15 Aprile 2015 :
Un editoriale del New York Times definisce la pena di morte “crudele, immorale, ed inefficace nel ridurre il crimine”, aggiungendo che è “così contaminata da errori che nessuna nazione civilizzata dovrebbe tollerarne l’uso”. L’editoriale descrive poi come comportamenti impropri da parte della pubblica accusa e “la mentalità fin troppo diffusa di vincere a tutti i costi” abbiano avuto un ruolo sostanziale nelle 152 condanne a morte che solo in un secondo tempo sono state riconosciute come sbagliate. Il riferimento è al registro degli “esonerati” tenuto dal Death Penalty Information Center, che conta le persone che, dal 1973, sono state prosciolte dopo una iniziale condanna a morte. L’editoriale aggiunge alle 152 persone erroneamente condannate a morte anche “2 persone che sono state giustiziate nonostante fossero quasi certamente innocenti”. “Persone innocenti vengono condannate per molti motivi, tra cui avvocati non adeguati, testimoni che sbagliano le identificazioni, e false confessioni estorte con la forza. Ma così come i progressi delle analisi del Dna hanno accelerato il passo dei proscioglimenti, è diventato anche più evidente come in un numero preoccupante di casi al cuore del problema ci siano le forzature fatte dalla pubblica accusa”. L’editoriale nota inoltre come “solo nell'ultimo anno sono state scarcerate 9 persone che erano state condannate a morte, e in tutti i casi tranne 1 il comportamento sbagliato della pubblica accusa ha avuto un ruolo chiave”.