ORA CHE TUTTI VEDETE LE CARCERI C’È BISOGNO DI FARE QUALCOSA
28 luglio 2024: Sarah Brizzolara* su L’Unità del 27 luglio 2024 Quello che sta succedendo nelle carceri italiane inizia forse a colpire al cuore anche persone che fino ad oggi del carcere non si erano occupate. Quando ho iniziato, da consigliera comunale, a visitare il carcere della mia Città, a Monza, sono rimasta colpita dalla differenza tra quanto, pur di negativo e drammatico potevo immaginare, e quel che davvero ho visto con i miei occhi. È solo grazie alla non conoscenza del carcere che è possibile mantenere in una società come la nostra un luogo di abbandono e di sofferenza come questo. Nella mia città, come in molte altre, la maggior parte delle persone nemmeno sa che c’è un carcere o dove si trova, nascosto come è in un angolo invisibile di territorio. Un non luogo. Dove i “cattivi” vengono puniti. Ma chi si mette a cercarlo, chi varca la soglia trova tanti disperati, persone abbandonate che non hanno avuto opportunità dalla vita, avvolte in un circolo di negatività e di sofferenza, persone con problemi psicologici, psichiatrici e tossicodipendenze, clandestini abbandonati al loro destino. La conta dei suicidi da inizio anno si fa ogni giorno più pesante e quando tocca anche al carcere della tua città questo ti scatena un sentimento di rabbia e di impotenza. La sensazione di non essere riusciti a fare abbastanza, nonostante l’impegno di chi ci lavora, che a volte decide a sua volta di togliersi la vita, nonostante le tante associazioni di volontariato. Eppure sarebbe veramente possibile gestire tutto questo sistema diversamente. Dare lavoro alla maggior parte di queste persone, che sarebbero nella condizione di farlo secondo la normativa vigente, eppure solo 221 detenuti su 700 a Monza lavora, e solo per pochissime ore l’anno. Non portare in carcere chi, secondo la legge, non ci dovrebbe stare. Facendo uscire anticipatamente chi ancora, secondo la legge, sarebbe nelle condizioni di farlo e applicare alla maggior parte di queste persone le pene alternative che sono previste. Così da non avere 700 persone in uno spazio fatiscente progettato per 400. Perché, innanzitutto, se lo si conosce, il carcere è un luogo di illegalità, non solo di chi viene detenuto ma innanzitutto dello Stato che non riesce o non vuole applicare le regole che si è dato. Del progetto di reinserimento sociale di cui parla la nostra Costituzione si vedono forse pochissime tracce, il resto è attesa. Un luogo dal tempo immobile. Dove la solitudine e la sensazione di disperazione prendono il sopravvento e questo spiega il perché di certe scelte tragiche, perché in troppi hanno ritenuto che quello fosse l’unico modo di uscirne. Morte per pena e pena fino alla morte, nel Paese che tra i primi ha abolito la pena di morte e ne ha promosso l’abolizione nel Mondo. In questa lunga notte del diritto e della ragione noi dobbiamo accendere una luce e lavorare per qualcosa di meglio dell’attuale sistema carcerario. In questi anni abbiamo provato a discutere di carcere nel territorio, a coinvolgere Sindaci e amministrazioni a che di parti politiche diverse, abbiamo raccolto disponibilità e attenzione anche dal mondo delle imprese. Stiamo lavorando perché si attivi il Garante dei detenuti a livello comunale e provinciale. Perché siamo convinti che molto si possa fare per la riduzione del danno. Per trasformare tutto il carcere nell’esempio dato dall’ex reparto femminile ad esempio, dove gli spazi per persona sono rispettati, dagli orti e dai laboratori che non riescono però a coinvolgere abbastanza persone per la carenza di personale e il sovraffollamento, dalla palestra o dal teatro che però non sono più utilizzabili. Soprattutto abbiamo cercato di raccontare le storie di chi si conosce nel carcere. Perché sono storie che aprono gli occhi e fanno cambiare idea, distruggono i pregiudizi di chi è disposto a mettersi in discussione. Questo sistema non è necessario, non è sostenibile, non è inevitabile e si può e si deve cambiare. E quando l’intero Consiglio Comunale si è alzato in piedi, in silenzio, per quella persona che si è tolta la vita a pochi minuti da dove noi ci riuniamo ho sentito la forza di una speranza, la possibilità di essere speranza. Possiamo davvero realizzare insieme un cambiamento. E per farlo dobbiamo essere uniti e coinvolgere molte più persone nella comprensione di quel che davvero accade dietro quelle mura. A Opera ogni mese con alcuni di loro c’è la possibilità di percorrere un pezzo di cammino insieme verso la consapevolezza. A Monza, adesso, c’è la possibilità di fare passi avanti nella direzione della Giustizia. *consigliera comunale a Monza
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