SUDAN: LIBERATA LA DONNA CHE ERA STATA CONDANNATA ALLA LAPIDAZIONE
3 luglio 2012: la Corte Penale Generale di Ombada, nella capitale sudanese Khartoum, ha ritirato le accuse nei confronti di Intisar Sharif Abdallah, attivista e madre di tre figli, che era stata condannata alla lapidazione per adulterio ai sensi dell'articolo 146 del codice penale sudanese.
E’ stata liberata dalla prigione dal momento che la Corte non ha trovato elementi validi per processarla.
Intisar era stata accusata di avere una relazione, dalla quale è scaturita una gravidanza, con un uomo che non era suo marito. Inizialmente la donna ha negato le accuse, ma si dichiarò colpevole di adulterio dopo essere stata picchiata e torturata da suo fratello, che ha istigato le accuse.
Il 13 maggio ha ricevuto la condanna alla lapidazione sulla base della sua confessione estorta.
In aula, ad Intisar è stato negato il diritto ad un avvocato.
Inoltre, non è stato fornito un interprete per tradurre il procedimento giudiziario condotto in arabo, che non è la sua lingua madre. E’ stata detenuta insieme al figlio di quattro mesi nel carcere femminile di Omdurman. Il suo co-imputato ha negato le accuse e non è mai stato perseguito.
Il Sudan è uno dei sette Paesi rimasti che devono ancora firmare e ratificare la Convenzione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW).
La stragrande maggioranza dei processi per adulterio e condanne alla lapidazione in Sudan sono a carico di donne.
Secondo gli attivisti per i diritti umani, il governo sudanese deve riformare il codice penale e allinearlo agli standard internazionali sui diritti umani. Ciò significa porre fine alla criminalizzazione di relazioni sessuali consensuali tra adulti e vietare la lapidazione come sanzione per qualsiasi reato. (Fonti: nobelwomensinitiative.org e 04/07/2012)
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