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Da sinistra: Dennis Dowthitt, Brian Roberson and James Collier, tre detenuti del braccio della morte in Texas di cui si possono leggere le ultime parole prima dell'esecuzione. |
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TEXAS: LE ULTIME PAROLE DEI GIUSTIZIATI SONO ON LINE
12 luglio 2013: "Alla famiglia della vittima: so che vi ho portato via qualcosa di molto speciale. Non è stato giusto. Vorrei tornare indietro ma non posso. Se dare la mia vita è una strada, allora così sia. Vi chiedo di perdonarmi. Gesù lo ha già fatto. Non credo che prendere la mia vita serva a qualcosa. Servirebbe di più se io rimanessi per sempre in prigione... Sto tornando a casa....Ok Warden, sono pronto. Vado a casa. Vi amo tutti". "Non voglio che mia madre pianga, non c'è ragione, tutti muoiono. Ognuno ha il suo tempo, non vi preoccupate di me. Sono forte....Alla mia famiglia: vi chiedo scusa e vi amo tutti...Alle vittime: sono addolorato per quello che è successo. Non sono quello che pensate. Sono stato davvero uno stupido. Ho sbagliato. Ero un bimbo in un mondo adulto. Ho fatto un gran casino e non posso tornare indietro. Non ero abbastanza grande da capire. Vi prego di non trascinarvi dentro al cuore questo dolore. Liberatevi dall'odio. Credetemi, uccidermi non vi aiuterà. Non lasciate che l'odio vi divori..." Sono solo due, dei messaggi pubblicati sul database in Texas che raccoglie vita, crimini e morte dei 500 condannati a morte dalla reintroduzione della pena capitale. Il Texas ha messo on line le ultime parole dei condannati a morte. Lo ha fatto in una sezione specifica del sito internet istituzionale della difesa dello Stato americano che ha festeggiato recentemente la 500esima esecuzione dal 1976, anno in cui venne re-introdotta la pena di morte. Il Texas, stato più attivo negli Usa sulla pena capitale, è uno dei pochi a rendere pubblici online documenti così privati: le sue pagine web ufficiali infatti contengono condannato per condannato, dal numero uno al numero cinquecento, una scheda informativa con foto segnaletica, anagrafica, sesso e razza, reato compiuto descritto nei particolari e le date, di ingresso in prigione e di esecuzione. Ma accanto a questa scheda più tecnica, è possibile trovare anche una pagina – ve ne è una per ogni condannato la cui esecuzione è stata portata a termine – in cui è stata copiata l’ultima frase pronunciata dal prigioniero, e proprio quest’ultima, nei giorni in cui la cronaca ha parlato molto della 500esima esecuzione, è divenuta virale e condivisa online in tutti gli Stati Uniti. Il contenuto dei messaggi privati rilasciati dai detenuti prima della morte è soprattutto religioso: messaggi di perdono, di fede, rivolti alla propria religione di appartenenza. Molti ringraziamenti alle persone che hanno accompagnato gli ultimi mesi, talvolta anni e anni, di prigione dei giudicati, soprattutto alle guide spirituali. E poi i saluti: a mogli e mariti, figli, familiari. Il tifo per le squadre del cuore, qualche messaggio politico. Talvolta compaiono messaggi di scuse: alle famiglie delle vittime degli omicidi o alle proprie famiglie di origine. Mentre alcuni continuano a dichiararsi innocenti rispetto al crimine per cui sono stati imprigionati, e altri lanciano offese e polemiche nei confronti di polizia e guardie carcerarie. Qualcuno, ancora, preferisce semplicemente non dire nulla.
Proprio a partire dal Texas, dal 2011 è attivo anche un blog, Last words in the chamber, e un account Twitter dove vengono raccolte le ultime frasi dei detenuti nel braccio della morte. Solo lo scorso anno, le sue pagine hanno registrato 3 milioni di visite. Presto, assicurano i curatori, il sito si occuperà anche delle dichiarazioni dei condannati negli altri stati, ma già ora le sue parole sono divenute fonte di studio per avvocati, criminologi, professori universitari oltre che lettura per i voyeur più curiosi, tristemente appassionati alle iniezioni letali in uno stato che vanta un record atroce: il Texas supera di cinque volte il secondo stato più attivo nella pena di morte, ovvero la Virginia. Il link ufficiale è: http://www.tdcj.state.tx.us/stat/dr_executed_offenders.html (Fonti: corriere.it)
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