IL PRESIDENTE PEZESHKIAN PARLA ALL’ONU DI DIALOGO MENTRE IN IRAN IL SUO REGIME STABILISCE NUOVI RECORD DI ESECUZIONI
5 ottobre 2024: Virginia Pishbin “Sguardi sull’Iran. Suoni, immagini e racconti dal Paese misterioso”. È il titolo della rassegna presentata a Cagliari dal 30 settembre al 2 ottobre dal Centro Italo Arabo e del Mediterraneo della Sardegna. A svelare il mistero che racchiude la cultura persiana è stato invitato l’ambasciatore della Repubblica Islamica in Italia, Mohammad Reza Sabouri. Ecco come la macchinosa logica della geopolitica internazionale impedisce di smascherare i regimi dittatoriali e promuove il dialogo e la collaborazione con una dittatura “religiosa” che detiene il record mondiale di esecuzioni capitali pro capite. E i cui leader vengono considerati seppur indirettamente criminali contro l’umanità dall’ex special rapporteur delle Nazioni Unite sui diritti umani in Iran, Javaid Rehman, che ha recentemente definito genocidio il massacro di circa 30.000 prigionieri politici nell’estate del 1988 nel quale sono state direttamente coinvolte molte delle attuali alte sfere del regime dei mullah. Il crimine continua e il 24 settembre scorso, in vista della Giornata mondiale contro la pena di morte del 10 ottobre prossimo, il nuovo presidente della repubblica islamica, Masoud Pezeshkian, che dona all’opinione pubblica un volto docile e moderato del regime teocratico, viene invitato a parlare nella prestigiosa sede delle Nazioni Unite a New York. Mentre migliaia di iraniani della diaspora manifestavano davanti al Palazzo di Vetro contro la sua presenza, è ironico che la comunità internazionale sia rimasta in silenzio di fronte al riconoscimento di una presunta autorevolezza del regime più brutale del nostro tempo. Pezeshkian parla a New York di dialogo mentre il suo Paese, da quando lui è entrato in carica, stabilisce nuovi record, giustiziando 223 persone, tra cui 10 donne e 26 dei quali in un solo giorno in una prigione del paese, un fatto senza precedenti negli ultimi 25 anni. Sono tornate anche le esecuzioni sulla pubblica piazza, come di recente a Shahroud, mentre co ntinuano le condanne a morte e le esecuzioni dei prigionieri politici arrestati durante le proteste del settembre 2022. Il 24 settembre, mentre il presidente Pezeshkian parlava alle Nazioni Unite, la signora Maryam Rajavi, presidente del Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana, rivolgendosi ai partecipanti alla manifestazione fuori dal Palazzo, ha giustamente detto: “La vostra potente assemblea, oggi come negli ultimi quattro decenni, ha posto le Nazioni Unite e i suoi stati membri, in particolare le potenze occidentali, di fronte a questa domanda cruciale: cosa ci fa alle Nazioni Unite il presidente del regime delle esecuzioni e dei massacri? Le Nazioni Unite non sono fondate sulla loro Carta, radicata nella “fede nei diritti umani fondamentali, nella dignità e nel valore della persona umana”? Allora perché è presente alle Nazioni Unite il rappresentante di un regime che, secondo il relatore speciale delle Nazioni Unite sull’Iran, ha commesso un genocidio e crimini contro l’umanità?” Il giorno dopo, il 25 settembre, a Roma, intervenendo alla conferenza con parlamentari italiani organizzata dall’on. Gruppioni, la signora Rajavi ha notato che con impiccagioni che avvengono a distanza di poche ore l’una dall’altra, Khamenei ha portato il livello di repressione ai massimi termini. Ha ricordato che, negli ultimi quattro decenni, queste esecuzioni hanno preso di mira dissidenti politici, beluci, turkmeni, arabi e curdi e che tra le vittime, che abbracciano tutte le età, dagli adolescenti agli anziani, comprese ragazze di 13 e 14 anni e donne incinte, ci sono anche sunniti, baha’i, studenti, poeti, intellettuali, avvocati e attivisti ambientali. Il 27 settembre durante una conferenza con parlamentari e attivisti in Germania, la signora Maryam Rajavi, nel ricordare l’80esimo anniversario della rivolta nonviolenta dei Ragazzi della Rosa Bianca, ha citato una frase da una delle loro dichiarazioni: “Ogni giorno che ritardi e non resisti a questi inventori dell’inferno, la tua colpa cresce.” Oggi, ha concluso la Presidente Rajavi, “l’inventore dell’inferno è il fascismo religioso al potere in Iran. Questo regime è la fonte delle esecuzioni all’interno dell’Iran e della guerra e del terrorismo fuori dall’Iran.” È tempo che l’Occidente, e in particolare l’Italia, prenda l’iniziativa e inserisca nella lista nera l’IRGC, il famigerato corpo dei guardiani della rivoluzione islamica, che è il principale strumento guerrafondaio e terroristico nella regione mediorientale e in Europa e di totale repressione all’interno del paese. Ci si chiede quindi quale mistero racchiuda la cultura persiana che non valga la pena di essere svelato alla luce dei diritti calpestati del popolo iraniano, in particolare, nelle ultime quattro decadi. Ai posteri l’ardua sentenza.
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