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IL NOSTRO STATO DI DIRITTO È UNA CLESSIDRA SENZA SABBIA

4 gennaio 2025:

Fabio Falbo* su l’Unità del 4 gennaio 2025

Si è scoperto con sommo stupore come la legge non è uguale per tutti, forse neanche il rispetto della Costituzione, se si pensa che nessun organo o potere, ad eccezione del Presidente della Repubblica – attraverso l’istituto della grazia o con l’istituto della revisione – può cancellare o sterilizzare gli effetti di una sentenza che, tra l’altro, riguarda reati di una gravità estrema come la tortura. Ebbene, nel nostro Stato italiano questo fenomeno si è verificato con un’evidenza che dovrebbe spaventare tutti e con una semplicità, ove si consideri la complessa burocratizzazione del nostro sistema che ci impone delle riflessioni allarmanti.
Lo Stato italiano è stato condannato dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo con l’emissione della sentenza “Torreggiani contro Italia”. Non solo il nostro Stato è rimasto impunito nei soggetti che sicuramente ne hanno determinato o concorso alla causa, ma tantomeno poteva porre rimedio al sovraffollamento concedendo la detrazione di pena pari a 1 giorno per ogni 10 giorni di carcere o anche disporre risarcimento del danno pari a Euro 8 per ogni giornata trascorsa in condizioni di detenzione inumane e degradanti.
Si evince come lo Stato italiano, a fronte di una condanna per reati gravi, anziché provvedere, come succede per ogni comune cittadino, all’individuazione dei responsabili a vario titolo, ha arbitrariamente deciso per un’amnistia irrituale, in spregio a ogni norma democratica e codicistica, decidendo, pur senza una causa di estinzione del reato, di rinunciare a perseguirlo. A questo punto, per coerenza, non avrebbe neanche dovuto predisporre alcun meccanismo risarcitorio.
Nonostante la CEDU abbia accertato la lesione dei diritti soggettivi della persona detenuta, lo Stato italiano infischiandosi della condanna subita si è autoapplicata una forma di amnistia legalizzata, di certo non disposta con legge dello Stato o votata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera. Oltre ad aver fatto estinguere il reato, ha fatto capire che il reato non è stato commesso, tanto è vero che non vi sono stati colpevoli per quelle responsabilità collettive che non sono intervenute a impedire – il che equivale a cagionare per ogni comune cittadino – i suicidi, le morti o l’ingresso di quell’ammasso di materiale umano, anche ultraottantenne, nelle patrie galere italiane.
La parola amnistia deriva dal greco e significa “dimenticanza”, e come spesso accade in queste situazioni, lo Stato italiano dimentica volutamente anche il termine “perentorio” contenuto nella sentenza CEDU su indicata. Questo termine “dimenticato” obbligava e obbliga lo Stato italiano a porre rimedio entro un termine previsto, in questo caso un anno a partire dal 2013. Siamo a fine 2024, ma il termine si è trasformato in “ordinatorio”. Non rispettare il termine perentorio significa non rispettare la dignità umana, oltre al non rispetto degli obblighi in questione.
Con che criterio lo Stato italiano ha deciso l’impunità dei colpevoli e uno sconto del 10% o degli 8 euro al giorno per il risarcimento del danno? Con quale meccanismo lo Stato ha deciso la necessità di un risarcimento visto che ove tale condanna avesse coinvolto un cittadino comune, avrebbe sin da subito comportato un’indagine e un accertamento della responsabilità (che per tale reato prevede pene importanti con condanne ostative) e conseguentemente avrebbe previsto un congruo risarcimento del danno. L’inutile sconto del 10% viene quasi sempre rigettato dalla magistratura di sorveglianza competente, nonostante vi sono i dati ministeriali che indicano un sovraffollamento di tutte le strutture penitenziarie dal 150% al 200%, oltre a una situazione delle predette strutture carcerarie già di per sé stessa invivibile, a prescindere dal sovraffollamento medesimo, per non accennare ai risibili 8 euro giornalieri di risarcimento.
La perenne emergenza fa parte di quel sistema penitenziario collassato che produce inciviltà. Queste sono poche righe e pochi dati ineludibili che fotografano, senza possibilità di confutazione alcuna da parte di nessuno, lo stato attuale di sospensione della democrazia e della presenza, viceversa, di una struttura più vicina a molti Stati in cui regna la dittatura o la tirannia e comunque ai limiti dell’eversione. Uno Stato che non risponde dei propri crimini accertati con sentenza è uno Stato eversivo nel vero senso etimologico della parola e allo stesso tempo illegale. Il nostro Stato di diritto è una clessidra senza sabbia, che attualmente è rimasto alla concezione del “sorvegliare e punire”.
* detenuto nel carcere di Rebibbia

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