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LIBIA. IL FIGLIO DEL DITTATORE PREDICE EVOLUZIONE DEMOCRATICA PER IL PAESE
19 gennaio 2005: “La democrazia è il futuro”, ha detto Seif el-Islam el Gheddafi, figlio 32enne del dittatore libico, aggiungendo che “Nella nostra regione, il Medio Oriente, dobbiamo anticipare il mondo, non restare indietro, perché il mondo intero sta marciando verso la democrazia”.
Non è chiaro di quale potere disponga realmente Seif, che non riveste alcun incarico ufficiale nel governo guidato da suo padre, il colonnello Muammar Gheddafi.
Non è chiaro nemmeno come le sue coraggiose dichiarazioni – motivo di speranza per molti giovani libici - possano determinare cambiamenti duraturi in un Paese nepotista, corrotto e sorvegliato da potenti servizi di sicurezza.
Il giovane Gheddafi parla di una evoluzione della politica libica, non di una rivoluzione, restando quindi nell’ambito del progetto paterno: “Mio padre porta avanti l’idea di una democrazia diretta ormai da quasi 26 anni, ed è logico e razionale proseguire in quella direzione”.
Dal canale satellitare arabo Al Jazeera, si è rivolto ai governati del Medio Oriente: “dovete portare la democrazia nei vostri Paesi”; ed ancora: “O gli arabi cambieranno o il cambiamento sarà imposto dall’esterno”.
Seif sarebbe intervenuto anche nella vicenda delle infermiere bulgare condannate a morte lo scorso anno in Libia per aver volontariamente infettato bambini libici con il virus Hiv, contribuendo ai negoziati con la Bulgaria per il rilascio delle infermiere.
In Libia sono crimini capitali molti reati, tra cui attività nonviolente come quelle relative alla libertà di espressione e di associazione e altri “reati politici” ed economici. La pena di morte è obbligatoria per gli appartenenti a gruppi che si oppongono ai principi della rivoluzione del 1969, per tradimento e per sovversione violenta dello stato.
Il “Grande Libro” del 1988 stabilisce che “l’obiettivo della società libica è l’abolizione della pena di morte”, tuttavia il Governo non l’ha ancora fatto, anzi, ha aumentato i reati capitali. La pena di morte è applicabile anche per chi specula su moneta straniera, cibo, abbigliamento o sull’affitto durante un periodo bellico e per crimini legati alla droga e all’alcol (dal 1996).
Negli ultimi anni vari organismi umanitari dell’ONU hanno espresso preoccupazione sulla situazione dei diritti umani in Libia, dove si registrano esecuzioni sommarie ed extragiudiziarie, un gran numero di arresti arbitrari, l’imposizione della pena di morte per reati politici ed economici, l’uso della tortura e la mancanza di indipendenza del sistema giudiziario. Le ultime esecuzioni che risultano sono quelle di 8 uomini giustiziati nel gennaio 1997: 6 erano ufficiali, tra cui il Colonnello Miftah Qarrum al-Wirfalli e due civili. Erano stati arrestati in relazione a una rivolta armata avvenuta nel 1993 e accusati di spionaggio (a vantaggio degli USA) e di appartenenza al Fronte di Salvezza Nazionale della Libia. Tuttavia le informazioni su esecuzioni e condanne a morte sono raramente riportate. (Fonti: La Repubblica, 19/01/2005)
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