LAGER E FUCILAZIONI IN COREA DEL NORD: UN REGIME FONDATO SUL TERRORE
17 settembre 2023: Sergio D’Elia su L’Unità del 17 settembre 2023
Il 6 settembre scorso il capo della Corea del Nord Kim Jong Un ha realizzato un altro suo piccolo sogno. Il capo misterioso del Paese più misterioso e impenetrabile al mondo, che si vede e non si vede, compare all’improvviso e poi sparisce di nuovo, ha esposto in pubblico il suo nuovo giocattolo atomico. Il “sottomarino tattico da attacco nucleare” era in fase di sviluppo da anni e, finalmente, il “grande uomo nato dal paradiso” lo ha varato in una cerimonia presso il cantiere navale di Sinpho. È già pronto all’uso, potrà effettuare “attacchi sia preventivi che di ritorsione” ed è destinato a contrastare le “flotte d’invasione” statunitensi e sudcoreane, ha affermato Kim in un discorso davanti ai suoi migliori marinai immobili come statue nelle loro impeccabili divise e in testa il cappello più largo di una padella. Ai suoi militari Kim dona belle divise e sottomarini carichi di armi nucleari pronte alla guerra. Ai suoi bravi sudditi vieta gli usi e i costumi dell’odiato Sud. Per i cattivi, il regime è ancora più duro. Il solo pensare, parlare, vestire sudcoreano comporta i lavori forzati, la pena di morte e la morte per fame. Qualche giorno prima della bella mostra dell’ultimo gioiello nucleare, una folla di 25.000 persone è stata radunata a forza all’aeroporto di Hyesan per assistere allo spettacolo del giorno: nove persone giustiziate dal plotone di esecuzione. Il loro crimine? Contrabbando di carne bovina. Le nove persone gestivano un giro illegale di compravendita di circa 2.100 mucche di proprietà del governo, le macellava e distribuiva la carne a mercati e aziende, incluso un ristorante nella capitale Pyongyang. Il piccolo aeroporto di Hyesan ha una sola pista circondata da dolci colline. Quel giorno c’erano abbastanza persone che hanno assistito alla scena della sparatoria da coprirle tutte. La folla è stata circondata dalla polizia, dai soldati e da altro personale di sicurezza e costretta a restare per tutta la durata dell’evento. Prima dell’esecuzione, i rappresentanti dell’esercito hanno allestito uno speciale tribunale militare. Nell’arco di un’ora, hanno rivelato i dettagli sul crimine di ogni persona. Erano coinvolti nel traffico bovino il capo della stazione di quarantena veterinaria della provincia di Ryanggang, un venditore presso l’ufficio di gestione commerciale provinciale, un funzionario agricolo, un direttore di un ristorante a Pyongyang e un giovane studente universitario che aveva fatto finta di non vedere mentre prestava servizio a un posto di blocco di sicurezza sulla strada per Pyongyang. Nel verdetto è stato scritto che “le mucche sono necessarie per arare i campi e coltivare, ma i colpevoli, macellandole, hanno ostacolato la produzione di grano del Paese e sconvolto la società”. In un paese afflitto da carenza alimentare cronica, il crimine era grave e imperdonabile. “Sono traditori della patria, non c’è posto dove seppellirli nel nostro paese, né in cielo né in terra, e nemmeno lo sterminio di tre generazioni basterebbe a sanare l’offesa”. Dopo di che, i sette uomini e le due donne, che avevano atteso alla farsa processuale legati a pali di legno, sono stati fucilati da un plotone militare di tiratori scelti dell’esercito. Ogni volta che c’è un’esecuzione pubblica, il regime di solito obbliga a partecipare allo spettacolo tutte le persone di sana e robusta costituzione presenti nell’area circostante. A Hyesan non è stato diverso: le fabbriche, le fattorie e i mercati sono stati chiusi e tutti coloro di età compresa tra 17 e 60 anni in grado di camminare hanno ricevuto l’ordine di presenziare. Non esistono statistiche ufficiali sulle esecuzioni in Corea del Nord. La pratica della pena di morte è coperta dal segreto di stato. Le poche fonti di informazione sono i nordcoreani che sono riusciti a fuggire al Sud e hanno raccontato che le fucilazioni hanno registrato una rinascita sotto il governo di Kim Jong Un, dopo una breve tregua negli anni 2000, quando il paese stava cercando di edulcorare la propria immagine internazionale negli ultimi anni del governo di suo padre Kim Jong Il. Tra un Kim e l’altro la differenza sembra stare in due articoli: l’indeterminativo Un per il giovane Kim, il determinativo Il per suo padre. Per il resto nessuna differenza nella continuità di una dittatura totalitaria di stampo stalinista che dura da quasi ottanta anni all’insegna del culto della personalità intorno alla dinastia Kim. Che Kim il giovane continui a essere, come è stato Kim il vecchio, una costante e seria minaccia alla pace e alla sicurezza mondiale è noto a tutti. Meno nota – e forse più seria – è la costante minaccia alla pace e alla sicurezza dei suoi stessi cittadini, il suo personale “equilibrio fondato sul terrore”: quello dei campi di concentramento e dei plotoni di esecuzione.
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