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49esima sessione del Consiglio per i Diritti Umani a Ginevra |
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IRAN - 49a sessione del Consiglio per i Diritti Umani a Ginevra
17 marzo 2022: Il rapporto di Javaid Rehman mette in evidenza le violazioni sistemiche dei diritti umani in Iran Giovedì 17 marzo, nell'ambito della 49a sessione del Consiglio per i Diritti Umani a Ginevra, Javaid Rehman, il Relatore Speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei Diritti Umani in Iran, ha presentato la sua relazione. Nel testo ha elencato numerosi casi di gravi violazioni dei diritti umani, ha sollecitato un'indagine indipendente sul massacro di prigionieri politici nel 1988 e sulla repressione dei moti di piazza del novembre 2019, e ha auspicato che cessi l'impunità sistemica. Presentando il suo ultimo rapporto (A/HRC/49/75) alla sessione annuale del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite sull'Iran, il relatore speciale Javaid Rehman, al punto 71, ha affermato: “Il Relatore speciale esorta la comunità internazionale a chiedere che le autorità iraniane chiariscano le responsabilità in merito a eventi emblematici di lunga data che sono stati accolti con persistente impunità, comprese le sparizioni forzate e le esecuzioni sommarie e arbitrarie del 1988 e le proteste del novembre 2019”. Dopo la presentazione del rapporto, diversi Stati membri delle Nazioni Unite hanno aderito all'appello su questo punto. Durante le sue osservazioni, Rehman ha dichiarato: “L'anno scorso, almeno 280 persone, tra cui non meno di 10 donne, sono state giustiziate in Iran. Oltre ai due minorenni giustiziati menzionati nel mio rapporto, anche una persona è stata giustiziata in segreto all'insaputa della sua famiglia”. "L'anno scorso abbiamo assistito a un aumento del numero di esecuzioni. Molti dei giustiziati provenivano da minoranze etniche, inclusi 40 baluchi, e più di 50 curdi. La pena di morte è ampiamente applicata, anche per coloro che prendono parte alle proteste. Le procedure giudiziarie non concedono l’accesso a un avvocato, e confessioni forzate vengono estorte sotto tortura. Rehman ha proseguito: “Il mio rapporto al Consiglio per i Diritti Umani menziona l'uso della forza letale contro le manifestazioni. Il motivo delle due proteste era la scarsità d'acqua e la carenza di mezzi di sussistenza. In entrambi i casi, l'Iran ha impedito l'accesso tempestivo e la condivisione delle informazioni interrompendo Internet. A febbraio, il parlamento iraniano ha approvato un disegno di legge sui servizi online, nonostante la forte opposizione della società civile. Il disegno di legge è un passo importante verso l'istituzione di un muro digitale in Iran che taglia effettivamente il paese fuori da Internet globale". Nel suo rapporto, Rahman ha anche sottolineato: “Altri esempi sono state le sparizioni forzate su larga scala e le esecuzioni sul campo di dissidenti politici nel 1981 e nel 1988, che fino ad oggi non sono state oggetto di alcuna indagine o audit. Crimini che sembrano essere la politica ufficiale del regime per cancellare questi eventi dalla memoria delle persone”. "La struttura governativa e la mancanza di un sistema di responsabilità in Iran hanno creato una cultura dell'impunità che perpetua cicli di violenza, poiché le violazioni dei diritti umani non hanno conseguenze per il governo o per gli autori", si legge ulteriormente nel rapporto. “Sembra esserci una politica statale per intimidire, perseguire o mettere a tacere coloro che chiedono responsabilità, giustizia e verità. Un chiaro esempio di ciò è l'incarcerazione di Maryam Akbari Monfared per aver cercato verità e giustizia per i suoi parenti, che sono stati prelevati con la forza, scomparsi, e giustiziati nel 1988". Rehman ha aggiunto: "Ci sono anche minacce e molestie nei confronti di persone che chiedono un contenzioso per la perdita dei loro familiari in seguito all'abbattimento dell'aereo ucraino. Oppure attacchi e arresti di familiari che chiedono giustizia e chiarimenti sul luogo in cui si trovano i loro figli che sono stati uccisi durante le proteste del novembre 2019 o che sono poi finiti in prigione”. Citando la violenta repressione delle proteste e delle rivolte popolari, il rapporto recita anche: Le proteste, oggi note come “la rivolta degli assetati” sono iniziate nella provincia del Khuzestan e successivamente si sono estese ad altre aree”. Testimonianze, foto e video mostrano l'uso diffuso della forza contro i manifestanti, molti dei quali appartengono alla minoranza araba. Le forze di sicurezza, le forze di contro-insurrezione e gli ufficiali in borghese hanno sparato con proiettili veri". Il relatore speciale delle Nazioni Unite ha invitato la comunità internazionale a ritenere il regime iraniano responsabile dei casi che implicano l'impunità permanente, comprese le sparizioni forzate, le esecuzioni arbitrarie sul campo nel 1988 e le uccisioni avvenute durante e dopo i disordini del novembre 2019. All’esterno dal quartier generale delle Nazioni Unite a Vienna, iraniani e sostenitori dell'organizzazione Mujahedin-e-Khalq avevano organizzato un raduno, mostrando immagini e rapporti di oltre 4 decenni di violazioni dei diritti umani in Iran. All'incontro ha partecipato anche il membro del parlamento svizzero Sylvain Thevoz, che ha sottolineato l'importanza di cercare giustizia per i crimini commessi in passato al fine di garantire l'impunità a coloro che cercheranno la libertà in futuro.
Javaid Rehman’s Report Highlights Systemic Human Rights Violations in Iran - NCRI (ncr-iran.org) (Fonte: ncr-iran.org)
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