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IN AMERICA LA PENA DI MORTE È RAZZISTA. E PURE IL NOSTRO 41BIS

27 aprile 2024:

Valerio Fioravanti su L’Unità del 27 aprile 2024

Recentemente l’agenzia statunitense che si occupa dei censimenti ha emesso un lunghissimo comunicato in cui spiega che, per la prima volta dopo 30 anni, sono stati aggiornati i criteri per le indicazioni delle etnie. L’ho letto immaginando che ci avrei trovato qualche nuova stravaganza dettata dal politicamente ipercorretto. Invece, nonostante il fiume di parole e le amplissime premesse, si trattava solo di una stravaganza dell’ovvio: d’ora in poi non si indicherà genericamente come “asiatico” chi proviene da quel continente, ma verranno introdotte cinque “fasce di asiaticità”. Va bene, quattro colonne di Excel in più, e le sintesi saranno un po’ meno sintetiche, ma nessuna rivoluzione.
La questione delle etnie mi è tornata sotto gli occhi nei giorni scorsi: le principali associazioni per i diritti civili chiedono alla Corte Suprema della California di dichiarare incostituzionale la pena di morte perché è razzista. Non si tratta di una novità, da sempre c’è il sospetto (diciamo così) che se un nero uccide un bianco è molto più probabile che venga condannato a morte che non nel caso opposto, ossia di un bianco che uccide un nero.
E, di fatto, la percentuale di persone di colore che si trovano in carcere (non solo nel braccio della morte) è notevolmente più alta di quella dei bianchi. Ovviamente qualcuno dice che è razzismo, e qualcun altro dice che il razzismo non c’entra, il fatto è che i neri commettono più reati.
Non se ne verrà mai a capo, perché sembra davvero (a scorrere le statistiche) che i neri siano più proclivi al crimine, ma magari non è così: i neri vengono presi, e i bianchi no, vallo a sapere. Altri dicono che più che la razza influisce il censo: i ricchi difficilmente vengono condannati a morte. Tra l’altro, a confermare che il censo conta eccome, è appena morto di morte naturale O. J. Simpson, nero, molto ricco, difeso in maniera cavillosa dai migliori avvocati della nazione dall’accusa di aver ucciso, proprio in California, moglie e amante della moglie, e assolto. Quindi sì, forse i neri sono più inclini a delinquere, o forse la polizia fa più indagini su di loro che non sugli altri gruppi etnici, oppure semplicemente i neri non possono permettersi buoni avvocati. O, probabilmente, un po’ di tutt’e tre le cose.
Comunque sia, i dati della California sono questi: neri e marroni costituiscono il 45% della popolazione dello Stato, ma quando si entra nel braccio della morte, sono il 60%. Chi sono i neri, i Black, lo sanno tutti. “Marrone” invece è un termine poco utilizzato in Europa.
“Brown” è il termine, considerato più corretto di “Latinos” o “ispanici”, per definire sinteticamente i Centro e Sud Americani.
Il ricorso davanti alla Corte Suprema ha senso.
I “colorati” (altro termine che in Europa farebbe alzare le sopracciglia, ma negli Usa è considerato perfettamente corretto) sono chiaramente sovrarappresentati nel braccio della morte, e questo rende legittimo il sospetto che i cittadini non siano tutti uguali davanti alla legge o, meglio, che la legge non tratti i cittadini tutti allo stesso modo.
Nessuno tocchi Caino seguirà la questione, che non si risolverà né facilmente né velocemente, e ne scriverà. Ma nota anche una similitudine. Noi, in Italia, non abbiamo il braccio della morte, ma abbiamo il 41 bis. Pena di morte e pena fino alla morte. Ma non è questa la similitudine: sono i “marroni”. A differenza degli Stati Uniti, dove le leggi sulla trasparenza amministrativa obbligano le amministrazioni penitenziarie a pubblicare su internet la lista aggiornata in tempo reale di ogni detenuto ristretto in ogni singolo carcere, da noi prevale un concetto di “sicurezza” che impedisce di avere dati del genere. Ma periodicamente vengono pubblicati dal Ministero di Giustizia dei “riassunti”.
A metà febbraio nelle 12 carceri che hanno un reparto “41 bis” erano ristretti 713 uomini e 12 donne: 224 mafiosi, 234 camorristi, 207 ndranghetisti, 20 pugliesi della Sacra Corona, 36 “appartenenti ad altre compagini criminali”, e 4 “terroristi” italiani.
Non riesco a trovare informazioni sui 36 “appartenenti ad altre compagini criminali” (sembra che 3 siano “mafiosi lucani”, sic), ma togliendo quelli, e i 4 “terroristi”, siamo certi che il 94,5% dei nostri condannati al regime carcerario più duro sono “marroni”, sono meridionali.
Per come è regolato in Italia l’accesso alla Corte Costituzionale, nessuna associazione per i diritti civili potrà fare un ricorso di costituzionalità per “razzismo”. Questo significa che ci terremo la classica spiegazione che “i meridionali sono irredimibili”.

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