NELLA PRIGIONE IRACHENA ‘AL HOUT’ IN MIGLIAIA ASPETTANO LA MORTE
2 novembre 2024: Elisabetta Zamparutti su l’Unità del 2 novembre 2024 Nella prigione di Nassiriya tutto è fuori del comune e dalla norma. Il carcere è smisurato, sovraffollato, disumano. Dal momento in cui è stato aperto nel 2008, tutto si è mosso contro le leggi naturali della scienza e della coscienza. È stata progettata per contenere solo 800 prigionieri e, in pochi anni, contro i principi elementari della fisica, è stata affollata da oltre 8.000 detenuti. Come se tutti entrassero e nessuno uscisse. Gli abitanti del luogo, infatti, chiamano la prigione “al hout”, la balena, perché inghiotte esseri umani che non vengono più sputati fuori. È stata architettata come carcere della massima sicurezza contro il terrorismo; è subito diventata il luogo della tremenda vendetta delle vittime sciite del regime del terrore saddamita. La prigione di Nassiriya è l’unica in Iraq dove c’è il braccio della morte. I prigionieri in attesa di finire sulla forca sono migliaia, per lo più musulmani sunniti detenuti per reati politici o presunti atti di terrorismo. La “Balena” è diventata un mausoleo della legge del taglione. Ma, nel suo ventre, è violata la stessa regola islamica che prescrive il limite di un occhio per un occhio: uno al massimo, non di più. Invece, quando accade, a Nassiriya l’esecuzione è imprevedibile, smisurata e coperta da un manto di segretezza. Il 12 ottobre scorso, AFAD, l’Osservatorio Iracheno per i Diritti Umani, ha pubblicato un rapporto in cui si afferma che le autorità carcerarie hanno condotto quattro ondate di esecuzioni a settembre, la più grande delle quali si è verificata giorno 24, quando 21 prigionieri sono stati impiccati all’alba. AFAD sostiene che sono state effettuate senza consentire ai prigionieri di esprimere le ultime volontà o contattare le loro famiglie per un estremo saluto. I detenuti sono stati prelevati dalle loro celle in pigiama e impiccati in gruppi di sei, con alcune esecuzioni accompagnate da insulti settari da parte dei carnefici. Il giorno successivo i corpi sono stati consegnati alle famiglie, alle quali è stato chiesto di pagare la tassa per i certificati di morte. “La maggior parte delle vittime proveniva dai governatorati di Salah al-Din, Diyala, Anbar, Baghdad e Ninive. Alcuni dei giustiziati sono stati condannati in base a sentenze emesse durante l’era del Primo Ministro Nouri al-Maliki, noto per le sue politiche settarie”. AFAD ha fornito videoclip che mostrano i loro corpi dopo che sono stati restituiti alle loro famiglie. L’organizzazione ha anche condiviso il certificato di morte di un uomo, Waed Salim Hussain, di Talafer, provincia di Ninive. Il documento è stato firmato dalla clinica sanitaria della prigione centrale di Nassiriya e ha indicato la causa della morte come “esecuzione per impiccagione fino alla morte”. Secondo il rapporto, inoltre, il presidente Abdul Latif Rashid ha approvato le esecuzioni sotto la pressione delle fazioni politiche sciite a Baghdad, nonostante le contestazioni dei prigionieri, che hanno affermato di essere stati torturati per firmare confessioni o di essere stati condannati sulla base di false accuse da parte di informatori segreti. Il comitato presidenziale formato per ratificare queste condanne a morte sarebbe composto interamente da sciiti, senza un solo sunnita. Le famiglie e gli avvocati spesso vengono a conoscenza delle esecuzioni solo dopo che sono avvenute. Non c’è solo la prospettiva della forca. Nella prigione di Nassiriya, le guardie sottopongono regolarmente i prigionieri nel braccio della morte ad abusi fisici e psicologici. A volte li avrebbero tirati fuori dalle loro celle con il pretesto di un’esecuzione, per poi riportarli indietro. Alcuni hanno subito rappresaglie sotto forma di percosse, isolamento e negazione delle cure mediche. Altri sono tenuti in celle di detenzione senza cibo o beni di prima necessità. Le autorità, ovviamente, si sono affrettate a smentire le notizie di esecuzioni di massa a Nassiriya, liquidando le accuse come “voci false” volte a creare caos. Gli ordini di esecuzione, hanno assicurato, vengono implementati solo dopo una decisione giudiziaria definitiva e in conformità con i decreti presidenziali formali. Se le esecuzioni sono segrete, hanno aggiunto, è solo per il bene della sicurezza nazionale irachena. L’Osservatorio ha ribadito l’accuratezza del suo rapporto; anzi, ha detto di avere la prova che un’altra ondata di impiccagioni ha avuto luogo il 15 ottobre, tre giorni dopo che era stata resa pubblica la notizia precedente. La pancia della balena della prigione di Nassiriya continua a ingoiare vite umane e a sputarle fuori solo da morte. L’Iraq liberato da Saddam Hussein rispecchia in pieno le sue vecchie abitudini, che sono poi le stesse del regime iraniano su cui il “nuovo Iraq” si regge: la persecuzione dei nemici politici, la pratica della tortura, e la stessa passione per la forca.
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