USA - Ancora sulle confessioni ottenute con la tortura
20 settembre 2021: Ancora sulle confessioni ottenute con la tortura. Una commissione d'appello del Pentagono ha annullato la sentenza del 18 maggio di quest’anni con cui il giudice militare colonnello Lanny J. Acosta aveva disposto che le dichiarazioni estorte agli imputati sotto tortura potevano essere utilizzate in alcune delle fasi preliminari del processo. La decisione di oggi annulla la sentenza, ma non in maniera tassativa, bensì sostenendo che la questione debba essere ulteriormente approfondita. "La questione dell'ammissibilità di tali prove non è matura o pronta per il controllo giurisdizionale", ha stabilito la Court of Military Commission Review in una decisione di sei pagine che essenzialmente ha rinviato a data da destinarsi la questione generale se i pubblici ministeri possano in alcuni casi utilizzare le prove ottenute attraverso la tortura di un prigioniero. Gli avvocati hanno presentato ricorso per conto di Abd al-Rahim al-Nashiri, il saudita accusato di aver pianificato l'attentato di Al Qaeda al cacciatorpediniere Cole al largo dello Yemen nel 2000, che ha ucciso 17 marinai statunitensi. Nashiri è stato sottoposto a waterboarding da personale della Cia (che il New York Times definisce “psicologi”, ndt), e il suo processo è da un decennio impantanato nelle fasi preliminari, così come sono fermi alle fasi preliminari anche i processi per gli attentati dell'11 settembre 2001. Come è noto, gli Stati Uniti hanno deciso di far effettuare questi processi da corti militari ospitate nella base della Marina a Guantanamo Bay, a Cuba, una piccola parte dell’isola caraibica che gli Stati Uniti ottennero in concessione nel 1903 dopo che Cuba aveva ottenuto l’indipendenza dalla Spagna grazie all’aiuto militare USA. La scelta dei tribunali militari e soprattutto della sede extraterritoriale è stata fatta in parte per motivi di sicurezza (evitare attacchi del terrorismo islamico a strutture di detezione o tribunali sul suolo degli Stati Uniti), ma anche per mantenere una certa riservatezza sul processo, visto che tutti gli imputati sono stati arrestati, interrogati ed estradati seguendo procedure molto controverse. Preoccupazione del governo è non dover rivelare alla corte o agli avvocati difensori i nomi dei funzionari che hanno lavorato ai casi, che hanno compiuto gli arresti, gli interrogatori “under duress” (sotto tortura) e gli accordi con i servizi segreti e i governi di altre nazioni per ottenere informazioni. Tra gli argomenti spinosi ci sono sicuramente gli interrogatori “irrituali” compiuti dalla Cia. Argomento che ha una sua centralità anche perché, in realtà, prove vere e proprie contro gli imputati non ce ne sono, se non dichiarazioni di “informatori”. Paradossalmente, gli unici elementi concreti contro gli imputati sono le loro confessioni, spesso solo parziali, ottenute sotto tortura. Come NtC aveva già segnalato, l’Amministrazione Biden aveva fatto trapelare di essere contraria al riconoscimento della validità delle confessioni sotto tortura. Tale “riconoscimento” creerebbe infatti un “precedente” giuridico che potrebbe in qualsiasi momento rivoltarsi contro lo stesso governo statunitense se mai un suo diplomatico, funzionario o militare venisse rapito all’estero e sottoposto a tortura. La commissione d'appello del Pentagono ha emesso la sentenza lunedì, alla vigilia della ripresa delle udienze preliminari nel caso Nashiri, sospese dal gennaio 2020 a causa della pandemia di coronavirus. Una commissione militare a Guantanamo è essenzialmente un tribunale di pendolari, con tutti coloro che prendono parte al procedimento, tranne il prigioniero, che arrivano su un volo charter dall'area di Washington DC. Il caso in questione nasce dalla decisione dei pubblici ministeri di includere in una delle istanze “classificate” da presentare alla Corte alcune dichiarazioni di Nashiri fatte durante un interrogatorio particolarmente brutale nel 2002. Durante le fasi preliminari i difensori di Nashiri stavano cercando informazioni su un attacco di droni in Siria nel 2015 che ha ucciso Mohsen al-Fadhli, un'altra figura di Qaeda. I difensori ritengono che gli Stati Uniti abbiano già ucciso gli organizzatori dell'attacco al cacciatorpediniere Cole che erano più anziani e con responsabilità maggiori di Nashiri. Per contrastare questa linea di difesa (e di indagine) i pubblici ministeri hanno chiesto di allegare agli atti un cablogramma segreto secondo cui, durante un interrogatorio della CIA. condotto in una prigione segreta in Afghanistan, Nashiri avrebbe “confessato che Fadhli non era coinvolto nell’attentato. Gli avvocati della difesa hanno chiesto al giudice di respingere il deposito dell’atto, affermando che è vietato presentare prove derivate da tortura. Il giudice, il colonnello Lanny J. Acosta, ha invece accettato il cablogramma, sostenendo che prove del genere non possono essere presentate davanti a una giuria, ma se ne può fare un uso “molto ristretto” su questioni che sono di pertinenza di un giudice piuttosto che di una giuria. La sentenza ha sollevato polemiche. David Luban, professore di diritto alla Georgetown University, ha affermato di considerarla preoccupante perché "le prove ottenute sotto tortura si insinuano passando dalla porta sul retro". Gli avvocati di Nashiri, civili e militari, hanno accusato il giudice militare di "cecità morale". La sentenza ha anche attirato l'attenzione degli avvocati dell'amministrazione Biden, che non erano contenti della decisione del procuratore capo per i crimini di guerra, il generale Mark S. Martins, di citare una dichiarazione ottenuta attraverso la tortura. Contrariato dalla polemica con i suoi superiori gerarchici all’interno dell’amministrazione Biden, Martins il 30 settembre andrà in pensione anticipata, 15 mesi prima del previsto. Dopo aver annunciato il proprio pre-pensionamento, il generale Martins, ancora formalmente in carica, ha chiesto al colonnello Acosta, a nome della pubblica accusa, di cancellare dagli atti il cablogramma della CIA, senza però ritrattare la decisione che i giudici hanno l'autorità di valutare le informazioni raccolte sotto tortura. Il colonnello Acosta, con la già citata sentenza del 18 maggio, ha accolto questa richiesta. Nella decisione di lunedì che annulla la sentenza del colonnello Acosta, il comitato di revisione della commissione militare ha affermato che "il ritiro delle frasi incriminate rende la questione fine a sé stessa", evitando di affrontare il tema principale. I difensori di Nashiri si sono detti delusi dal fatto che il panel non sia andato oltre vietando completamente l'utilizzo di prove derivate da tortura nelle controversie preliminari. Avevano cercato una decisione più ampia che trovasse viziato il ragionamento del colonnello Acosta, e ordinasse di rivedere i documenti già depositati per verificare l’eventuale esistenza di altre prove del genere. L'avvocato militare di Nashiri, il capitano Brian L. Mizer, ha detto lunedì che la sua squadra stava valutando un ricorso alla Corte Federale. I processi di Guantanamo sono supervisionati dalla Corte federale di Washington DC.
https://www.nytimes.com/2021/09/20/us/politics/torture-terror-guantanamo-bay.html (Fonti: New York Times, 20/09/2021)
|