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USA - The Guantanamo Docket |
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USA - Guantanamo. Non valide le confessioni degli uomini di al-Qaida
18 agosto 2023: (18/08/2023) - Il giudice Lanny Acosta stabilisce che nei processi a Guantanamo non possono essere usate le confessioni degli imputati perché ottenute sotto tortura. La decisione, che Nessuno tocchi Caino aveva previsto, probabilmente salverà tutti i prigionieri di Guantanamo dalla pena di morte. Il giudice militare che presiede il processo per l’attentato alla nave da guerra statunitense U.S.S. Cole di venerdì ha dichiarato non utilizzabili le confessioni che l'imputato saudita aveva fatto agli agenti federali a Guantánamo Bay dopo anni di detenzione segreta da parte della CIA. Le (parziali) confessioni dell’imputato non sono utilizzabili in quanto “prodotto della tortura”. La decisione priva i pubblici ministeri di una prova chiave contro Abd al-Rahim al-Nashiri, 58 anni, nel più lungo caso capitale a Guantánamo Bay. È accusato di aver orchestrato l'attentato suicida di Al Qaeda al cacciatorpediniere Cole il 12 ottobre 2000, nel porto di Aden, nello Yemen, che ha ucciso 17 marinai statunitensi. "L'esclusione di tali prove non è priva di costi sociali", ha scritto il giudice, il colonnello Lanny J. Acosta Jr., in una decisione di 50 pagine. "Tuttavia, consentire l'ammissione di prove ottenute o derivate dalla tortura da parte dello stesso governo che cerca di perseguire e giustiziare l'accusato può avere costi sociali ancora maggiori". La questione se le confessioni fossero ammissibili era stata vista come uno snodo cruciale degli sforzi più che decennali dell’amministrazione statunitense di processare a Guantanamo i militanti di al-Qaeda. Anche in un altro processo di Guantanamo, quello contro Khalid Shaikh Mohammed e altri quattro uomini accusati di aver organizzato gli attacchi terroristici dell'11 settembre 2001 è stata sollevata la stessa contestazione. Anche Nashiri, come Mohammed, è stato sottoposto a waterboarding e ad altre forme di tortura nel 2002 dagli “interroganti” della CIA, inclusi psicologi a contratto, attraverso un programma di "interrogatori potenziati". Nashiri è stato catturato nell'ottobre 2002 e ha trascorso quattro anni sotto la custodia della CIA, compresi i centri di detenzione nei cosiddetti ‘siti neri’, dove è stato sottoposto a waterboarding, nudità forzata, isolamento estremo, privazione del sonno e altre forme di abuso. Il processo contro Nashiri e i suoi presunti complici in teoria è iniziato nel novembre 2011, ma non ha mai superato le fasi preliminari, impantanato da lunghi ritardi causati dalla complessità del tema delle torture. Contro gli imputati infatti la pubblica accusa ha difficoltà a portare prove circostanziali, in quanto gli imputati sono stati arrestati su segnalazione di “informatori” che l’amministrazione vuole tenere segreti, e se vuole tenerli segreti non può portarli in aula, né utilizzare le loro dichiarazioni, dichiarazioni che, sfornite di prove, presumibilmente arrivano da servizi segreti di paesi stranieri. Il colonnello Lanny Acosta, ultimo di una serie di giudici che si sono succeduti in questo scomodo incarico, nei mesi scorsi ha comunicato che a settembre avrebbe lasciato l’incarico, ma si era impegnato a risolvere prima il problema cruciale dell’utilizzabilità a meno delle confessioni Nel gennaio 2022, l'amministrazione Biden aveva dato parere negativo all’utilizzo delle confessioni. Come NtC ha scritto più volte, non si tratta di una scelta improvvisamente “garantista” in una serie di processi, quelli di Guantanamo, dove lo stato di diritto è stato gravemente violato in più occasioni, basti pensare al fatto che a 22 anni dai fatti e dagli arresti gli imputati sono ancora in attesa di giudizio. Biden ha semplicemente dato voce a quella parte dell’Amministrazione, anche militare, che prefigura che se venisse messo nero su bianco che è legittimo utilizzare in un processo delle confessioni estorte “under duress”, questo potrebbe mettere a rischio i molti americani, militari o funzionari statali, anche dei Servizi, che potrebbero essere rapiti da gruppi terroristici o paesi ostili, e poi processati in base alle loro stesse dichiarazioni. Come dicevamo, nel gennaio 2022 l’Amministrazione Biden ha contrastato i propri Procuratori, i quali sostenevano che le dichiarazioni estorte, come compromesso, potevano essere usate almeno nella fase preliminare dei processi. Acosta, con una serie di udienze preliminari, ha affrontato l’ultimo tentativo dei procuratori di “salvare” le confessioni. I Procuratori sostenevano che si dovesse marcare una netta divisione tra le confessioni effettivamente ottenute sotto costrizione, e quelle ottenute in “altro modo”. Nei normali processi statunitensi questa demarcazione prende il nome di ‘principio di attenuazione’, principio che riconosce che sia plausibile che il primo interrogatorio di un arrestato contenga elementi di “intimidazione”, il che di per sé non inficia totalmente eventuali confessioni, ma perché esse possano essere correttamente utilizzate all’interno di un processo è necessario che al primo interrogatorio ne faccia seguito un secondo, in condizioni “più attenuate”, in cui il sospettato non sia più sotto effetto di eventuali psicofarmaci o droghe, e non sia più interrogato dagli agenti che magari lo avevano inseguito, atterrato, ammanettato, o comunque in qualche modo “stressato”. Insomma, ad un primo interrogatorio “duro” deve seguirne un altro “normale”. Ma il “principio di attenuazione” a Guantanamo suona come una tecnicalità astratta. Per mesi la base navale è stato un carcere segreto della Cia e qualche mese dopo è stata ristrutturata come un normale luogo di detenzione”. Ma fino al 2007 risulta “per tabulas” che la Cia ha avuto a disposizione locali separati dove condurre i “propri” interrogatori. Oggi i pubblici ministeri parlano di interrogatori condotti da “squadre sporche” e da “squadre pulite”, e pretendono che almeno le informazioni ottenute dalle “squadre pulite” debbano essere ritenute valide. La difesa sostiene che gli imputati erano comunque talmente spaventati che venendo riportati nello stesso posto erano convinti che le torture potessero ricominciare in qualsiasi momento. Oggi il giudice Acosta ha dato regione alla difesa. Negli anni passati Nashiri ha negato di essere un membro di Al Qaeda o di essere coinvolto negli attentati dell’11 Settembre, ma ha ammesso di aver conosciuto Osama bin Laden e di aver ricevuto da lui fondi per un progetto commerciale (non realizzato) di spedizioni nel Golfo Persico. Il contrammiraglio Aaron C. Rugh, procuratore capo dei processi a Guantanamo, non ha risposto alla domanda della stampa se la sua squadra avrebbe presentato ricorso contro la sentenza. Con la designazione del successore di Acosta, che dovrebbe avvenire entro la fine dell'anno, i pubblici ministeri potrebbero chiedere un riesame presso il tribunale di Guantánamo o sollevare la questione con una commissione d'appello del Pentagono, la Court of Military Commissions Review. Katie Carmon, uno degli avvocati di Nashiri, ha definito la decisione del colonnello Acosta "corretta sia moralmente che legalmente". "Il governo che ha torturato il signor al-Nashiri non è mai stato ritenuto responsabile", ha detto. "Ma la sentenza di oggi è un piccolo passo avanti poiché il governo perde una parte fondamentale dei suoi procedimenti giudiziari". Se la decisione del giudice Acosta “reggerà” ad eventuali ricorsi della pubblica accusa, o al riesame da parte del nuovo giudice che si insedierà nei prossimi mesi, la situazione dei pochi detenuti rimasti a Guantanmo potrebbe evolversi positivamente. Oggi a Guantanamo sono detenuti “solo” 30 uomini, sui 780 (circa) che ha ospitato nel corso degli anni. Di questi 30, 16 hanno ottenuto il nulla osta per essere riconsegnati ai paesi d’origine, ma manca ancora un accordo definitivo per il loro trasferimento. I 14 rimanenti sarebbero quelli con le imputazioni più gravi, compresa l’organizzazione logistica degli attentati dell’11 Settembre 2001, che causarono oltre 3.000 vittime. Non potendo utilizzare le confessioni, per altro solo parziali, degli imputati, la Pubblica Accusa avrà seri problemi per proseguire il processo. Fonti affidabili già da mesi segnalano che sarebbero in corso trattative tra gli avvocati difensori e la pubblica accusa: agli imputati verrebbe chiesto di dichiararsi colpevoli (in modo da aggirare il problema delle confessioni non utilizzabili) e in cambio contro di loro non verrebbe chiesta la pena di morte, e in più sconterebbero la condanna all’ergastolo senza condizionale in un “normale” supercarcere federale, non in isolamento. Se l’inutilizzabilità delle confessioni venisse confermata, i difensori, a questo punto, potrebbero riuscire ad ottenere condizioni ancora migliori. Ma già la mancata condanna a morte per i complici del più grave attentato della storia degli Stati Uniti creerebbe un interessante precedente, consentendo ad altri condannati a morte nel sistema federale di contestare la “sproporzione” delle condanne.
https://www.nytimes.com/2023/08/18/us/politics/guantanamo-cole-bombing-confession-torture.html
(Fonte: New York Times, NtC, 18/08/2023)
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