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PER QUARANT’ANNI HO SOLTANTO LAVORATO, MA NEL MIO CALVARIO GIUDIZIARIO HO PERSO TUTTO

18 ottobre 2025:

Giuseppe Ferdico* su l’Unità del 18 ottobre 2025

In questa terribile vicenda ho perso tutto. Ho perso la mia reputazione, tanti amici che mi hanno abbandonato, le mie aziende e mio figlio, con due bambine piccole, è stato persino sfrattato da casa. Mia moglie ha sofferto moltissimo, soprattutto a causa delle accuse infamanti che ho subito. Le banche mi hanno voltato le spalle alla sola notizia dell’esistenza di una indagine a mio carico. Dopo oltre 40 anni di lavoro in una mattinata sono rimasto senza niente. La mia azienda è stata dichiarata fallita dopo il sequestro. I piccoli punti vendita sono stati chiusi, mentre il centro distribuzione e il centro commerciale a Carini sono stati affittati a prezzi più bassi. Nel giro di qualche anno quello che avevo costruito con tanto sacrificio è andato perso. Provo tanta rabbia e tanto dolore. Soprattutto dolore per quanto ho vissuto in questi anni di profonda solitudine.
Ho ricevuto un primo avviso di garanzia nel 2006. Con i miei avvocati Roberto Tricoli e Luigi Miceli mi sono presentato in Procura ed ero certo che avevo chiarito la mia posizione tanto che per ben tre volte la Procura aveva chiesto l’archiviazione. Dopo due anni, è arrivata l’imputazione coatta. E in primo grado sono stato assolto. Sembrava finita. Poi sono arrivate le dichiarazioni dei collaboratori Vito e Giovanna Galatolo che mi tiravano di nuovo in ballo e, nonostante era emerso anche in altri precedenti che il mio principale accusatore, Angelo Fontana, era un calunniatore, in secondo grado sono stato condannato. Ma a poco a poco sono arrivate le sentenze con cui i pentiti che mi accusavano venivano dichiarati non attendibili e la Cassazione ha rimandato gli atti alla Corte d’Appello, che finalmente ha accertato la mia innocenza. Ho solo lavorato dalla mattina alle 4 alle 22 ogni giorno. Ho costruito con le mie mani e quelle della mia famiglia quello che possedevo. Purtroppo me lo hanno tolto senza aspettare la condanna penale.
Mi spiegate perché dovevo andare a chiedere i soldi alla mafia? Le banche mi concedevano soldi e investivano nelle mie aziende. Lo ha scritto anche il giudice, i tassi con i quali avrei dovevo restituire i soldi ai mafiosi erano da usura. Che motivo avevo? Ero tripla A per le banche. Dal momento in cui ho avuto le mie aziende sequestrate sono stati anni difficili, dolorosi. Sono rimasto solo. Ho cercato di lavorare per non restare chiuso in casa, per non ammalarmi o buttarmi giù dal balcone. Io ero e sono innocente. Anche se ho vissuto anni a nascondermi per l’infamia di essere colluso con la mafia. Avevo 500 dipendenti. Tantissimi punti vendita e un centro di distribuzione. Io ho sempre saputo come fare per far funzionare i supermercati. È una cosa che ho imparato da giovane. La mia attività era un orologio. La Guardia di Finanza forse negli anni mi ha fatto solo un verbale, poi annullato dalla commissione tributaria.
Fare l’imprenditore in questa terra è difficile. Sei solo. Io ai tempi dei Lo Piccolo ero munito di porto d’armi e camminavo con la pistola nell’auto. Temevo sempre una rapina o un agguato. Tante cose mi hanno provocato dolore in questi anni, come sapere che alcuni dipendenti che per me erano dei figli e anche qualche parente ha brindato quando hanno saputo del sequestro. Alla fine, però, a 69 anni posso uscire a testa alta da questa vita che tanta amarezza mi ha dato.
Mi ha fatto male anche l’indifferenza totale delle Istituzioni rispetto a un problema che ha causato tanti danni soprattutto in Sicilia. Mi riferisco alle confische di prevenzione fatte agli innocenti. Mi sono sempre chiesto: ma che motivo c’è di togliere i beni a una persona che è già stata assolta? Possibile che la politica non faccia nulla per risolvere un’ingiustizia così evidente? Non è solo questo perché oltre il danno c’è anche la beffa. Infatti, mi hanno spiegato che la legge non prevede alcuna forma di indennizzo per chi è stato vittima di un’ingiusta confisca. Ma come? Da innocente, lo Stato ti toglie tutto, dopo riconosce l’errore, ti restituisce ciò che rimane dei beni e nessuno deve pagare per i danni? Quale sarà il senso della mia vittoria nel processo se i beni che lo Stato oggi mi ha restituito mi verranno sottratti per pagare i debiti accumulati durante l’amministrazione giudiziaria?
Di queste cose così importanti sembra non interessare a nessuno. Solo l’associazione Nessuno tocchi Caino, quando per tutti ero un reietto, mi ha dato voce e conforto, impegnandosi seriamente per la riforma della legge sulle misure di prevenzione. E spero allora che si intervenga subito per evitare che altre persone innocenti subiscano quello che purtroppo ho subito io.

*Imprenditore

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