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CIAO BEPPE, AMICO E COMPAGNO DEL SOGNO RADICALE

26 settembre 2025:

E’ morto il Prof. Giuseppe Di Federico. Per Pannella e i radicali, una risorsa inestimabile. Falcone lo incaricò di monitorare il nuovo codice di procedura penale.

Rita Bernardini su l’Unità del 25 settembre 2025

Ogni anno e per oltre 30 anni, puntuale come un orologio svizzero, il Prof. Giuseppe Di Federico, varcava la soglia della sede di via di Torre Argentina a Roma e mi veniva a cercare per consegnarmi l’assegno (davvero sostanzioso) per l’iscrizione a tutti i soggetti dell’area Radicale. Compilava e firmava l’assegno davanti a me in modo solenne. Era amico di Marco Pannella; insieme condividevano l’abruzzesità e, quando s’incontravano facevano lunghe chiacchierate in dialetto ognuno per testare nell’altro quanto dell’origine culturale territoriale resistesse al tempo della vita che continuava a scorrere inesorabile. Presumo molto, considerato che dei loro discorsi riuscivo a capire ben poco, sembrava litigassero ma il tutto era smentito dalle loro ampie risate. Da una parte il mulo abruzzese e dall’altra l’orso marsicano o il lupo appenninico? Ambedue amavano i riferimenti animaleschi vestendo a seconda delle situazioni il pelo, i pregi e i vizi dell’uno o dell’altro animale.
Nello sterminato archivio di Radio Radicale (giacimento politico culturale di valore inestimabile, come amava definirlo Pannella) troviamo oltre cinquecento interventi di Giuseppe Di Federico nelle più diversificate sedi: convegni, congressi (soprattutto radicali e dell’@UCPI - Unione Camere Penali Italiane), Consiglio Superiore della Magistratura (di cui è stato membro a lungo), commissioni ministeriali… Il primo suo intervento che troviamo in archivio in ordine di tempo risale al 31 ottobre 1985 in occasione del XXXI Congresso del Partito Radicale a Firenze. Eravamo nel pieno dell’incredibile vicenda giudiziaria di Enzo Tortora e a Pannella non era sicuramente sfuggito quel formidabile intervento nel corso del quale il professore ordinario di Ordinamento Giudiziario disegnava con singolare efficacia il quadro delle “riforme” necessarie all’Italia per rendere efficiente, giusta e soprattutto “democratica” l’amministrazione della Giustizia. Forte dell’esperienza maturata negli Stati Uniti (fine anni ‘50, inizio anni ’60) fu il primo in Italia ad occuparsi dell’uso delle apparecchiature elettroniche negli uffici giudiziari a fini organizzativi. Metteva però in guardia i radicali che giustamente chiedevano l’innalzamento del budget di bilancio destinato alla giustizia: attenti che l’apparato burocratico rischia di passare con molta facilità dalla “banca dei dati” alla “banda dei dati”. Giuseppe Di Federico voleva il Ministero della Giustizia indipendente dalla magistratura e su questo ha condotto fino agli ultimi suoi giorni battaglie epiche contro i “fuori ruolo” e voleva che la magistratura fosse sottoposta ad un controllo di qualità. Soprattutto non sopportava il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale, sosteneva che si trattava di un errore madornale dei padri costituenti, errore che finiva con il conferire a dipendenti dello Stato (che avevano solo vinto un concorso) un potere enorme: quello di scegliere quali processi celebrare e quali far cadere in prescrizione; con la “politica” che se ne lavava le mani fino ad essere colpita a morte.
Per Pannella e per i radicali “Beppe” è stata una risorsa inestimabile. Non solo veniva interpellato quando si dovevano stilare i quesiti referendari, ma anche quando si dovevano redigere documenti parlamentari capaci di offrire ampie prospettive di riforma; insieme a Giuseppe Rossodivita - nel 2009 Di Federico contribuì a preparare il testo di una risoluzione depositata e discussa dalla delegazione radicale all’interno del PD. Una risoluzione di integrale e sistematica riforma della Giustizia che dall’opposizione riuscimmo a far approvare con il consenso pieno di Silvio Berlusconi, il quale però non riuscì -io credo per l’opposizione interna nel centro-destra- a portarla a termine nel conseguente articolato di leggi.
Per me il Prof. Di Federico è stato un amico con il quale ho avuto la fortuna di condividere il sogno politico radicale e pannelliano; adoravo ascoltarlo, stavamo al telefono per delle ore. Mi divertiva quando mi raccontava i retroscena di quel che accadeva al CSM e quando mi induceva a riflettere parlando dei suoi rapporti con Francesco Cossiga, Claudio Martelli e Giovanni Falcone. Quest’ultimo, prima di essere brutalmente assassinato, lo incaricò di monitorare l’applicazione del nuovo codice di procedura penale nei diversi uffici giudiziari. Rispondevo sempre sì a qualsiasi richiesta mi facesse Beppe per reperire, soprattutto negli ultimi tempi, documentazione parlamentare e rassegne stampa riguardanti il tema della Giustizia. Da parte sua lui mi ha sostenuta con entusiasmo affinché io potessi essere nominata Garante delle persone detenute sia nel suo Abruzzo, sia a livello nazionale. Ciò che più mi ha consolato (in un momento di grande tristezza) è stato quando valorizzò dal punto di vista politico civile e umano le mie disobbedienze civili per la legalizzazione della cannabis, iniziative che mi avevano accomunato al suo grande amico Marco.
Ciao Beppe, in questo momento così mesto per la tua dipartita, sono però felice che tu sia, e per me rimanga, Presidente d’Onore di Nessuno tocchi Caino.

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