LIBIA: TRIBUNALE CONDANNA A MORTE FIGLIO DI GHEDDAFI, SAIF AL-ISLAM
28 luglio 2015: un tribunale libico ha condannato a morte il figlio più noto di Muammar Gheddafi, Saif al-Islam, e altre otto persone per crimini di guerra, tra cui uccisioni di manifestanti durante la rivoluzione del 2011 che mise fine al governo di suo padre.
Gli altri ex alti funzionari del regime di Gheddafi condannati alla fucilazione includono l'ex capo dei servizi segreti Abdullah al-Senussi e l'ex primo ministro Baghdadi al-Mahmoudi, ha detto in una conferenza stampa televisiva a Tripoli Sadiq al-Sur, capo investigatore presso l'ufficio del procuratore di stato.
Il verdetto è stato duramente criticato all'estero, con Human Rights Watch e un avvocato internazionale di primo piano che lo hanno descritto come pieno di difetti giuridici ed emesso tra diffuse illegalità che minano la credibilità della magistratura.
Altri otto ex alti funzionari sono stati condannati all'ergastolo e sette a 12 anni di carcere ciascuno, ha aggiunto Sadiq. Quattro dei 37 imputati sono stati assolti, gli altri sono stati condannati a pene detentive più brevi.
Muammar Gheddafi fu ucciso dai ribelli che lo catturarono al termine di una fuga durata mesi.
Sadiq non ha precisato le accuse su cui si basa il verdetto, in attesa della sentenza scritta. Gli imputati erano stati accusati di una serie di reati, tra cui l'uso di forza letale contro manifestanti disarmati e la corruzione.
Il verdetto relativo a Saif al-Islam è stato emesso in contumacia a Tripoli dal momento che si trova prigioniero dal 2011 di un ex gruppo ribelle nella regione montagnosa di Zintan, fuori dal controllo del governo centrale. Saif è comparso in collegamento video solo all'inizio del processo. I suoi carcerieri si sono rifiutati di consegnarlo, dicendo di non fidarsi delle capacità delle autorità di Tripoli di impedirne la fuga, ma hanno accettato di farlo partecipare al processo.
Le sentenze possono essere impugnate e devono essere confermate dalla Corte Suprema della Libia, tuttavia esperti legali e difensori dei diritti sostengono che il procedimento sia stato iniquo e politicizzato fin dall'inizio. (Fonti: Reuters, 28/07/2015)
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