esecuzioni nel mondo:

Nel 2025

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Dal 2000 a oggi

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legenda:

  • Abolizionista
  • Mantenitore
  • Abolizionista di fatto
  • Moratoria delle esecuzioni
  • Abolizionista per crimini ordinari
  • Impegnato ad abolire la pena di morte

STATI UNITI D'AMERICA

 
governo: repubblica federale con forte tradizione federale
stato dei diritti civili e politici: Libero
costituzione: 17 settembre 1787, in vigore dal 4 marzo 1789
sistema giuridico: sistema di corti federali basato sulla common law inglese. Ogni stato ha il proprio sistema legale
sistema legislativo: bicamerale, Congresso (Senato e Camera dei Rappresentanti)
sistema giudiziario: Corte Suprema, Corte d'Appello degli Stati Uniti, Corti distrettuali degli Stati Uniti; Corti di stato e di contee
religione: 51,3% protestanti; 23,9% cattolici; 1,7% mormoni; 1,6% altri cristiani; 1,7% ebrei; 0,7% musulmani; altri non specificati o nessuna religione
braccio della morte: 3.108 (al 1° aprile 2013)
Data ultima esecuzioni: 0-0-0
condanne a morte: 0
Esecuzioni: 27
trattati internazionali sui diritti umani e la pena di morte:

Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici

Convenzione sui Diritti del Fanciullo (solo firmato)

Convenzione contro la Tortura ed i Trattamenti e le Punizioni Crudeli, Inumane o Degradanti

Convenzione Americana sui diritti umani (solo firmato)

Statuto della Corte Penale Internazionale (esclude il ricorso alla pena di morte) (solo firmato)


situazione:
Gli Stati Uniti, da un punto di vista amministrativo, sono composti da 50 Stati e 3 giurisdizioni (il Distretto di Columbia, il Governo Federale e l’Amministrazione Militare).
Ad oggi, la pena di morte non esiste più in 19 dei 50 Stati e in 1 delle 3 giurisdizioni, quella del Distretto di Columbia, che è il distretto sotto la diretta autorità del Congresso, meglio conosciuto come Washington D.C., capitale degli USA. Le più recenti abolizioni della pena di morte sono avvenute in Nebraska nel maggio 2015, in Maryland a maggio 2013 e in Connecticut ad aprile 2012.

La pena di morte è ancora in vigore in 31 Stati della federazione e in 2 giurisdizioni (il Governo Federale e l’Amministrazione Militare).
Anche se gli Stati Uniti sono considerati un Paese mantenitore della pena di morte, le esecuzioni sono rare o inesistenti in gran parte della nazione: 28 delle 53 giurisdizioni degli Stati Uniti o non hanno la pena di morte (20) oppure non hanno effettuato un’esecuzione da almeno 10 anni (8). La maggior parte non ha praticato la pena di morte da quando è stata reintrodotta nel 1976. Altri 5 Stati non hanno registrato esecuzioni da almeno 8 anni, per un totale di 33 giurisdizioni senza esecuzioni in tale periodo.
Nel 2014 le esecuzioni sono state 35, 4 di meno del 2013. Solo 7 Stati hanno praticato la pena di morte nel 2014, 2 in meno rispetto al 2013, e l’80% delle esecuzioni sono avvenute in tre soli Stati (Texas, Missouri e Florida).
Sono diminuiti anche i detenuti nel braccio della morte. Al 1° aprile 2015, c’erano 3.002 condannati a morte, 68 di meno rispetto al 31 dicembre 2013.
Ci sono state 73 nuove condanne a morte nel 2014 (6 in meno rispetto al 2013), che equivale al numero più basso da quando la pena di morte è stata reintrodotta nel 1976. Dei 32 Stati ancora mantenitori nel 2014, solo 20 hanno emesso condanne a morte nel corso dell’anno.
I problemi relativi alle esecuzioni mal riuscite in Arizona, Ohio e Oklahoma, le molte controversie sulle fonti di approvvigionamento dei farmaci letali, il proscioglimento di persone ingiustamente condannate, la disponibilità dell’ergastolo senza condizionale e il costo della pena capitale, sono i fattori principali che hanno determinato il declino di esecuzioni e condanne a morte.

Le Nazioni Unite
Il 18 dicembre 2014, gli Stati Uniti hanno votato contro la Risoluzione per una Moratoria delle esecuzioni capitali all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

Le esecuzioni
Nel 2014 le esecuzioni sono state 35, 4 di meno rispetto al 2013 e il numero più basso degli ultimi 20 anni.
Le esecuzioni sono avvenute in solo 7 dei 32 Stati mantenitori nel 2014: Texas (10); Missouri (10); Florida (8); Oklahoma (3); Georgia (2); Ohio (1); Arizona (1). Nel 2014, non ci sono state esecuzioni in 2 Stati – Alabama e Virginia – che le hanno effettuate nel 2013.
Nel 2015, al 30 giugno, sono state effettuate 17 esecuzioni in 5 Stati: Texas (9); Missouri (4); Georgia (2); Florida (1); Oklahoma (1). Non ci sono state esecuzioni in 2 Stati – Ohio e Arizona – che le hanno effettuate nel 2014.

Tutte le esecuzioni del 2014 sono avvenute per iniezione letale. Tutte hanno riguardato maschi, tranne due avvenute il 5 febbraio e il 17 settembre in Texas.
L’età media delle persone giustiziate nel 2014 è 47,7 anni. Il tempo medio che i giustiziati nel 2014 hanno trascorrono nei bracci della morte prima dell’esecuzione è stato di 17,6 anni, 2,3 anni in più rispetto al 2013.
Divisi per razze, i giustiziati nel 2014 sono stati 18 neri, 12 bianchi e 5 ispanici. I 35 giustiziati nel complesso erano stati condannati per 49 omicidi, le cui vittime erano state 34 bianchi, 8 neri, 6 ispanici e 1 asiatico.

Le condanne a morte
Oltre a quello delle esecuzioni, si sta registrando un trend di forte diminuzione delle condanne a morte, a sottolineare la minore propensione delle giurie popolari verso la pena capitale, e la scelta sempre più diffusa della pubblica accusa di “accontentarsi” di condanne minori in cambio di iter processuali più brevi e certi.
Secondo il Death Penalty Information Center, nel 2014 le nuove condanne a morte sono state 73, sei in meno rispetto al 2013. E’ il numero più basso da quando la pena di morte è stata reintrodotta nel 1976.
Dei 32 Stati della federazione e 2 giurisdizioni (il Governo Federale e l’Amministrazione Militare) mantenitori della pena capitale nel 2014, 20 l’hanno comminata. Le condanne a morte, come le esecuzioni, sono avvenute prevalentemente in pochi Stati. Il 50% delle condanne a morte è stato emesso da solo 3 Stati: California (14), Florida (11) e Texas (11). L’Alabama è lo Stato che, in proporzione alla popolazione, ha emesso più condanne (4). Quattro condanne a morte sono state emesse dal Governo Federale e nessuna dall’Amministrazione Militare.
Nel 2014, gli Stati del Sud hanno registrato 41 condanne capitali, gli Stati dell’Ovest ne hanno comminate 18, mentre 5 sentenze di morte sono state emesse nel Nord Est e 5 nel Midwest.

I bracci della morte
Al 1° aprile 2015, secondo il Rapporto “Death Row USA” della NAACP Legal Defense Fund, c’erano 3.002 persone nei bracci della morte americani, 68 in meno rispetto alle 3.070 registrate al 31 dicembre 2013. La popolazione del braccio della morte è diminuita ogni anno dal 2001. Nel 2000, erano sotto una sentenza di morte 3.670 detenuti.
La California ha continuato ad avere la più grande popolazione del braccio della morte (746), seguita da Florida (401), Texas (271), Alabama (201) e Pennsylvania (184). Comunque, la California non ha effettuato esecuzioni negli ultimi 9 anni.
Divisi per razze, nei bracci della morte ci sono 42,77% bianchi, 41,67% neri, 12,86% ispanici, 1,63 asiatici, 1,03 pellerossa più un detenuto del quale non è determinata la razza. Divisi per sesso, nei bracci della morte statunitensi ci sono 2.948 uomini (98,2%) e 54 donne (1,8%).

Abolizioni e moratorie
Gli Stati che hanno di recente abbandonato del tutto la pena capitale sono sette: Nebraska (maggio 2015), Maryland (2013), Connecticut (2012), Illinois (2011), New Mexico (2009), New Jersey (2007) e New York (2007). Tutti l’hanno abolita con un iter parlamentare convenzionale, eccetto lo Stato di New York che l’ha fatto con una sentenza della Corte Suprema di Stato che ha dichiarato incostituzionale la legge capitale in vigore, e con il Parlamento che, volutamente, non ha apportato le modifiche richieste dalla Corte Suprema.
In altri quattro Stati – Washington, Colorado, Pennsylvania e Oregon – i Governatori hanno sospeso le esecuzioni a causa degli evidenti difetti che connotano il sistema capitale.

Delle 33 giurisdizioni in cui vige ancora la pena di morte, 8 non hanno effettuato esecuzioni da più di dieci anni (per convenzione, si considera questa situazione come una “moratoria de facto”): Colorado (ultima esecuzione nel 1997), Kansas (1965), New Hampshire (1939), Oregon (1997), Pennsylvania (1999), Wyoming (1992), Amministrazione Militare (1961) e Governo Federale (2003) .
Altri 5 Stati non compiono esecuzioni da almeno otto anni: Arkansas, California, Montana, Nevada e North Carolina.

Da quando la pena di morte è stata reintrodotta nel 1976, tre Stati hanno giustiziato solo “volontari”, ossia persone che chiedevano con forza di affrettare la procedura di esecuzione: Pennsylvania, Oregon e Connecticut.

La politica legislativa
Nel corso del 2014 e nei primi sei mesi del 2015, sono state presentate molte leggi sulla pena di morte, alcune per abolirla, altre per rendere più rigide le norme per la sua applicazione, altre ancora per poterla utilizzare con più facilità. Molte di queste proposte hanno avuto vita breve, fermandosi nelle fasi preliminari dell’esame parlamentare. Di seguito segnaliamo solo le proposte che hanno concluso l’iter parlamentare in un modo o nell’altro.
Il 17 aprile 2014, il Senato del New Hampshire ha votato 12-12 sulla proposta di legge di abolizione della pena di morte che il 12 marzo era stata votata a grandissima maggioranza dalla Camera. Come è noto, però, al Senato un voto di parità equivale a un voto negativo. La Governatrice la Democratica Maggie Hassan, aveva dichiarato che avrebbe ratificato la legge.
Il 24 aprile 2014, il Governatore dell’Arizona, Janice Brewer, ha posto il veto alla legge che avrebbe dato alla pubblica accusa più possibilità di chiedere la pena di morte. Il 27 gennaio 2015, un disegno di legge per abolire la pena di morte in Wyoming è stato sconfitto 5 a 4 dalla Commissione Giustizia della Camera. La deputata democratica Cathy Connolly, che ha sponsorizzato la legge, ha detto che numerosi studi hanno dimostrato che la pena di morte non è un deterrente utile contro il crimine. Ha aggiunto che il Governo non dovrebbe decidere chi vive e chi muore, soprattutto quando si ha un record di condanne a morte di persone innocenti. “Alla fin fine, è l’innocenza a essere giustiziata dallo Stato.” Ma altri hanno detto che la pena di morte può confortare le famiglie delle vittime.
L’11 febbraio 2015, la Commissione Affari di Stato del Senato del South Dakota ha sconfitto 7 a 2 due proposte di legge volte ad abrogare o limitare la pena di morte nello Stato. I principali sponsor delle proposte sono stati il democratico Bernie Hunhoff e il repubblicano Steve Hickey. Gli ex procuratori generali repubblicani Mark Meierhenry e Roger Tellinghuisen hanno testimoniato a favore dell’abrogazione, dicendo che i loro punti di vista sono cambiati nel tempo. “Ho cambiato idea”, ha detto Meierhenry. “La violenza non risolve la violenza.”
Il 19 febbraio 2015, un disegno di legge per l’abolizione della pena di morte nello Stato di Washington è morto per la legislatura in corso, dopo che la Presidente della Commissione Giustizia della Camera, Laurie Jinkins, ha scelto di non metterlo ai voti, perché pur essendo lei personalmente favorevole alla proposta “non era il momento giusto per procedere”.
Il 23 febbraio 2015, un disegno di legge per porre fine alla pena di morte in Montana, promosso dal repubblicano David Moore e approvato dalla Commissione Giustizia 11-10, è stato bloccato alla Camera dopo un voto di parità 50 a 50.
Il 13 maggio 2015, in Delaware, una commissione della Camera ha votato 6 a 5 contro il passaggio in aula di un disegno di legge per abrogare la pena di morte. Il 2 aprile, il Senato l’aveva approvato 11 a 9 e, il 7 maggio, il Governatore Democratico Jack Markell si era pronunciato a favore della proposta.

I metodi di esecuzione
Oggi tutti gli Stati della Federazione e il Governo Federale hanno l’iniezione come primo metodo di esecuzione. L’Amministrazione Militare prevede l’iniezione letale come unico metodo di esecuzione. Alcuni Stati utilizzano un protocollo con tre farmaci, altri usano il protocollo a due farmaci (usato per la prima volta in Ohio nel 2014), altri ancora quello con un singolo farmaco.
Il protocollo a tre farmaci usa un anestetico, seguito da un rilassante muscolare per paralizzare il detenuto e cloruro di potassio per fermare il cuore. Il protocollo a due farmaci prevede una dose di sedativo seguita da una dose letale di anestetico. Il protocollo con farmaco unico utilizza una dose letale di un anestetico.

L’azione di alcuni importanti gruppi per i diritti umani sulle industrie che producono i farmaci utilizzati per le iniezioni letali ha causato la difficoltà per le amministrazioni penitenziarie statunitensi di acquistare nuove dosi di farmaci letali. Questo ha portato, negli ultimissimi anni, a diversi cambiamenti dei protocolli di esecuzione, nel tentativo delle amministrazioni penitenziarie di aggirare il problema della non-collaborazione delle case farmaceutiche.
Nel tentativo di contrastare le campagne di sensibilizzazione da parte delle organizzazioni contro la pena di morte, che utilizzano le leggi sulla libertà d’informazione e i media per convincere i produttori di farmaci a interrompere la distribuzione ai penitenziari americani, alcuni Stati hanno anche approvato leggi per coprire con un manto di segretezza i nomi dei fornitori.

In alcuni Stati rimangono in vigore i “vecchi metodi”, disponibili su richiesta del condannato e di solito solo per i reati commessi prima dell’entrata in vigore dell’iniezione.
La sedia elettrica rimane disponibile in 8 Stati: Alabama, Arkansas, Florida, Kentucky, Oklahoma (autorizzata se l’iniezione letale è ritenuta incostituzionale e la camera a gas di azoto non è consentita), South Carolina, Tennessee (anche se l’iniezione letale è dichiarata incostituzionale oppure in caso di impossibilità a reperire i farmaci letali) e Virginia. La camera a gas in 5 Stati: Arizona, California, Missouri, Oklahoma (a partire dal 17 aprile 2015, la camera a gas azoto verrebbe impiegata se la droga per l’iniezione letale non è disponibile o se tale metodo è dichiarato incostituzionale) e Wyoming (se l’iniezione letale sia mai ritenuta incostituzionale). La fucilazione in 2 Stati: Oklahoma (solo se sia l’iniezione letale sia la sedia elettrica sono dichiarate incostituzionali) e Utah (nel caso non riesca a reperire i farmaci letali). L’impiccagione in 3 Stati: Delaware, New Hampshire (solo se non è possibile praticare l’iniezione letale) e Washington.

Il 23 marzo 2015, il Governatore Repubblicano dello Utah, Gary Herbert, ha ratificato la legge per la reintroduzione della fucilazione come “secondo metodo di esecuzione”. La legge, che era passata alla Camera il 13 febbraio e al Senato l’11 marzo, prevede che l’amministrazione penitenziaria utilizzi preferibilmente l’iniezione letale, ma nel caso non riesca a reperire i farmaci letali, può utilizzare la fucilazione. Fino al 2010 in Utah la fucilazione era in vigore come metodo alternativo, utilizzabile solo su richiesta del condannato. La nuova legge affida la scelta allo Stato, non al condannato.
Il 17 aprile 2015, la Governatrice Repubblicana dell’Oklahoma, Mary Fallin, ha ratificato la legge, che era passata alla Camera il 3 marzo e al Senato il 9 aprile, per l’uso dell’azoto come metodo di riserva per compiere le esecuzioni. “Credo che la pena capitale debba essere messa in atto in modo efficace e senza crudeltà. La legge firmata oggi dallo Stato dell’Oklahoma un’altra opzione che risponde a questi requisiti”, ha dichiarato la Fallin. La legge prevede che il metodo di esecuzione primario rimanga l’iniezione letale, ma nel caso tale metodo venisse dichiarato incostituzionale o risultasse impossibile reperire i farmaci letali, il metodo “di riserva” sarebbe l’utilizzo della camera a gas ad azoto. L’azoto è il gas inerte, di per sé non velenoso, che compone per il 79% l’aria che respiriamo, assieme al 21% di ossigeno. Una camera a gas che venisse riempita di azoto provocherebbe la morte non per “avvelenamento” come avveniva nelle vecchie camere a gas che utilizzavano il cianuro, ma per asfissia per totale mancanza di ossigeno. Secondo i proponenti, il nuovo metodo di esecuzione è “umano, veloce e indolore, e non richiede esperienza medica. È a prova di errore”. Gli oppositori della legge invece notano che un tale metodo di esecuzione non è mai stato usato in nessuna parte del mondo – nemmeno sugli animali – e non si sa quindi assolutamente niente su come possa funzionare.

Delle 1.411 esecuzioni compiute negli USA da quando la pena di morte è stata reintrodotta nel 1977 e fino al 30 giugno 2015, 1.236 sono avvenute per iniezione letale, 158 sulla sedia elettrica, 11 nella camera a gas, 3 per impiccagione e 3 per fucilazione.

La Corte Suprema
Negli anni più recenti la Corte Suprema degli Stati Uniti ha preso decisioni “miliari”, da una parte, nel vietare le esecuzioni di malati mentali (2002) e di minori (2005), dall’altra, nel confermare la costituzionalità del protocollo dell’iniezione letale (2008).
Nessuna delle sentenze della Corte Suprema emesse nel 2014 e nei primi mesi del 2015 ha apportato modifiche sostanziali al sistema capitale, eccetto quella del 27 maggio 2014 che ha dichiarato “troppo rigidi” i parametri utilizzati in Florida per valutare il ritardo mentale degli imputati.

Il 29 giugno 2015, la Corte Suprema ha confermato la costituzionalità del protocollo dell’iniezione letale dell’Oklahoma e, in particolare, dell’utilizzo del Midazolam, il farmaco che è stato al centro di alcune recenti esecuzioni difettose negli Stati Uniti. Con 5 voti contro 4, la Corte Suprema ha ritenuto in Glossip v. Gross che i ricorrenti non sono riusciti a stabilire che l’uso del Midazolam viola l’Ottavo Emendamento della Costituzione, che proibisce punizioni crudeli e inusuali. Tre detenuti nel braccio della morte dell’Oklahoma avevano contestato l’utilizzo del Midazolam come primo farmaco in un protocollo di tre farmaci, dicendo che “non riesce a rendere una persona insensibile al dolore”. Nella sentenza scritta dal Giudice Samuel Alito, la Corte ha detto che, per avere ragione, i detenuti avrebbero dovuto indicare un “metodo alternativo conosciuto e disponibile” che avrebbe assicurato un minor rischio di dolore. In un parere radicalmente dissenziente che ha sollevato forti perplessità sulla pena di morte in sé, il Giudice Stephen Breyer, a cui si è unita il Giudice Ruth Bader Ginsburg, ha posto “una questione più di fondo: se la pena di morte viola la Costituzione ... Il sistema attuale della pena di morte ha tre difetti costituzionali fondamentali: (1) inaffidabilità grave, (2) arbitrarietà nell’applicazione, e (3) irragionevolmente lunghi ritardi che minano lo scopo intrinseco della pena capitale. Forse per questo, (4) in molte parti degli Stati Uniti, la pratica è stata abbandonata”.

I proscioglimenti e le commutazioni
“Esonerato” è un termine tecnico che, nella giustizia statunitense, indica chi è condannato in primo grado, ma poi assolto in appello. Come è noto l’appello negli Stati Uniti non è un atto unico e irripetibile, ma può essere ripresentato ogni volta che la difesa ritiene di aver trovato elementi probatori nuovi. Non è raro che alcuni ‘appelli’ si tengano anche 20 anni o più dopo il primo grado. In alcuni casi gli “esonerati” sono palesemente innocenti (quando ad esempio i test del DNA dimostrano la colpevolezza di qualcun altro), in altri casi si arriva al proscioglimento in appello per “insufficienza di prove” o perché, a tanti anni di distanza dai fatti, la Pubblica Accusa non ha più testimoni attendibili per rifare un processo.
Almeno il 4,1 per cento degli imputati condannati a morte negli Stati Uniti sono innocenti, secondo una ricerca pubblicata il 25 marzo 2014 nel Proceedings of the National Academy of Sciences, una delle riviste scientifiche più autorevoli e citate al mondo. “Con un tasso di errori giudiziari di oltre il 4 per cento, è fuori discussione che molti dei 1.320 giustiziati dal 1977 erano innocenti”, conclude lo studio.

Il Death Penalty Information Center (DPIC) tiene una lista di questi “esoneri”, in base alla quale dal 1973 all’8 giugno 2015 le persone prosciolte sono state 154 in 26 diversi Stati. Il tempo medio tra la condanna e il riconoscimento di innocenza è di 11,2 anni. In 20 casi la prova dell’innocenza è stata raggiunta grazie a nuovi test del DNA.
Per l’inclusione nella lista degli innocenti del DPIC, gli imputati devono essere stati riconosciuti colpevoli e condannati a morte e, poi, siano stati assolti da tutte le accuse in un nuovo processo di revisione o le accuse siano state fatte cadere dal procuratore o abbiano ricevuto la grazia completa dal Governatore sulla base di nuove prove di innocenza.
Secondo i criteri stabiliti dal DPIC, nel corso del 2014 sono stati prosciolti 7 detenuti del braccio della morte in 4 Stati, il numero maggiore dal 2009. Altri 4 detenuti del braccio della morte sono stati prosciolti nel 2015, al 30 giugno.
L’11 marzo 2014, in Louisiana, trent’anni dopo essere stato condannato a morte, Glenn Ford è stato scarcerato dal carcere di massima sicurezza di Angola, dopo che gli stessi magistrati hanno chiesto il suo rilascio perché “non era né presente né un partecipante alla rapina con omicidio” per cui era stato condannato nel 1984. Marty Stroud, il procuratore che l’ha mandato nel braccio della morte, gli ha chiesto scusa e ha ammesso che era più interessato a vincere la causa che rendere giustizia. Il 29 giugno 2015, Glenn Ford è morto di cancro ai polmoni all’età di 65 mentre era in attesa dell’esito di un’azione legale volta a ottenere un risarcimento per la sua prigionia e l’insufficienza di cure mediche in carcere.
Il 12 giugno 2014, dopo la sua condanna nel 2011 per un omicidio e stupro avvenuto nel luglio 1987, Carl Dausch è stato assolto dalla Corte Suprema della Florida perché le prove a suo carico non erano sufficienti per una sentenza “oltre il ragionevole dubbio”. “Nella migliore delle ipotesi”, ha affermato la Corte, lo Stato ha creato solo “il sospetto di colpevolezza”. La Florida ha avuto più esoneri di qualsiasi altro Stato (25).
Il 3 settembre 2014, due uomini sono stati liberati in North Carolina. Henry McCollum e Leon Brown, due fratelli che erano stati condannati a morte per omicidio nel 1984, sono stati esonerati dopo 30 anni grazie alle prove scoperte dalla North Carolina Innocence Inquiry Commission. Erano entrambi adolescenti quando sono stati accusati di stupro e omicidio di una bambina di 11 anni. La condanna di Brown fu poi ridotta all’ergastolo e l’accusa limitata allo stupro, invece McCollum è rimasto nel braccio della morte. La Commissione ha raccolto nei pressi della scena del crimine prove del DNA appartenenti a un altro uomo già condannato per un reato simile nella stessa zona. Il procuratore distrettuale non si è opposto alla loro liberazione.
Il 21 novembre 2014, Ricky Jackson e Wiley Bridgeman sono stati rilasciati dal carcere in Ohio dopo 39 anni. I pubblici ministeri hanno presentato una mozione per far cadere tutte le accuse contro Jackson, Bridgeman e il loro co-imputato, Kwame Ajamu (già Ronnie Bridgeman), che era stato rilasciato nel 2003. Un giudice ha respinto ufficialmente le accuse contro i tre imputati. Erano stati condannati a morte per un omicidio del 1975 sulla base della testimonianza di un ragazzo di 12 anni, che ha ritrattato all’inizio del mese, dicendo che non aveva neanche assistito all’omicidio.
Il 23 marzo 2015, venticinque anni dopo la condanna a morte per il brutale assassinio del figlio di quattro anni, tutte le accuse contro Debra Jean Milke sono state ritirate. Milke era uscita dal carcere nel 2013 dopo aver passato 22 anni nel braccio della morte in Arizona, ma era ancora di fronte alla possibilità di un nuovo processo ed era rimasta libera su cauzione con un braccialetto di monitoraggio elettronico. La sua condanna era basata quasi interamente su affermazioni di un detective della polizia secondo cui la donna gli aveva confessato di aver ucciso il figlioletto. La confessione non è mai stata registrata ed era anche emerso che il detective aveva in passato già mentito sotto giuramento e violato i diritti degli indagati.
Il 3 aprile 2015, Anthony Ray Hinton è stato rilasciato dopo aver trascorso quasi 30 anni nel braccio della morte dell’Alabama. Hinton era stato condannato per l’omicidio nel 1985 di due manager di un fast-food sulla base della testimonianza di un perito statale secondo cui i proiettili dei due omicidi provenivano da un’arma trovata in casa sua. Il procuratore, che ha avuto una storia documentata di pregiudizi razziali, aveva detto che Hinton poteva essere ritenuto colpevole e “una persona malvagia” solo a guardarlo. Hinton era stato arrestato dopo che una vittima in un reato simile lo aveva identificato in una foto tra altre persone allineate, anche se al momento del crimine stava lavorando in un magazzino a 15 miglia di distanza. Nel 2014, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha stabilito all’unanimità che gli era stata fornita una scarsa difesa legale e ha rinviato il caso alle corti statali per ulteriori approfondimenti. I procuratori hanno deciso di non procedere dopo che nuovi esperti dello Stato hanno detto di non potere collegare i proiettili all’arma di Hinton.
Il 21 aprile 2015, nel Mississippi, il Procuratore Distrettuale della Contea di Oktibbeha, Forrest Allgood, ha rinunciato a riprocessare Willie Manning. Nel febbraio 2015, la Corte Suprema del Mississippi ha concesso a Manning un nuovo processo, dicendo che la prova chiave era stata nascosta. Un testimone ha detto di aver visto Manning entrare nell’appartamento delle vittime, ma i dati della polizia che sono stati nascosti alla difesa provavano che l’appartamento dal quale avrebbe visto Manning era vuoto in quel momento e le registrazioni del residence non elencavano il testimone come un inquilino. Il testimone ha poi ritrattato, dicendo che temeva di essere accusato del reato se non avesse testimoniato.
L’8 giugno 2015, dopo dodici anni di carcere, dieci dei quali nel braccio della morte del Texas, è stato scarcerato Alfred Dewayne Brown, 33 anni, nero. Ad attenderlo fuori dal carcere di Houston c’era anche la giornalista Lisa Falkenberg, che con i suoi articoli, per i quali ha vinto il Pulitzer 2015, ha aiutato a riaprire il caso. Brown era stato condannato a morte nella Harris County il 25 ottobre 2005 con l’accusa di aver partecipato a una rapina il 3 aprile 2003 nel corso della quale erano rimaste uccise 2 persone, il poliziotto Charles R. Clark e la commessa di un negozio, Alfredia Jones. All’epoca del processo Brown sosteneva di essere stato a casa con la fidanzata e di aver fatto una telefonata. Il tabulato di questa telefonata è stato ritrovato solo 2 anni fa, a casa di un detective della squadra omicidi. Dopo il ritrovamento del tabulato lo stesso giudice che aveva condannato Brown aveva sollecitato la corte d’appello a rivedere rapidamente il caso e la attuale procuratrice della Harris County, Devon Anderson, aveva dato parere favorevole. Il 5 novembre 2014 la Corte d’appello di Stato aveva annullato il verdetto di colpevolezza di Brown, riconoscendo che si trattava di quello che in gergo si chiama “Brady case”, ossia il comportamento omissivo da parte della pubblica accusa che secondo la legge dovrebbe passare alla difesa anche le eventuali notizie positive riscontrate durante l’indagine.

Oltre ai proscioglimenti totali, altri condannati a morte hanno avuto la pena ridotta all’ergastolo con provvedimento politico e non giudiziario.
Il 30 aprile 2014, in Ohio, il Governatore John Kasich ha concesso la grazia ad Arthur Tyler, commutando in ergastolo la sua condanna a morte, un mese prima della sua esecuzione, fissata per il 28 maggio, anche per i dubbi emersi sulla possibilità che Tyler avesse materialmente ucciso Sander Leach o fosse semplicemente presente quando è successo.
Il 9 luglio 2014, il Board of Pardons and Paroles della Georgia ha salvato la vita di Tommy Lee Waldrip il giorno prima di essere giustiziato. Waldrip è solo il quinto condannato a morte dal 2002 ad avere una sentenza commutata in ergastolo senza condizionale dal Board.
Il 31 dicembre 2014, in Maryland, il Governatore Martin O’Malley ha commutato in ergastolo senza condizionale le condanne a morte degli unici 4 detenuti del braccio della morte. O’Malley ha detto che lasciare gli ultimi 4 prigionieri in attesa di esecuzione “non sarebbe servito al bene pubblico”. “In un governo rappresentativo, le esecuzioni di Stato rendono ogni cittadino partecipe di un omicidio legalizzato”, ha detto in una dichiarazione. Hanno beneficiato della decisione Vernon Evans, Anthony Grandison, Jody Lee Miles e Heath William Burch. Il Maryland ha abolito la pena di morte nel 2013, ma la legge non era retroattiva e, quindi, non si applicava alle condanne a morte già emesse.

Il 2 maggio 2014, come ultimo atto della sua sessione legislativa, il Senato della Florida ha approvato una legge che consente allo Stato di compensare James Richardson, un nero ingiustamente condannato a morte e incarcerato per 21 anni. Nel 1967, Richardson, era stato giudicato colpevole e condannato a morte da una giuria di soli bianchi per l’omicidio dei suoi sette figli. Molti anni dopo, un ex babysitter ha confessato il delitto, spingendo un’indagine che ha rivelato che i testimoni erano stati picchiati per convincerli a testimoniare il falso contro Richardson. Nel 1989, la condanna è stata annullata e Richardson è stato liberato. Richardson, ormai un uomo fragile e vecchio, non era stato in grado di ricevere un risarcimento per questa ingiustizia perché le prove del suo caso erano andate perse o distrutte. La Senatrice Geraldine Thompson, uno degli sponsor del disegno di legge, ha dichiarato: “Questo gli permetterà di avere l’opportunità di rivivere alcuni sogni che sono stati rinviati agli inizi della sua giovanissima vita”.
Il 17 dicembre 2014, in South Carolina, il giudice Carmen Mullins ha prosciolto George Stinney, un ragazzo di colore giustiziato nel 1944 all’età di 14, così piccolo che ha dovuto sedersi su un elenco telefonico messo sulla sedia elettrica. Al termine di un processo durato solo 3 ore, una giuria di 12 uomini bianchi aveva impiegato 10 minuti per trovarlo colpevole di aver ucciso due ragazzine bianche di 11 e 8 anni. Stinney è stata la persona più giovane giustiziata negli Stati Uniti nel 20° secolo; nel 1944, quattordici anni era l’età legale della responsabilità penale in South Carolina.

I costi della pena di morte
Oltre alla questione degli errori giudiziari, che ha animato il dibattito politico negli anni recenti, sta prendendo piede la questione dei “costi della pena di morte”. Come è noto, a differenza dei sistemi giudiziari europei, negli Stati Uniti i vari uffici giudiziari hanno bilanci ben precisi che devono essere rispettati al centesimo. Se un procuratore vuole istruire un processo in cui poter chiedere la pena di morte deve portare più prove, più analisi di laboratorio, più testimoni, e lo Stato deve garantire all’imputato avvocati di ufficio di miglior livello. E questo ha dei costi, i quali aumentano anche nelle fasi successive del procedimento giudiziario, perché chi rischia una condanna a morte ha diritto a maggiore assistenza legale gratuita, a fare delle controanalisi di laboratorio a spese dello Stato, ad assumere esperti di vario tipo sempre a spese dello Stato e, inoltre, a presentare tutta una serie di ricorsi e appelli che invece per legge non vengono concessi per le condanne detentive. Questo significa che un procuratore che inizia un processo capitale mette in moto un meccanismo che drena molti fondi dalle casse dello Stato, mentre, a causa di queste alte spese, spesso rimangono pochi fondi per altre attività.
Inoltre, alcuni studi hanno calcolato che circa la metà delle condanne a morte emesse in primo grado viene poi annullata nei gradi successivi e convertita in condanne all’ergastolo. Altri studi hanno accertato che, anche nei casi in cui una condanna a morte “regge”, tenere una persona all’ergastolo tutta la vita costa fino a 20 volte di meno che tenerla nel braccio della morte solo qualche anno e poi giustiziarla. In media negli Stati Uniti una condanna a morte costa tra 1 e 3 milioni di dollari, contro i 500.000 dollari di costo di una condanna all’ergastolo senza condizionale.
Allora, sta sempre più prendendo piede un’idea alternativa: rinunciare ai processi capitali, che di solito si svolgono contro persone sulle quali esistono già prove convincenti, e dedicare i fondi risparmiati alla riapertura di casi archiviati, per andare alla ricerca di assassini non ancora individuati. Recentemente diversi Stati hanno deciso di abolire la pena di morte anche in base alle considerazioni economiche. Altri Stati hanno iniziato il percorso per l’abolizione, perché sempre più diffusa è l’opinione che i processi capitali vadano a vantaggio di pochi procuratori che cercano visibilità, mentre gli alti costi finiscano per ricadere sull’intera collettività.

Il 14 gennaio 2014, il Kansas Judicial Council ha comunicato alla stampa i dati preliminari di uno studio sui costi della pena di morte condotto per conto del Parlamento. I dati segnalano che i giudici della Corte Suprema di Stato hanno speso 20 volte più tempo a discutere ricorsi di condannati a morte piuttosto che di casi non capitali, l’Amministrazione Penitenziaria spende il doppio per un detenuto nel braccio della morte rispetto a un detenuto normale (49.380 dollari l’anno contro 24.690) e nelle corti distrettuali i casi capitali richiedono il doppio dei giorni rispetto ai casi non capitali. Secondo uno studio del marzo 2014 sui costi della pena di morte in Idaho, eseguito da una commissione parlamentare, l’Office of Performance Evaluations, i casi di omicidio per i quali si procede con la pena di morte costano molto di più e richiedono molto più tempo rispetto a casi comparabili per i quali si procede con la richiesta di ergastolo. Ad esempio, l’ufficio statale che fornisce difensori d’ufficio (lo State Appellate Public Defender) ha dedicato in media 8.000 ore di lavoro per ogni caso capitale, contro la media di 180 ore spese su ogni caso per cui è stato chiesto l’ergastolo. Il tempo medio di un processo capitale richiede circa 20,5 mesi per una sentenza, contro i 13,5 mesi di un caso non capitale. Al 2 ottobre 2014, in Arizona, erano 119 i detenuti nel braccio della morte, la maggior parte dei quali rinchiusi da diversi decenni. Siccome l’attesa prima dell’esecuzione in Arizona dura in media 23 anni, a 81,11 dollari al giorno, lo Stato spende mediamente 680.918 dollari per la sola detenzione di un condannato a morte. In totale, quindi, le spese abitative dei 119 detenuti nel braccio della morte costano al Department of Corrections 3.523.012 dollari ogni anno. Ma i costi principali sono quelli processuali, di giudizio e di appello. Quando un procuratore chiede la pena di morte, all’imputato sono garantiti due avvocati difensori, il che si traduce in circa il doppio del costo per i contribuenti, mentre una condanna all’ergastolo assicura un risparmio per i contribuenti. Le spese di alloggio di un detenuto normale ammontano a meno di 60 dollari al giorno e il ricorso in appello è limitato, il che abbatte le spese processuali. “Se si paragonano i costi da sostenere a partire dalle indagini fino a che una esecuzione viene effettuata, sono probabilmente 6-7 volte superiori in un caso di pena di morte rispetto a uno che si risolve con l’ergastolo senza condizionale”, ha detto Chuck Laroue, membro del direttivo di Death Penalty Alternatives.
Uno studio commissionato dal Parlamento del Nevada, uscito il 2 dicembre 2014, ha stimato che un caso capitale costa mediamente mezzo milione di dollari in più di un caso in cui la pena di morte non è richiesta. Il costo di un processo per omicidio in cui è stata chiesta la pena capitale costa da 1,03 a 1,3 milioni di dollari, mentre i casi senza pena di morte costano 775 mila dollari. I risultati dello studio sono stati così riassunti: “giudicare casi capitali richiede più tempo e risorse rispetto ai casi di omicidio in cui la condanna a morte non è prevista come opzione. I casi capitali sono più costosi perché ci sono garanzie procedurali atte ad assicurare che la sentenza sia giusta e priva di errori”. Lo studio comprende le spese di detenzione. Poiché certe spese processuali non hanno potuto essere inserite, gli autori hanno detto che i costi sono stati “sottostimati” e possono essere superiori rispetto alle stime presentate.
Nel dicembre 2014, in una serie di articoli che analizzano la pena di morte in Pennsylvania, il Reading Eagle ha trovato che i contribuenti hanno speso oltre 350 milioni di dollari per la pena di morte nel corso di un periodo in cui lo Stato ha effettuato solo tre esecuzioni. Utilizzando i dati provenienti da uno studio del Maryland del 2008, che ha concluso che i casi di pena di morte costano 1,9 milioni di dollari in più rispetto a casi analoghi in cui la pena di morte non è stata chiesta, il quotidiano stima che i casi di 185 persone nel braccio della morte della Pennsylvania costano 351,5 milioni. Anche i sostenitori della pena di morte hanno convenuto che i costi sono un problema: “Sicuramente, la pena di morte pesa estremamente sulle nostre risorse”, ha detto il procuratore distrettuale della contea di Berks John Adams. Il giudice Thomas Parisi della stessa contea ha aggiunto che v’è una differenza astronomica tra il costo medio di un caso capitale e un caso di ergastolo. Il 7 gennaio 2015, la Seattle University ha pubblicato i risultati di uno studio di sette mesi sui costi della pena di morte nello Stato di Washington rilevando che i casi capitali costano un milione di dollari in più rispetto a casi analoghi in cui la pena capitale non è richiesta. Lo studio quantifica il costo extra della pena capitale di 147 casi di omicidio aggravato di primo grado rubricati nello Stato di Washington dal 1997. Combinando tutte le voci di costo, i ricercatori hanno trovato il costo medio di un procedimento e condanna capitale essere poco più di 3 milioni di dollari, mentre se la pubblica accusa non chiede la pena di morte e ottiene la condanna all’ergastolo costa allo Stato circa 2 milioni di dollari.

Le prese di posizione dei carcerieri e dei familiari delle vittime
Gli effetti della pena di morte su chi compie le esecuzioni sono stati descritti chiaramente da chi per anni ha lavorato nei bracci della morte. Il 22 febbraio 2014, in un editoriale di prima pagina sul quotidiano Seattle Times, due ex funzionari dell’amministrazione penitenziaria dello Stato di Washington hanno preso posizione contro la pena di morte, appoggiando la decisione del Governatore Jay Inslee di non firmare mandati di esecuzione durante il suo mandato. Dick Morgan, ex Direttore delle Prigioni, ed Eldon Vail, ex Segretario dell’Amministrazione Penitenziaria, hanno scritto della loro partecipazione alle cinque esecuzioni compiute dallo Stato dal 1993 a oggi: “Siamo stati testimoni di personale visibilmente scosso chiamato a mettere in atto una legge discutibile che consente di uccidere detenuti che sono stati catturati, messi dietro le sbarre e che da lungo tempo hanno cessato di essere una minaccia per la società”. “In definitiva – hanno aggiunto – la pena di morte non riguarda il fatto se una persona meriti di vivere o di morire, ma se un Governo debba fare certe cose.”
Il 13 aprile 2015, altre quattro persone che hanno lavorato nei bracci della morte hanno descritto l’effetto che hanno avuto su di loro le esecuzioni. Frank Thompson, che ha lavorato come agente penitenziario in Oregon e Arkansas, ha detto che credeva nella pena di morte fino a quando non ha cominciato a pensare “a quelle imperfezioni del sistema penale che una parte del mio cervello sapeva esistessero, ad esempio il fatto che i poveri siano sfavoriti, o che la pena di morte non abbia potere deterrente”. Ricordando di aver avuto come incarico anche formare il personale per le esecuzioni, Thompson ha aggiunto: “Mi sono reso conto che stavo addestrando persone per bene a togliere la vita a esseri umani. Nel nome di una politica pubblica che dopo tanti anni non si può dire abbia migliorato il livello di sicurezza pubblica”. Terry Collins ha lavorato per 32 anni nelle carceri, fino a diventare direttore dell’Amministrazione Penitenziaria dell’Ohio. Ha assistito a 33 esecuzioni. Ogni volta che andava al lavoro il giorno di un’esecuzione, si domandava: “E se questo non fosse colpevole? E se qualcuno si fosse dimenticato qualcosa? Siamo davvero sicuri? E se questa volta stessimo commettendo un errore?”. L’aver visto che periodicamente ci sono dei casi di proscioglimento gli ha causato problemi rispetto alla pena di morte: “E’ evidente che il sistema commette errori. Non credo si possano commettere errori quando si toglie la vita a delle persone”. Jerry Givens, che è stato capo del team delle esecuzioni del braccio della morte della Virginia dal 1982 al 1999, dirigendone in prima persona 62, ha sollevato dubbi simili. “Sapevo che il sistema era imperfetto quando abbiamo prosciolto Earl Washington Jr…. Ci sono due tipi di persone nei bracci della morte, i colpevoli e gli innocenti, e quando ci sono i colpevoli e gli innocenti non dovrebbero esserci i bracci della morte”. Il reverendo Carroll Pickett, presbiteriano, è stato cappellano nel braccio della morte del Texas dal 1980 al 1995, periodo durante il quale 95 persone sono state messe a morte. Una volta lasciato l’incarico a Huntsville, ha scritto un libro di memorie che ha vinto diversi premi. Rispondendo ad alcune domande dell’Huffington Post, Pickett ha detto tra l’altro: “Stare accanto al lettino delle esecuzioni quasi 100 volte, e vedere uccidere persone innocenti, veder uccidere uomini che si sono pentiti, e vedere il dolore dei loro familiari, e dei miei colleghi che lavoravano per l’amministrazione penitenziaria, è qualcosa che non esce dalla mia mente”.

Forse, le prese di posizione più inattese sono proprio quelle dei parenti delle vittime, i quali hanno avuto un ruolo importantissimo nelle recenti abolizioni in Connecticut, New Jersey, New Mexico, Maryland e Nebraska.
Il 23 gennaio 2014, in New Hampshire, il poliziotto John Breckenridge, compagno di pattuglia di Michael Briggs ucciso nel 2006, ha preso posizione contro la pena di morte. Inizialmente era favorevole alla pena di morte e ha testimoniato in tal senso davanti alla commissione statale incaricata di rivedere la legge sulla pena di morte. Ma dopo aver incontrato suor Helen Prejean, ha preso una posizione diversa. “Considerati il punto di vista cattolico sulla sacralità della vita umana, il nostro sistema penitenziario e i mezzi che abbiamo per proteggere la società, mi è diventato chiaro che, come cattolico non posso giustificare l’atto molto premeditato di giustiziare qualcuno.”
Il 4 marzo 2015, i familiari delle vittime di omicidio hanno espresso il loro sostegno al progetto di legge che poi ha posto fine alla pena capitale in Nebraska. Miriam Thimm Kelle, il cui fratello James Thimm è stato assassinato da Michael Ryan in una fattoria nei pressi di Rulo nel 1985, ha detto che la pena di morte in Nebraska ha condannato i familiari delle vittime di omicidio a una sorta di ergastolo in purgatorio. Invece di concentrare le loro energie sul lutto e andare avanti con la loro vita, inseguono gli appelli e la pubblicità degli assassini e sono costretti a chiedere giustizia per decenni. Elle Hansen di Lincoln, che ha perso tre persone care per omicidio, ha denunciato le distinzioni arbitrarie nei tribunali del Nebraska tra casi meritevoli della pena di morte e casi che non sono al livello. “Voglio condividere il dolore e l’indignazione che provo quando sento i politici dire che abbiamo bisogno della pena di morte per il peggiore dei peggiori… E’ un concetto assurdo. Vi garantisco che ognuna delle nostre perdite è la peggiore delle peggiori.”
Nell’aprile 2015, alcune vittime o familiari delle vittime della strage alla Maratona di Boston del 2013 hanno preso una posizione pubblica contro la pena di morte per l’attentatore Dzhokhar Tsarnaev, poi condannato a morte il 15 maggio. Bill e Denise Richard, il cui figlio di 8 anni, Martin, è rimasto ucciso nella strage, e la cui figlia Jane ha perso una gamba, non hanno insistito tanto su una questione di principio, ma sulla necessità di chiudere il processo in tempi brevi, senza dover poi affrontare continue riaperture del caso, e il riaffiorare di ricordi dolorosi, come invece accadrebbe con i molti ricorsi disponibili per i condannati a morte. Anche Jessica Kensky e Patrick Downes hanno preso posizione contro la pena di morte. I due, sposati da poco, in passato avevano corso la maratona di Boston e nell’esplosione del 2013 entrambi hanno perso una gamba. “All’inizio ci auguravamo che anche l’imputato provasse il dolore che abbiamo provato noi e le altre vittime. Ma ora ci basta sapere che non potrà mai più nuocere a nessuno e ci auguriamo che il processo si concluda rapidamente e definitivamente, e l’imputato sparisca al più presto possibile dalla coscienza collettiva. Dobbiamo superare l’impulso di vendetta.” Jennifer Lemmerman, sorella di Sean Collier, l’agente della security del Massachusetts Institute of Technology rimasto ucciso in un conflitto a fuoco con i fratelli Tamerlan (poi ucciso dalla polizia) e Dzhokhar Tsarnaev, si è detta anche lei contraria alla condanna a morte per Dzhokhar Tsarnaev. “Quando qualcuno si dichiara contrario alla pena di morte, gli si dice sempre di immaginare come si sentirebbe se fosse il parente di una delle vittime. A me è stato dato questo orribile punto di vista e posso dire che la mia posizione contro la pena di morte si è solo rafforzata.” Ha poi proseguito: “Non riesco a immaginare che uccidere in risposta a un’uccisione possa darmi pace o giustizia… ho scelto di ricordare Sean per la luce che mi ha portato. Non voglio più buio”.
Il 18 maggio 2015, il Daily Mail ha pubblicato la storia del figlio di una vittima che ha cambiato idea circa la pena di morte. Clifford O’Sullivan aveva solo sei anni quando è comparso in un tribunale della California al processo contro Mark Scott Thornton, l’assassino di sua madre. O’Sullivan testimoniò nella fase di sentenza (quella in cui si decide l’entità della pena) e allora, emozionato, chiese che “l’uomo cattivo” venisse ucciso. Clifford, che ora ha 26 anni, ha raccontato che a fargli cambiare idea è in buona parte il fatto che la pena di morte aumenta il dolore dei parenti delle vittime, e sbagliano quelli che ritengono che aiuti a “superare”. Nel settembre 2014, O’Sullivan ha deciso di incontrare l’assassino della madre nel braccio della morte della California e hanno parlato per 5 ore. “È stato il più grande regalo che potesse farmi”, ha detto O’Sullivan. “Facciamo in modo che i prossimi 20 anni non siano un riflesso di quello che sono stati i 20 anni passati. Troviamo un senso a tutto questo, per il tuo bene, per il mio bene, per il bene di tua madre”, ha detto Thornton. O’Sullivan ha concluso: “Se gli fissano una data [per l’esecuzione], fermerò il meccanismo, così come a suo tempo l’avevo avviato”.

Il bilancio crimine/repressione
Nel novembre 2014, il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha pubblicato l’Uniform Crime Report dell’FBI per il 2013, secondo il quale il tasso di omicidi (esclusi quelli colposi) è stato di 4,5 ogni 100.000 abitanti, in diminuzione rispetto al 2012 (4,7).
Scomponendo i dati per regione e utilizzando la divisione classica per gli Stati Uniti (Northeast, Midwest, South, West), il Northeast, che pratica di meno la pena di morte, ha avuto il tasso di omicidi più basso, 3,5 per 100.000 persone, in calo rispetto al 2012 (3,8). Al contrario, il Sud, che effettua più esecuzioni di qualsiasi altra regione, ha avuto il tasso di omicidi più alto: 5,3 (- 0,2 rispetto al 2012). Il tasso di omicidi nel West è stato di 4,0 (- 0,2), mentre nel Midwest è stato di 4,5 (-0,2).
Per il 2013, il tasso medio di omicidi negli Stati mantenitori della pena capitale è stato di 4,4 ogni 100.000 abitanti, mentre negli Stati senza pena di morte è stato di 3,4. Tra i primi 10 Stati con il tasso di omicidi più alto figurano solo tre Stati abolizionisti, mentre tra i 10 Stati con il tasso di omicidi più basso figurano 8 Stati che o hanno abolito la pena di morte (6) o non la praticano da almeno dieci anni (2).
Quindi, il Northeast che registra il più basso tasso di omicidi è la zona del Paese dove il ricorso alla pena di morte è tradizionalmente molto minore rispetto alle altre aree: ad esempio, l’ultima esecuzione risale al 2005 e, dall’anno della reintroduzione della pena di morte negli USA, solo l’1% delle esecuzioni sono avvenute nel quadrante di Nordest. Discorso opposto per il Sud, che da solo ha totalizzato circa l’82% delle esecuzioni USA dal 1976, ma continua ad avere il più alto tasso di criminalità violenta del Paese. Questo dato è interpretato da molti osservatori come la riprova che la pena di morte non ha nessun effetto deterrente, visto che dove non è usata vengono commessi meno omicidi rispetto a dove è usata massicciamente e con una certa ostentazione.

Secondo il sito Murderdata.org, ogni anno negli Stati Uniti almeno 5.000 omicidi non vengono risolti. Dal 1980 al 2012 sono almeno 211.000 gli omicidi non risolti (per “soluzione” si intende un arresto a cui segue un processo, non necessariamente una condanna, oppure quando un sospettato viene identificato ma non è possibile arrestarlo, ad esempio perché è morto). L’ultimo dato ufficiale, relativo al 2013, calcola che sono stati commessi in tutti gli Stati Uniti 14.103 omicidi, e ne sono stati risolti 8.614, il 61%. I casi non risolti sono quindi il 39%. Murderdata.org si basa sulle statistiche ufficiali fornite dal FBI (Uniform Crime Reports), ma ha integrato i dati ufficiali con altri dati che stimano l’esistenza di almeno 21.000 omicidi non conteggiati dal FBI dal 1980 al 2012. Gli “omicidi non conteggiati” sono stati ricavati da un’estensiva rassegna stampa, dal ricorso alle leggi sulla trasparenza e alla possibilità di “accesso agli atti”. Questa realtà ha riflessi anche sul tema della pena di morte. Come è noto, le principali iniziative abolizioniste degli ultimi anni chiedono di risparmiare fondi dai processi capitali per destinarli alla soluzione di casi irrisolti. Se, come calcola Murder Data, i casi irrisolti sono più di 5.000 l’anno, è chiaro che questa impostazione acquisisce peso argomentativo. Negli ultimi anni gli Stati Uniti hanno giustiziato in media 40 detenuti l’anno. Ha senso tenere in piedi una struttura che drena enormi risorse per punire 40 assassini, se poi se ne lasciano liberi 5.000?

I sondaggi
Negli ultimi anni i sondaggi sono stati caratterizzati da una ambivalenza di fondo: davanti alla domanda “secca” se si è favorevoli alla pena di morte, i sì rimangono elevati e il loro calo, anno per anno, è molto lento. Quando invece nel sondaggio è inserita esplicitamente una domanda sull’ergastolo senza condizionale, allora le cose cambiano.

Tra il 1° e il 4 giugno 2015, sono stati diffusi tre sondaggi nazionali sulla pena di morte e ognuno ha dato risultati diversi dagli altri sulla domanda principale: è meglio la pena di morte o l’ergastolo senza condizionale? Per due sondaggi la maggioranza degli statunitensi preferirebbe l’ergastolo, per un sondaggio preferirebbe la morte. Ma quando in uno dei sondaggi pro-ergastolo viene aggiunta l’ipotesi terrorismo, il risultato cambia radicalmente. Il 1° giugno è stato diffuso il sondaggio della Quinnipiac University, secondo il quale il 48% è pro-ergastolo e il 43% pro-morte. Il 4 giugno, è stato diffuso il sondaggio Gallup, secondo il quale il 45% è pro-ergastolo e il 50% pro-morte. Sempre il 4 giugno, è stato diffuso anche il sondaggio ABC News/Washington Post, secondo il quale il 52% è pro-ergastolo e il 42% pro-morte. Il sondaggio più accurato è quello della Quinnipiac, che ha un campione di 1.700 intervistati, mentre gli altri due l’hanno di 1.000. Ma è proprio il sondaggio Quinnipiac che forse spiega dati tanto diversi. Quinnipiac aggiunge due ipotesi: in caso di terrorismo e nel caso di Tsarnaev, il giovane di origine cecena che una giuria popolare federale il 15 maggio ha condannato a morte per la strage alla Maratona di Boston. Nell’ipotesi “terrorismo” generica, la percentuale diventa ergastolo 36% contro morte 58%. Nell’ipotesi “terrorismo” con esplicito riferimento a Tsarnaev la percentuale pro-morte sale al 62%, mentre scende al 34% l’opzione pro-ergastolo. Con queste ampie variazioni, una media dei tre sondaggi potrebbe essere calcolata così: alla domanda “secca” tra ergastolo e morte, in media gli americani hanno risposto 48,3% ergastolo e 45% morte. L’inserimento in uno dei tre sondaggi delle ipotesi terrorismo inverte il risultato e la media risulta essere circa 51% morte e circa 44% ergastolo.
[Per ulteriori informazioni sulla pena di morte negli Stati Uniti, vedi il sito web del Death Penalty Information Center]

 

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