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LOUISIANA (USA): COREY WILLIAMS SCARCERATO

22 maggio 2018:

Corey Williams, 36 anni, nero, è uscito oggi dal carcere.
Era stato condannato a morte nel 2000 con l’accusa di aver ucciso, il 4 gennaio 1998, Jarvis Griffin, 23 anni, un ragazzo che consegnava pizze a domicilio, a cui furono rubati 20 dollari e due pizze. All’epoca del fatto aveva compiuto 16 anni da 3 settimane.
Williams ha un quoziente intellettivo piuttosto basso, 68 punti, ed una storia di diversi ricoveri, e scuole differenziate. La sera del 4 gennaio 1998 un gruppo di giovani aggredì un ragazzo che consegnava pizze a domicilio, gli furono rubati 20 dollari e due pizze, e poi il ragazzo fu ucciso con una pistola di piccolo calibro. I giovani, tutti maggiorenni, una volta individuati dalla polizia accusarono Williams di essere quello che aveva sparato.
Williams dopo un lungo interrogatorio confessò, probabilmente perché gli era stato promesso che subito dopo sarebbe potuto tornare a casa dalla nonna. Al processo i 3 imputati maggiorenni ottennero condanne detentive, mentre Williams fu condannato a morte. Il 20 febbraio 2004 il giudice Scott Crichton della Caddo District Court aveva convertito in ergastolo la condanna a morte di Williams in applicazione della sentenza del 20 giugno 2002 della Corte Suprema degli Stati Uniti che stabilisce che le condanne a morte ai ritardati mentali violano il diritto sancito dall’Ottavo Emendamento contro le punizioni eccessive.
Williams, assistito da nuovi avvocati, ha sempre insistito sulla sua innocenza, spiegando di essere stato nei paraggi, ma di non essere coinvolto nei fatti. In effetti i testimoni casuali avevano indicato un gruppo di persone più grandi, e nessuna prova fisica collegava Williams al fatto. Solo i coimputati lo accusavano.
Nel frattempo i nuovi difensori erano riusciti a dimostrare che all’epoca del processo la pubblica accusa aveva tenuto nascosti diversi elementi favorevoli a Williams, tra cui il fatto che la polizia fosse già convinta all’epoca che i coimputati stessero cercando di “incastrarlo”, che le impronte sulla pistola corrispondevano a quelle di un altro sospettato, e che macchie del sangue della vittima erano state rinvenute sugli abiti di un altro sospettato.
Ieri, per porre termine ad un lungo contenzioso, Williams ha accettato un accordo con la pubblica accusa, che ha ritirato l’accusa di omicidio di primo grado, sostituendola con una per omicidio involontario e “ostruzione alla giustizia”. In cambio dell’immediata scarcerazione Williams ieri ha accettato una condanna “a quanto già scontato”, ed oggi è uscito.
L’accordo è stato formalizzato dalla giudice Katherine Dorroh, che in passato aveva emesso una delle sentenze contrarie a Williams. Secondo la stampa la giudice ha usato un tono ironico, del resto, hanno ricordato alcuni giornalisti, è la stessa giudice diventata nota in passato per aver negato un risarcimento a Glenn Ford, un uomo scarcerato l’11 marzo 2014 dopo 30 anni nel braccio della morte. Nei confronti di Ford si scusò formalmente nel 2015 la rappresentante della pubblica accusa, ma la giudice Dorroh ritardò la procedura di indennizzo a favore dell’uomo, che morì pochi mesi dopo.
Poiché Williams si è dichiarato colpevole di accuse connesse, il suo caso non soddisfa i criteri per essere incluso nell'elenco degli “esonerati” del DPIC. False confessioni sono state una caratteristica ricorrente in molti casi che coinvolgono persone che sono state condannate ma successivamente prosciolte. L'anno scorso, 139 persone condannate per reati gravi sono state “esonerate”, e una su cinque aveva confessato, secondo il National Registry of Exonerations. Il tema delle false confessioni, ottenute dopo aver sottoposto l’imputato a fortissime pressioni fisiche o psicologiche, oppure facendo leva su particolari condizioni mentali dell’imputato, oppure convincendolo che sarebbe stato l’unico modo per evitare una condanna a morte, è uno degli argomenti dibattuti quando si argomenta che gli errori giudiziari sono sempre possibili, anche in casi più accurati della media, come sono quelli in cui è in gioco una condanna capitale.

(Fonti: Washington Post, Nessuno tocchi Caino, 22/05/2018)

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