04 Luglio 2015 :
Due editoriali analizzano la recente sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti e ipotizzano che l’abolizione della pena di morte potrebbe essere vicina. Come è noto, il 29 giugno la Corte Suprema degli Stati Uniti ha respinto con un solo voto di scarto un ricorso di alcuni condannati a morte che contestavano l’uso del Midazolam nel protocollo di esecuzione (Glossip v. Gross). Hanno votato contro il ricorso 5 giudici costituzionali, a favore 4.Gli editoriali, comparsi su due importanti testate, Slate e The Nation, individuano nel giudice Anthony Kennedy il “quinto giudice” che potrebbe far pendere, in un prossimo futuro, la bilancia a favore dell’abolizione. 2 gli “indizi”. Se è vero che Kennedy, 78 anni, bianco, cattolico, nominato nel 1988 dal Presidente Reagan, in questa votazione è stato dalla parte dei giudici più notoriamente e decisamente a favore della pena di morte (Alito, Scalia, Roberts e Thomas) è anche vero che solo 3 giorni prima aveva votato a favore dei matrimoni gay, con una motivazione importante. Kennedy infatti ha sostenuto che la Costituzione, scritta nel 1787 non va applicata come se il tempo si fosse fermato, ma va interpretata tenendo presenti i cambiamenti della società e del costume. Negli editoriali si nota che se questo principio venisse applicato alla pena di morte, la Corte Suprema dovrebbe prendere atto, o almeno dovrebbe farlo il giudice Kennedy, che ormai la pena di morte viene applicata in un numero di stati che non supera la dozzina. Negli altri stati, o è stata abolita, oppure da molti anni non vengono messe in calendario esecuzioni. Inoltre sempre più sondaggi mostrano che la maggioranza dei cittadini ormai preferiscono che le persone condannate per omicidio di primo grado scontino l’ergastolo senza condizionale. Il secondo “indizio”, secondo gli editorialisti, va visto nel fatto che all'interno della motivazione, i giudici favorevoli alla pena di morte avevano inserito, come dicono negli editoriali, “parole di fuoco” contro i due colleghi, Breyer and Ginsburg, che oltre a votare contro avevano messo per iscritto che secondo loro non era solo l’iniezione letale a dover essere messa in discussione, ma l’impianto stesso della pena di morte. Gli editoriali notano che Kennedy non ha sottoscritto la parte di motivazione che conteneva le “parole di fuoco” contro i giudici “abolizionisti”. Aggiungono poi gli editorialisti che nell'ultimo periodo in alcune occasioni il giudice Kennedy ha preso “a voce” posizioni contro certi eccessi del regime carcerario, come l’uso troppo prolungato del regime di isolamento. Per questi motivi, concludono gli editoriali, se in un futuro prossimo qualcuno riuscisse a portare davanti alla Corte Suprema il tema “in se” della pena di morte, probabilmente si riuscirebbero a trovare i 5 voti sufficienti a dichiararla incostituzionale.