24 Aprile 2015 :
La Akorn ha chiesto anche all’Arizona e al Kentucky di restituire le dosi di Midazolam acquistate nel 2014. Il 6 marzo 2015 (vedi) la Akorn Pharmaceuticals, che produce il Midazolam, aveva rilasciato una dichiarazione nella quale si annunciavano provvedimenti per bloccare la vendita dei propri prodotti alle amministrazioni penitenziarie che intendessero usarli per le esecuzioni. “I dipendenti della Akorn sono impegnati a migliorare la salute e il benessere delle persone. Essendo interessati a promuovere questi valori, Akorn è molto contraria al fatto che i propri prodotti vengano utilizzati per compiere esecuzioni attraverso le iniezioni letali, o in altri modi”. Il 18 marzo si era appreso che l’Alabama aveva ricevuto una lettera dalla Akorn: “Se le vostre prigioni hanno acquistato direttamente o indirettamente prodotti della Akorn per utilizzarli nelle esecuzioni, vi chiediamo di restituirli immediatamente e sarete pienamente rimborsati”. Oggi si apprende che una lettera simile, datata 4 marzo, era stata inviata anche al Kentucky a all’Arizona. Una portavoce dell’Amministrazione Penitenziaria dell’Alabama sollecitata dell’Huffington Post non ha voluto confermare se quello stato avesse mai acquistato farmaci letali dalla Akorn, e quindi non ha nemmeno confermato di averli mai restituiti. Oggi né la Akorn né l’Amministrazione Penitenziaria dell’Arizona hanno voluto commentare la notizia trapelata sulla stampa. Il professor Rick Halperin, direttore del Human Rights Program presso la Southern Methodist University in Texas, ritiene che difficilmente le amministrazioni penitenziarie restituiranno i farmaci, soprattutto perché le società farmaceutiche non hanno modo di obbligarle a farlo. “Mi meraviglierei se lo facessero”. Halperin ricorda che nel giro di una settimana la Corte Suprema degli Stati Uniti discuterà la possibilità di utilizzare il Midazolam nelle esecuzioni, dopo i ricorsi di alcuni condannati a morte che hanno ricordato che in diverse esecuzioni si sono verificati vistosi inconvenienti. Secondo il professor Halperin, uno dei più noti attivisti contro la pena di morte negli Stati Uniti, queste notizie vengono fatte trapelare dalle ditte farmaceutiche poco prima della decisione della Corte Suprema per farsi “buone pubblicità”, quando invece avrebbero potuto agire molto prima e in maniera molto più incisiva se davvero avessero mai avuto un movente morale.