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USA: GIUDICE FEDERALE VIETA ISOLAMENTO ‘AUTOMATICO’ DEI CONDANNATI A MORTE

21 febbraio 2018:

La giudice federale Leonie M. Brinkema (U. S. District Court for the Eastern District of Virginia) ordina di migliorare le condizioni di detenzione nel braccio della morte.
Con una ordinanza emessa oggi, la giudice vieta all’Amministrazione di applicare in maniera automatica l’isolamento ai condannati a morte, di isolarli fisicamente dai visitatori o dagli altri detenuti, e inibisce una serie di altre restrizioni.
Il primo ad intentare un’azione legale contro l’Amministrazione Penitenziaria della Virginia nel 2014 fu Alfredo Prieto, poco prima di essere giustiziato l’1 ottobre 2015.
Ottenne che un giudice federale (la stessa Brinkema) dichiarasse incostituzionale la pratica di mettere i condannati a morte automaticamente in regime d’isolamento. In seguito una corte d’appello annullò quella decisione, e la Corte Suprema di stato confermò l’annullamento, ma nel frattempo altri detenuti avevano chiesto di accedere allo stesso regime di Prieto, e il 16 ottobre 2015 quei ricorsi hanno indotto l’Amministrazione Penitenziaria ad adottare alcune modifiche “migliorative”.
Da un comunicato stampa dell’epoca si apprende che il regime contestato prevedeva la permanenza per circa 23 ore al giorno in una cella di 6,5 metri quadrati, potevano lasciare le loro celle singole 3 volte a settimana per una doccia, e un’ora al giorno per 5 giorni di “ricreazione” in un piccolo cortile esterno, col pavimento in cemento e nessuna attrezzatura sportiva o ricreativa. I colloqui con i familiari avvenivano dietro un vetro.
Con la riforma annunciata nel 2015 i detenuti avrebbero avuto “mezz’ora in più al giorno di “ricreazione”, la possibilità di riunirsi in gruppi di 4 per un’ora al giorno, e la doccia tutti i giorni. In più, era stata annunciata la costruzione di un altro cortile dove sarebbe stato posto un cesto da pallacanestro ed alcuni attrezzi ginnici, e una stanza dove i detenuti avrebbero potuto guardare la televisione, telefonare, mandare e-mail, e fare alcuni giochi da tavolo.
Quanto ai colloqui, sarebbero stati a cadenza settimanale, con durata di 90 minuti, e con la possibilità di abbracciare amici e parenti, e tenersi per mano. Altri colloqui, questa volta utilizzando ancora il vetro divisorio, sarebbero stati possibili nei week end o nei giorni festivi”.
Sembra però che le “innovazioni” decise nel 2015 in realtà non siano state applicate, o almeno lo siano state solo in parte.
Oggi Brinkema ha ribadito la sentenza emessa ai tempi di Prieto, e per prevenire le contestazioni che nel 2015 portarono al capovolgimento della sua decisione nella motivazione ha scritto: "Le informazioni in rapida evoluzione disponibili sui potenziali effetti nocivi della detenzione in isolamento" collocano questo caso in un contesto in cui si deve prescindere da sentenze precedenti riguardanti le condizioni di detenzione, e di conseguenza le precedenti decisioni della Corte Suprema e della corte d'appello federale, ancorate a concetti vecchi di decenni, che difendono il braccio della morte le condizioni carcerarie non risultano vincolanti. "Come hanno cominciato a rendersi conto le corti e le amministrazioni penitenziarie di tutto il paese, l'isolamento lungo anni che le condizioni di reclusione pre-2015 applicavano ai detenuti ricorrenti creavano, quantomeno, un rischio significativo di danni psicologici ed emotivi sostanziali".
Kathryn Ali, uno degli avvocati dei detenuti, ha dichiarato: "La legge in quest'area è pessima, ma è anche molto vecchia. ... La sentenza del giudice Brinkema è una sentenza storica, ma penso che sia anche solo buon senso, che non dovremmo torturare le persone tenendole in isolamento”.
Victor M. Glasberg, che nel 2014 ha intentato la causa “originaria” per conto dei primi cinque ricorrenti, ha detto che la decisione della corte potrebbe avere implicazioni per le azioni legali in altri stati. Cause simili a quelle della Virginia sono state avviate in Arizona e Pennsylvania. In Arizona nel marzo 2017 l’Amministrazione, per concludere la causa, si è impegnata a cessare la consuetudine di mettere automaticamente i detenuti del braccio della morte in isolamento. A febbraio in Pennsylvania una corte d’appello federale ha dichiarato incostituzionale la pratica di tenere automaticamente i detenuti del braccio della morte in isolamento anche dopo che la condanna a morte è stata annullata e il detenuto è in attesa della ripetizione del processo, e alla luce di questa sentenza, anche i detenuti “normali” del braccio della morte hanno avviato un’azione legale per chiedere la cessazione dell’isolamento automatico.

(Fonti: Washington Post, 22/02/2018)

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