ACCANIMENTO DEI KENNEDY CONTRO IL KILLER DI BOB: 53 ANNI DI CARCERE SONO POCHI…
4 settembre 2021: In Italia usiamo il termine “doppiopesismo” per definire quelle persone che un principio teorico lo applicano in senso favorevole per gli amici e sfavorevole per i nemici. Le recenti cronache statunitensi ci confermano che questa forma di pensiero, il “double standard”, è più diffusa di quanto sembri. Potremmo dire che “capita nelle migliori famiglie”. Sirhan Sirhan, l’uomo che nel 1968 aveva assassinato Bob Kennedy, ha avuto un primo parere favorevole alla libertà condizionale. I media italiani hanno tutti semplificato, sostenendo che la “libertà sulla parola” gli era stata concessa. In realtà l’uomo, arrestato a 24 anni, ora che ha 77 anni, dopo un’udienza in videoconferenza, ha ottenuto “solo” un parere di “ammissibilità”. Questo è il termine che useremmo in Italia, e sta a significare che in suo favore si sono pronunciati i due membri di una commissione “specializzata in ergastolani” che ha l’incarico di stabilire, tenendo una cosiddetta “Lifer Hearing”, se un detenuto ha i requisiti necessari perché il suo caso venga discusso. Entro 90 giorni Sirhan affronterà il Board of Parole. Se anche il secondo esame sarà positivo, la “raccomandazione di clemenza” verrà inviata al Governatore, il quale entro 30 giorni potrà accettarla, modificarla, oppure respingerla. “Clemenza” è il termine generico che negli Stati Uniti comprende qualsiasi forma di riduzione della pena. La “clemenza” viene “raccomandata” da quello che in Italia chiameremmo “tribunale di sorveglianza”, ma poi sta all’autorità politica, che negli Usa ha esplicitamente il controllo sulla magistratura, confermarla. Sirhan, Palestinese nato a Gerusalemme, di nazionalità giordana, cristiano, nella notte tra il 5 e il 6 giugno 1968, a Los Angeles, sparò a Bob Kennedy. Kennedy Junior, bianco, importante esponente del Partito Democratico, cattolico, fratello minore di JFK assassinato a Dallas nel 1963, padre di 13 figli, aveva 42 anni. Morì in ospedale 24 ore dopo. Venne condannato a morte nell’aprile 1969. Nel 1972, dopo che la legge capitale della California era stata dichiarata incostituzionale, e prima che una modifica legislativa la rendesse nuovamente “costituzionale”, Sirhan ebbe la pena commutata in ergastolo. Secondo le leggi in vigore all’epoca, un ergastolano può chiedere “clemenza” dopo aver scontato 25 anni. Sirhan ha presentato la richiesta 15 volte, ed è sempre stata respinta. Quest’anno, anche grazie a una innovativa presa di posizione del procuratore distrettuale della Contea di Los Angeles, George Gascon, la sua richiesta ha superato il 1° esame. Gascon, Democratico, fervente ammiratore dei Kennedy, che in passato è stato anche vicecapo della polizia di Los Angeles, la città dove Sirhan ha ucciso Kennedy, ritiene che il compito del pubblico accusatore termini con il processo, e che la Procura non debba interferire con chi è chiamato a valutare l’eventuale percorso rieducativo di un condannato. Per questo motivo, a differenza degli scorsi anni, la Pubblica Accusa non si è opposta alla richiesta di condizionale di Sirhan. Se non si è opposta la Procura, a favore di Sirhan si sono espressi 2 degli 8 figli viventi della vittima, Robert e Douglas Kennedy, e anche Paul Schrade, un sindacalista amico di Kennedy che venne ferito gravemente, seppure involontariamente, da Sirhan. Nei giorni scorsi, dopo che la stampa aveva diffuso la notizia dell’esito positivo della prima udienza di Sirhan, gli altri 6 figli (Joseph, Courtney, Kerry, Christopher, Maxwell e Rory Kennedy) hanno espresso il loro disappunto, invitando il governatore della California, Gavin Newsom, a non ratificare il provvedimento. Cattolici e progressisti quanto si vuole, ma per Sirhan nessuna pietà. Che è poi la stessa cosa che è successa nell’agosto 2020 a Mark David Chapman, il giovane che, immedesimatosi nel “Giovane Holden” di Salinger, nel 1980 aveva sparato a John Lennon. La cui canzone più famosa, Imagine, viene ancora oggi considerata “Un inno alla fratellanza, all’amore universale, alla pace”. E la seconda canzone più famosa, “Give Peace a Chance”, cantata assieme a Yoko Ono, è considerato l’inno mondiale del pacifismo, e invita, appunto, a dare una chance alla pace. Bisogna dare una chance alla pace, ma a Chapman no, dice la signora Ono, che pure, artista molto “liberal”, vive dei diritti d’autore di quelle due canzoni. Come dire, predicare la pace va bene, purché il concetto rimanga astratto. Perché se poi si passa alle persone in carne e ossa, allora la vendetta è molto meglio.
|