01 Luglio 2020 :
Il Procuratore Generale di Teheran, Ali Alqasimehr (anche scritto Ali Alghasi-Mehr, o Al-Qasi-Mehr), afferma di aver emesso "mandati di arresto" per il presidente Donald Trump e altri 35 coinvolti nell'omicidio del generale Qassem Soleimani. La notizia è stata data per prima dall’agenzia iraniana filogovernativa Fars. Soleimani, capo della Forza Quds del Corpo dei Guardiani della Rivoluzione Islamica (IRGC) è stato ucciso da un attacco di droni degli Stati Uniti il 3 gennaio all’esterno dell'aeroporto civile di Baghdad, in Iraq. Forza Quds è il braccio militare extraterritoriale della Repubblica islamica per operazioni al di fuori dell'Iran, in particolare in Medio Oriente. Alqasimehr ha annunciato lunedì 29 giugno di aver chiesto all'Interpol un "avviso rosso" per l’arresto del presidente Trump, che ha autorizzato personalmente l'attacco. La richiesta iraniana è arrivata oggi dalla procura di Teheran alla sede centrale dell’Interpol a Lione, in Francia. La “red notice” è lo strumento più noto usato dall’Interpol e consiste in una richiesta alle autorità di un paese di localizzare, arrestare ed estradare un criminale o sospetto tale: la red notice può essere eseguita solo su richiesta delle polizie degli stati membri e, in alcuni casi, dell’ONU o di un tribunale internazionale. Al momento, scrive Al Jazeera, l’Interpol non ha risposto a una richiesta di commentare la decisione iraniana. La stessa Al Jazeera specifica anche che è molto improbabile che l’Interpol accolga la richiesta dell’Iran, in quanto le sue linee guida sulle red notice vietano di “intraprendere qualsiasi intervento o attività di natura politica”, come sarebbe nel caso di Trump. Poche ore dopo l’Interpol ha precisato che non prenderà in considerazione la richiesta della magistratura iraniana, di fatto definita come un intervento politico. “Ai sensi dell’articolo 3 della costituzione di Interpol è severamente vietato all’Organizzazione intraprendere qualsiasi intervento o attività di carattere politico, militare, religioso o razziale. Pertanto, se o quando tali richieste dovessero essere inviate al Segretariato Generale, in conformità con le disposizioni della nostra costituzione e delle nostre regole, Interpol non prenderebbe in considerazione richieste di questo tipo”. Insieme a Trump la procura di Teheran ha chiesto l’arresto di altre 35 persone coinvolte nell’uccisione di Suleimani, senza diffonderne i nomi: tra questi ci sarebbero politici, funzionari e militari, sia statunitensi che di altri paesi, tutti accusati di «omicidio e terrorismo». Alqasimehr ha aggiunto che l'Iran continuerà a perseguire l’arresto di Trump anche dopo la fine del suo mandato presidenziale. L’inviato speciale della Casa Bianca per l'Iran, Brian Hook, ha derubricato il mandato di cattura per Trump a «propaganda» in quanto «di pura motivazione politica», e ritiene che sia impossibile che il mandato di arresto possa avere valore legale. Soleimani, alla guida delle forze speciali Al-Quds, era da due decenni la spina nel fianco delle forze statunitensi in Medio Oriente. Responsabile delle “operazioni all’estero” dei Guardiani della rivoluzione, aveva trasformato le milizie sciite in Libano, Siria, Iraq e persino nello Yemen in formazioni inquadrate, ben addestrate, con armamenti di prim’ordine, in grado di tenere testa a eserciti di massimo livello, come quello israeliano nella guerra libanese del 2006, o quello saudita sulle montagne yemenite. Nell’autunno del 2019 Trump, assieme al segretario di Stato Mike Pompeo, era arrivato alla conclusione che l’unico modo per ridurre l’influenza iraniana sulla regione era eliminarlo. I servizi americani lo avevano pedinato dalla partenza da Damasco, in Siria, fino all’arrivo nella capitale irachena. Il fronte a Baghdad era caldissimo. Le milizie sciite avevano scatenato una campagna contro le truppe americane sempre più spregiudicata, con lanci di razzi quotidiani. Erano morti anche un contractor statunitense e una soldatessa britannica. Gli Usa avevano reagito il 29 dicembre con raid aerei sulle caserme di Kata’b Hezbollah, la più filo-iraniana delle formazioni irachene, che avevano ucciso 25 miliziani. La risposta era stata l’assalto all’ambasciata statunitense in Iraq, avvenuta fra il 31 dicembre 2019 e il primo gennaio 2020, che aveva fatto temere una replica della presa degli ostaggi a Teheran nel 1979. Il sentimento anti-americano era abilmente alimentato dalle operazioni dei gruppi sciiti sostenuti dall’Iran. La scelta dell’amministrazione Usa, a quel punto, fu quella di lanciare un messaggio chiaro a Teheran, attraverso l’uccisione del generale più influente su cui la repubblica islamica ha potuto contare fino a quel momento. Assieme a Soleimani il drone statunitense uccise anche il comandante dei Kata’b Hezbollah, Abu Mahdi al-Muhandis. Trump, dopo il blitz, aveva spiegato che il generale era responsabile della morte di «centinaia di soldati americani». Per la Repubblica islamica era stato uno choc. I funerali si sono prolungati per giorni e giorni. Milioni di persone erano scese in strada dietro al feretro e gridato «morte all’America». La reazione dei Pasdaran è stata però alla fine contenuta. Nella notte fra l’8 e il 9 gennaio, una ventina di missili balistici hanno colpito la base di Ayn al-Asad nel deserto iracheno. Il comando Usa era stato avvertito due ore prima, non ci sono state vittime. Gli unici morti alla fine sono state le 176 persone a bordo del volo 752 dell'Ucraina International Airlines da Teheran a Kiev, abbattuto dalla contraerea iraniana l’8 gennaio poco dopo il decollo da Teheran. Le vittime erano 82 iraniani, 63 canadesi, 11 ucraini, 10 svedesi, 4 afgani, 3 tedeschi e 3 britannici. Il nuovo comandante dei Pasdaran, Esmail Ghaani, ha continuato a battere in lungo e in largo la regione, pur senza il carisma di Soleimani. L’Iraq è rimasto un campo di battaglia, più politico però. La scelta del nuovo premier Mustafa al-Kadhimi piace sia a Teheran che a Washington, un compromesso.
Mentre è del tutto evidente che l'iniziativa iraniana odierna non è destinata ad avere successo, sullo sfondo rimane un problema reale, che del resto Nessuno tocchi Caino e alcune altre Ong segnalano regolarmente da alcuni anni: in base a quale autorità gli Stati Uniti (ma, seppure in misura molto minore, anche altri paesi) compiono gli omicidi mirati dei loro oppositori in assenza di qualsiasi procedura giudiziaria nazionale o internazionale?