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ELEZIONI USA: CI SONO IN BILICO LE VITE DI 40 CONDANNATI A MORTE

28 settembre 2024:

Valerio Fioravanti su l’Unità del 28 settembre 2024

Tutti concordano che Trump e Harris sono praticamente pari nei sondaggi USA. L’ultimo, pubblicato domenica scorsa, li trova appaiati anche nel gradimento (scarso per entrambi a dire il vero) presso le varie comunità cristiane della nazione.
Harris è Battista, Trump sarebbe Presbiteriano, ma ultimamente, per risultare meno divisivo si sta definendo genericamente “cristiano”. Il motivo potrebbe essere piuttosto semplice e avere poco a che fare con la dottrina: i Presbiteriani sono pochi, circa il 3% della popolazione USA, mentre i Battisti sono il 15%. Sono di più i Cattolici, 21%, ma qui le cose si complicano, elettoralmente parlando, perché sono quasi tutti messicani o sudamericani, e molti non hanno i documenti in regola, e quindi non votano. Comunque sia, secondo un sondaggio commissionato dall’Associated Press, solo il 14% degli americani ritiene che il termine “cristiano” descriva “molto bene” l’uno o l’altro candidato. Con una certa incoerenza tipica del candidato (ed evidentemente anche dei suoi elettori), il meno danneggiato è Trump: 7 su 10 dei suoi simpatizzanti lo voteranno anche se sono consapevoli che non sia un cristiano particolarmente fervente.
Il poco peso della religione nelle elezioni non è un fenomeno nuovo negli Stati Uniti, viene commentato ormai da decenni. Ancor minor peso elettorale lo hanno le questioni legate alla giustizia e al carcere. Gli esperti di ABC News hanno messo a confronto i due candidati. Evidenziano che Trump ha svariati precedenti penali (è stato condannato per 34 reati), mentre la Harris ha iniziato la carriera come pubblico ministero in California, arrivando a diventare il Procuratore Generale di quello Stato. A San Francisco ha adottato misure “garantiste” per i giovani condannati la prima volta per reati di droga “di basso livello” da avviare alle pene alternative. Le viene riconosciuto di aver ridotto la recidiva tra giovani “tossici” dal 53% al 10%.
Trump è sempre stato favorevole alla pena di morte, e negli ultimi mesi del suo mandato, nel 2020, ha fatto compiere 13 esecuzioni federali, dopo che le esecuzioni federali erano rimaste bloccate per 17 anni.
La Harris si dice “contraria – personalmente contraria – alla pena di morte”. Ma, notano gli esperti, se come Procuratrice non aveva fatto condannare a morte nessuno, non era stata però di supporto a persone condannate a morte in precedenza che avevano validi motivi per chiedere una revisione dei processi. Recentemente ha dichiarato al New York Times: “Mi sento malissimo per questo”.
Nella scorsa campagna elettorale, quella vinta, assieme a Biden avevano assicurato che avrebbero abolito la pena di morte federale. Non lo hanno fatto, e anzi, in due casi di terrorismo “interno” hanno lasciato che la pubblica accusa federale (che dipende direttamente dal governo) chiedesse la pena capitale.
Ci sarebbe una posizione intermedia che Biden e Harris potrebbero ancora prendere: utilizzando i poteri presidenziali, che tutti i presidenti usano nelle ultime ore del mandato per prendere alcune decisioni impopolari, come concedere la grazia a qualche collaboratore condannato per corruzione o cose simili (lo fanno davvero tutti), potrebbero graziare i 40 detenuti, tutti uomini, rinchiusi nel braccio della morte federale. Così facendo, Trump non troverebbe più nessuno da far giustiziare. Ma questo non influirebbe comunque sulle elezioni di novembre, visto che per prassi l’alternanza vecchio/nuovo presidente si fa tre mesi dopo le elezioni, e quindi i “giorni delle grazie”, tradizionalmente, sono i primi di febbraio.
In politica carceraria, Trump ha invertito la tendenza del suo predecessore Obama a diminuire gli appalti ai privati per la gestione delle carceri, e li aveva nuovamente aumentati. L’amministrazione Biden-Harris non ha rinnovato i contratti ai privati, e attualmente tutti i detenuti federali sono tornati sotto il controllo del Governo.
Sulle misure di polizia, Harris, che ha un padre giamaicano, ha in passato simpatizzato per il movimento (considerato di estrema sinistra) “Black Lives Matter” che vuole meno fondi stanziati per la polizia, e più per i servizi sociali. Per un paio di anni molte città hanno adottato questa politica, e il risultato è stato un forte aumento dei crimini, non è chiaro se per motivi veri, o se per un boicottaggio da parte della polizia.
Oggi l’idea di depotenziare la polizia non è più di moda, ma Harris è comunque in difficoltà con BLM perché il movimento contiene una forte componente pro-Palestina che ha già dichiarato più volte che “non voterà mai per Harris”. Neanche per Trump, ovviamente, anche perché Trump ha come cavallo di battaglia l’aumento di assunzioni e di stipendi per la polizia.
Chi vincerà? Vorrei dire che, se vincesse Trump, Biden quasi certamente firmerebbe le grazie per i 40 condannati a morte. Nessuno tocchi Caino ha a cuore il destino dei condannati, ma forse è un po’ poco per auspicare davvero la vittoria di Trump.

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