi giustificati”, ossia quelli compiuti dalla polizia nello svolgimento delle proprie funzioni, o da privati cittadini per quella che viene considerata legittima difesa. La polizia nel 2015 ha ucciso 442 persone. Privati cittadini hanno ucciso, rispettando la legge, 328 persone. Il dato degli omicidi compiuti dalla polizia è stato contestato da alcune banche dati online compilate da volontari (tra cui “Fatal Encounters” e “Killed by Police”) che stimano in circa 1.100 l’anno le vittime della polizia. Il FBI riconosce l’incompletezza dei propri dati, spiegata dal fatto che le polizie locali non hanno l’obbligo di fornire tutti gli aggiornamenti relativi a questo tipo di “crimine”.
Il rapporto divide gli Usa in 4 zone. Il tasso di omicidi più basso (3,5 casi ogni 100.000 abitanti) si registra nel Nord-Est, in una zona del paese dove la pena di morte è stata quasi completamente abolita da tempo. Il tasso di omicidi più alto (5,9) è quello del Sud, dove il ricorso alla pena di morte è di gran lunga il più alto del paese. Per avere una misura di comparazione, in Italia negli ultimi anni il numero di omicidi si è sempre tenuto poco sopra le 500 unità, con un tasso omicidiario inferiore all’1/100.000. Nel complesso, nel corso del 2015, negli Usa sono state arrestate e condotte in carcere poco meno di 10,8 milioni di persone. I gruppi più numerosi sono reati contro la proprietà 1,46 milioni, reati violenti, 0,5 milioni, reati di droga 1,5 milioni, e guida sotto l’effetto di alcol o droga 1,1 milioni.
Secondo i dati ufficiali contenuti nel rapporto Prisoners In 2015 (NCJ 250229) pubblicato il 29 dicembre 2016 ma con i dati aggiornati al 31 dicembre 2015, nelle carceri federali e statali degli Stati Uniti erano detenute 1.526.800 persone, con una diminuzione di 35.000 unità (2%) rispetto ad un anno prima. Secondo un altro rapporto ufficiale (Correctional Populations in The United States, 2015) altre 728.200 persone sarebbero detenute nelle carceri locali [come è noto, negli Stati Uniti si usano due termini diversi: Prison è il carcere statale o federale, Jail è il carcere locale], 3.9 milioni sottoposte a controlli periodici (libertà vigilata), e oltre 870.000 persone in libertà condizionale. Il numero complessivo delle persone che vengono definite “sotto la supervisione dei sistemi correzionali per adulti” è di 6.741.400 (115.000 meno dell’anno precedente). La popolazione detenuta è composta al 18,6% da donne; circa 117.000 detenuti provenienti da 30 stati e dal circuito federale sono tenuti in carceri gestite da privati. Il numero complessivo dei detenuti sta diminuendo lentamente ma costantemente dal 2007 ad oggi. Dal 2014 al 2015 la diminuzione è stata dell’1,7%.
Entrambe questi rapporti sono a cura del BJS (Bureau of Justice Statistics), un’agenzia federale.
I sondaggi
Negli ultimi anni i sondaggi sono stati caratterizzati da una ambivalenza di fondo: davanti alla domanda “secca” se si è favorevoli alla pena di morte, i sì rimangono elevati e il loro calo, anno per anno, è molto lento. Quando invece nel sondaggio è inserita esplicitamente una domanda sull’ergastolo senza condizionale, allora le cose cambiano.
Un sondaggio a livello nazionale diffuso il 29 settembre 2016 segnala che per la prima volta in 45 anni il consenso alla pena di morte scende al di sotto del 50%. Il Pew Research Center ha pubblicato i risultati del proprio sondaggio periodico sulla pena di morte. Si tratta di un sondaggio incompleto, che comprende solo le due posizioni favorevole/contrario alla pena di morte, e non comprende la proposta alternativa dell’ergastolo senza condizionale, che in altri sondaggi negli ultimi anni ha spesso ottenuto la maggioranza. Nel sondaggio 2016 il 49% è favorevole e il 42% contrario alla pena di morte. Lo scorso anno erano 56% favorevoli e 38% contrari. L’ultimo sondaggio che dette risultati così bassi per i favorevoli risale al novembre 1971, quando un sondaggio Gallup dette lo stesso risultato di 49%. 42% di contrari è la percentuale più alta da quando nel maggio 1966 un altro sondaggio Gallup registrò il 47% di contrari. Il sondaggio reso noto oggi conferma la tendenza registrata negli ultimi 20 anni, o forse una accelerazione, della crescente contrarietà alla pena di morte. Scomponendo i dati, Pew registra che il consenso alla pena di morte nel corso dell’ultimo anno è diminuito soprattutto tra coloro che politicamente si definiscono “Indipendenti”, -13%, tra i neri, che sono oggi contrari al 63%, gli ispanici, 50%, gli elettori sotto i 29 anni, 51%, i laureati, 51%, i Democratici, 58% e le persone senza una precisa appartenenza religiosa, 50%. Nel complesso i gruppi più contrari alla pena di morte sono le donne, i cattolici, e i politicamente indipendenti. I Repubblicani sono invece favorevoli al 72%, una cifra alta ma che è comunque di 5 punti inferiore rispetto all’anno scorso. Il gruppo dei Bianchi – Evangelici continua ad essere quello più favorevole (69-26), il gruppo definito genericamente dei Protestanti è favorevole al 60% e contrario al 31%, il gruppo dei Cattolici è favorevole al 43% e contrario al 46%. Nel complesso dal 2011 il favore alla pena di morte è calato di 11 punti.
La pena di morte nei confronti delle donne
Negli Stati Uniti, nei bracci della morte ci sono 2.848 uomini (98,14%) e 54 donne (1,86%). Al 1° ottobre 2016 nel braccio della morte federale c’erano 61 uomini e una donna. Dal 1977, sono state giustiziate 16 donne (4 nere e 12 bianche) su un totale di 1442 al 31 dicembre 2016.
Le Nazioni UniteIl 16 dicembre 2020, gli Stati Uniti hanno votato contro la risoluzione per la moratoria universale delle esecuzioni capitali votata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite.