AFGHANISTAN. FONTE GOVERNO, SAYED NON SARA' MESSO A MORTE
6 febbraio 2008: ''Non temo per la vita di Sayed Pervez. Per evitare la sentenza, sono sicuro che il sistema della giustizia afghana trovera' la strada migliore”, ha dichiarato Najib Manalai, alto funzionario del Ministero della Cultura afgano, in relazione alla vicenda del giovane giornalista condannato a morte per blasfemia.
Manalai ha condannato l'operato di Sayed, ma ha detto che e' davvero improbabile che il giovane affronti il patibolo.
''(Sayed) e' indifendibile in ogni caso per quello che ha fatto. Ha provocato guai. Ha insultato il profeta dell'Islam. Questa e' una delle offese piu' grandi che potesse fare. Per la legge afghana e' un'offesa capitale e la legge islamica prevede la pena di morte”.
L'alto funzionario ha quindi aggiunto che ''c'e' un detto del Profeta secondo cui a volte e' meglio evitare l'applicazione di una pena perche' e' meglio avere un colpevole non punito che un innocente punito''.
''Un tribunale lo ha condannato, ma e' solo il primo grado di giudizio'', ha spiegato e ''noi abbiamo tre gradi di giudizio, non mi preoccupo per la sua vita'', ha concluso Manalai.
La costituzione afghana ha incorporato la Dichiarazione universale dei diritti umani, che garantisce liberta' di parola, e la sharia che proibisce critiche al profeta Maometto.
Ma Manalai ha insistito che la liberta' di parola puo' esistere anche in Afghanistan dentro i confini della legge islamica.
''Ogni paese ha i propri limiti alla liberta'. In Afghanistan le nostre limitazioni di liberta' di parola sono insite nella struttura della Sharia'', ha detto il responsabile ministeriale paragonando tali restrizioni alla legge europea nei confronti di chi nega l'Olocausto.
''Il popolo europeo ha il diritto di proteggere le proprie opinioni riguardo a idee che possono
essere pericolose per la propria civilta'. Noi abbiamo le stesse condizioni. Noi abbiamo la Sharia''. (Fonti: ANSA, The Indipendent, 06/02/2008)
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