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KENYA: ERGASTOLO COMMUTATO IN 22 ANNI DI CARCERE

24 settembre 2025:

L'Alta Corte di Eldoret, in Kenya, il 16 settembre 2025 ha ridotto a 22 anni di carcere l’ergastolo di un uomo riconosciuto colpevole di omicidio.
In precedenza, la condanna a morte obbligatoria di John Ebenyo - che ha trascorso più di un decennio nel braccio della morte - era stata commutata in ergastolo sulla base di una decisione dell’Esecutivo.
La condanna a 22 anni di reclusione è stata ora stabilita dal giudice Reuben Nyakundi, a seguito di una richiesta di revisione della pena presentata ai sensi delle linee guida Muruatetu della Corte Suprema, che ha aperto una finestra di tempo per i condannati a morte per far riconsiderare le circostanze nei propri casi.
Secondo i documenti del tribunale, gli eventi che hanno portato alla condanna di Ebenyo risalgono alla notte del 7 gennaio 2005, in una tenuta di Eldoret.
All'epoca, era uno studente trentenne appena sposato.
Quella sera, scoppiò una lite tra lui e la moglie.
La moglie si rifugiò a casa della vittima, che era intervenuta per dividere la coppia durante la lite.
"Ho pugnalato al collo la vittima, che è morta per le ferite riportate. Ammetto di aver causato grave dolore e perdita alla vittima e alla sua famiglia", si legge nei documenti del tribunale.
Ebenyo è stato accusato di omicidio in violazione dell'articolo 203, così come dell'articolo 204 del Codice Penale.
Nel 2009, dopo un processo davanti all'allora giudice dell'Alta Corte M. K. Ibrahim, è stato condannato alla pena di morte, all'epoca la pena prevista per l'omicidio.
Il giudice ha osservato che, anche se l'accusa fosse stata ridotta a omicidio colposo, l'aggressione brutale e immotivata avrebbe comunque comportato la pena massima.
Ebenyo ha presentato ricorso contro il giudizio di colpevolezza e la sentenza entro il termine stabilito, tuttavia, come ha dichiarato all'Alta Corte nella sua successiva istanza, non ha mai ricevuto alcuna comunicazione dalla Corte d'Appello.
Quando la Corte Suprema, nel dicembre 2017, dichiarò incostituzionale la pena di morte obbligatoria nel caso Francis Karioko Muruatetu & another contro la Repubblica, aprendo la strada a una nuova sentenza, Ebenyo si è rivolto all'Alta Corte per ottenere una pena più breve.
Nel corso degli anni, ha presentato diverse istanze per ottenere l'autorizzazione a presentare ricorso.
Il giudice Nyakundi ha riunito tutte queste questioni in un'unica petizione per facilitare la gestione del caso.
Ebenyo ha ammesso di aver causato la morte e ha espresso profondo rimorso, chiedendo perdono.
"Sono profondamente pentito e il mio cuore sanguina per tutte le lacrime e la perdita materiale subita dalla vittima. Spero che questa Onorevole Corte, lo Stato e la famiglia della vittima trovino opportuno perdonarmi. Perdono anch'io con tutto il cuore tutte le parti coinvolte", ha dichiarato.
Ha sottolineato di non avere precedenti penali, di aver trascorso più di 15 anni dietro le sbarre senza violare le regole carcerarie e di aver utilizzato il periodo di detenzione per seguire un corso di falegnameria.
Ha chiesto al tribunale di considerare la sua giovane età al momento del crimine, la sua riabilitazione e il lungo periodo già scontato, e di stabilire una pena "appropriata" al posto della condanna a morte.
La Corte Suprema aveva chiesto ai giudici – nell’emettere una nuova sentenza - di prendere in considerazione: età del reo, assenza di precedenti, pentimento, possibilità di riforma e reinserimento sociale e circostanze del reato.
La pubblica accusa si è opposta alla richiesta sulla base della gravità del reato e del fatto che una persona innocente è stata uccisa mentre cercava di mediare una lite domestica, sottolineando inoltre la natura non provocata dell'aggressione.
Il giudice Nyakundi ha citato autorevoli fonti dei Caraibi e del Sudafrica sulla necessità di proporzionalità nella condanna, sulla dottrina secondo cui la pena dovrebbe essere commisurata non solo al reato ma anche all'autore del reato, e sul requisito costituzionale di considerare le circostanze individuali prima di imporre la pena definitiva.
Nella sua sentenza, il giudice ha ripercorso la storia del caso, osservando che il ricorrente era rimasto in custodia cautelare per tutta la durata del processo e ha già scontato un periodo significativo di detenzione.
Ha sottolineato le disposizioni dell'articolo 333(2) del Codice di Procedura Penale, che obbliga i tribunali a computare il tempo trascorso in custodia cautelare nell'irrogazione di una pena, e ha citato decisioni in cui la mancata osservanza di tale obbligo aveva portato le corti d'appello a ridurre le pene al periodo già scontato.
Ha inoltre fatto riferimento agli strumenti internazionali sui diritti umani e agli standard delle Nazioni Unite sulla custodia cautelare e sulle misure non detentive, sottolineando che anche il più vile trasgressore conserva la dignità umana ai sensi dell'articolo 28 della Costituzione.
Bilanciando le aggravanti del reato con le attenuanti presentate da Ebenyo, il giudice Nyakundi ha ritenuto che la pena di morte, già commutata in ergastolo per decisione dell’Esecutivo, debba essere sostituita da una pena detentiva definita.
"Alla luce di tutte le decisioni a partire dal caso Muruatetu, è opportuno rivedere la condanna a morte, che è stata commutata dall'Esecutivo in ergastolo, e ridurla a 22 anni di reclusione", ha osservato.
Ha ordinato che i quattro anni e quattro mesi trascorsi in custodia cautelare siano detratti dalla pena di 22 anni.
Ha infine ordinato all'ufficiale responsabile del carcere di Naivasha di applicare la norma sulla remissione e di "liberare il ricorrente nell'ambito della legge che disciplina tali pene".

(Fonte: The Star, 20/09/2025)

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