SANZIONI CONTRO GLI OLIGARCHI: C’E’ QUALCOSA CHE NON TORNA
13 marzo 2022: Baldassare Lauria su Il Riformista dell’11 marzo 2022
Il sistema sanzionatorio predisposto dall’Unione Europea, per l’invasione illegittima dell’Ucraina, nei confronti dei presunti fedelissimi del presidente russo, Vladimir Putin, al di là di ogni considerazione circa l’opportunità e/o l’efficacia persuasiva di queste misure, sul piano strettamente giuridico rischia di essere un vero e proprio atto di “prepotenza legale”. I provvedimenti di congelamento dei beni eseguiti nei confronti di cittadini della Federazione Russa pongono, infatti, una serie di interrogativi in ordine alla natura giuridica e alla riconducibilità di essi a una “base legale”, compatibile con il diritto comunitario e costituzionale. Nei comunicati diffusi dalle Autorità nazionali, i detti provvedimenti hanno riguardato soggetti appartenenti all’Elite Economica russa, nei confronti dei quali non è stata mossa alcuna specifica contestazione fra quelle contemplate dai Trattati UE, valorizzando così una sorta di “pericolosità sociale da posizione”. Si tratta di decisioni significativamente incidenti sulle libertà personali, ancor prima di una formale contestazione e indipendentemente dall’apertura di un’indagine, di fatto uno strumento sostitutivo dell’azione militare. In una prospettiva strettamente giuridica, però, si tratta della negazione dei principi di diritto elaborati dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo in materia di confisca dei beni nei confronti dei soggetti pericolosi. L’art. 215 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, nell’ambito di poteri assegnati dall’art. 29 allo scopo di determinare scelte politiche degli Stati extra-UE, prevede che il Consiglio possa adottare misure restrittive (rectius sanzioni) nei confronti di persone fisiche o giuridiche, di gruppi o di entità non statali. Le anzidette sanzioni, dunque, possono essere adottate come misure proprie dell’Unione, o al fine di attuare Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, nei casi in cui paesi extra-UE o persone fisiche o giuridiche non rispettano il diritto internazionale o i diritti umani, o pongono in essere azioni tendenti a violare la pace. In siffatto contesto giuridico-convenzionale ci si interroga, allora, sulla compatibilità di dette sanzioni con i principi che ne governano il funzionamento quando esse riguardano persone estranee alle contestate violazioni del diritto internazionale. Se, da un lato, v’è un evidente deficit di “giurisdizionalizzazione”, dall’altro lato sono plurime le incertezze legate al giudizio sanzionatorio che ispirano il congelamento dei beni. Il vuoto di tutela che grava sul soggetto destinatario di dette misure spinge, poi, a domandarsi se la misura sia espressione di un adeguato e legittimo bilanciamento tra finalità politica e libertà individuali. Le misure restrittive relative ad azioni che minacciano l’integrità territoriale dell’Ucraina e la sua sovranità trovano il loro antecedente nelle sanzioni adottate nei confronti di alcune persone ai sensi della Decisione Quadro 2014/145/PESC e del Regolamento UE n. 269/2014, strumenti questi ultimi che confermano come il “congelamento” non operi alla stregua di una sanzione, pur determinandone gli effetti. E del resto non potrebbe esserlo, infatti non è contestato alcun fatto illecito specifico, non è richiesta alcuna pertinenzialità del bene congelato rispetto a un qualsiasi reato, non è prevista l’attivazione di un procedimento. Insomma, una vera e propria finzione giuridica che sotto le vesti di misure ad personam cela una vera e propria sanzione economica diretta a uno Stato sovrano per le politiche “criminali” del suo governante. Tale impostazione, però, non appare compatibile con i principi della Convenzione EDU, cui aderisce anche la Federazione Russa. Proprio, l’art 1 della Convenzione riconosce il diritto di ogni persona al rispetto da parte degli Stati delle proprie libertà individuali, mentre l’art. 1 del Protocollo addizionale alla CEDU protegge il diritto di proprietà di ogni persona fisica o giuridica al rispetto dei suoi beni. Sicché, appare evidente come la nobile causa che ispira la repressione della violazione dell’ordine internazionale attraverso il sistema delle sanzioni ai cittadini russi, solo perché tali, in assenza di alcun giudizio di colpevolezza di qualsivoglia natura, colloca le stesse misure in un’area giuridica assai incerta e di dubbia costituzionalità, per difetto di precisione e determinatezza del paradigma normativo che configura la fattispecie oggetto di sanzione. Non sfugge allora come l’anzidetto “sistema sanzionatorio”, espressione del c.d. diritto penale ad alta velocità, rischi di piegare la storica sensibilità giuridica dell’Unione Europe alla logica della guerra, quella indiretta attuata con le sanzioni all’economia dello Stato aggressore, e ciò in assenza della dichiarazione dello stato di guerra da parte dei singoli Stati.
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