COSI’ TRUMP HA NASCOSTO L’AGONIA DEI GIUSTIZIATI
6 marzo 2021: Valerio Fioravanti su Il Riformista del 5 marzo 2021
Come sappiamo, Trump, credendo che potesse servire per rivincere le elezioni, ha fatto compiere 13 esecuzioni durante gli ultimi 7 mesi del suo mandato. La sua scelta sembra confermare quello che gli abolizionisti sostengono da tempo: la linea dura sulla giustizia non serve a migliorare la sicurezza della comunità, serve ad alcuni politici per farsi pubblicità. Non sapremo mai se il calcolo di Trump sia stato giusto, nel senso che di voti ne ha presi tanti, 12 milioni in più rispetto a 4 anni prima, e quindi sì, è probabile che molti statunitensi abbiano apprezzato quella che la stampa USA ha definito “frenesia di morte”. Però Trump ha indotto anche molti “astenuti” a tornare alle urne per votargli contro. E infatti le elezioni, con 7 milioni di voti in più, le ha vinte Biden. È molto improbabile che il solo tema della pena di morte abbia davvero deciso le sorti delle elezioni, ma ora sappiamo che grazie alla netta contrapposizione che si è creata tra i due schieramenti, Biden, il vincitore, invece di temporeggiare come avevano fatto gli altri presidenti democratici, Obama e Clinton, agisca, e fermi la macchina della morte “di stato”. Nel frattempo i “cani da guardia” della stampa fanno il loro lavoro, e lo fanno bene. Associated Press ha messo a confronto i reportage dei giornalisti che (per legge) hanno assistito alle esecuzioni, con i rapporti “ufficiali” stilati dalle autorità penitenziarie, e ne ha ricavato un pezzo che è stato su molte prime pagine: il governo federale ha ripetutamente “ripulito” e “aggiustato” i resoconti delle esecuzioni. Là dove i giornalisti avevano segnalato “Rantoli, annaspamenti, movimenti inconsulti del ventre in controtempo a quelli del torace”, la versione ufficiale parlava di “prigionieri che hanno chiuso gli occhi, e dopo che si è registrato un rumore come di russare, si sono addormentati definitivamente”. La questione non è da poco. National Public Radio, un altro attentissimo cane da guardia, nel settembre 2020 aveva compilato uno studio su 200 autopsie di persone uccise con l’iniezione letale. I loro polmoni pesavano il doppio del normale perché erano pieni di liquido. “Mentre il peso medio del polmone umano è compreso tra 400 e 450 grammi, le autopsie dei detenuti ottenute da NPR hanno mostrato pesi polmonari medi di 800 grammi. Alcuni hanno superato i 1.000 grammi ciascuno." La diagnosi di “edema polmonare fulminante” era già emersa sporadicamente negli anni precedenti, facendo capire che i condannati in realtà morivano per una sorta di “autoannegamento”, e solo le forti dosi di anestetici loro somministrate impedivano ai loro volti di mostrare i segni della prolungata agonia. NPR ha messo i dati nero su bianco, ha intervistato esperti indipendenti di indiscutibile prestigio, che concordemente hanno dichiarato che quel tipo di edema provoca "una sensazione di annegamento, di soffocamento, di panico, di destino tragico imminente. Perfettamente sovrapponibile agli “interrogatori potenziati” come il waterboarding. Questi sono tra i sentimenti più strazianti conosciuti dall'uomo." La giudice federale di Washington Tanya Chutkan, che ha provato a fermare ripetutamente le esecuzioni salvo essere continuamente sconfessata dalla Corte d’Appello e dalla Corte Suprema, ha osservato che se avesse avuto questi dati prima, avrebbe potuto motivare meglio le sue sentenze, e per i membri della Corte Suprema nominati da Trump sarebbe stato più difficile cassarle. Contemporaneamente Pro Publica, altro cane da guardia, otteneva dati parziali ma sufficienti a dichiarare che l’idea di concentrare persone per le esecuzioni durante la pandemia aveva causato almeno 300 contagi tra i detenuti del penitenziario federale, e un numero alto, seppure imprecisato per la mancata collaborazione dell’Amministrazione, di contagiati tra gli agenti. E anche un cappellano, e almeno 2 avvocati. Infine la American Civil Liberties Union ha costretto l’Amministrazione a fornire alcuni dati “economici” da cui si ricava che solo per superare la resistenza degli agenti che non volevano compiere così tante esecuzioni ne sono stati fatti arrivare a centinaia da altre carceri, per un costo stimato di poco meno di un milione di dollari per ogni esecuzione, tra spese di viaggio, di alloggio in albergo, di diaria, di straordinari, di indennità di missione e di “premio di produzione”. Come dicevamo all’inizio, c’è di buono che da tanto disastro probabilmente ne scaturirà, per reazione, l’abolizione della pena di morte federale.
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