governo: stato comunista dittatoriale
stato dei diritti civili e politici: Non libero
costituzione: adottata nel 1948, rivista numerose volte, la più recente nel 2009
sistema giuridico: si basa su quello tedesco, giapponese e si ispira alla dottrina giuridica comunista
sistema legislativo: monocamerale, Assemblea Suprema del Popolo (Ch'oego Inmin Hoeui)
sistema giudiziario: Corte Centrale, giudici eletti dall'Assemblea Suprema del Popolo
religione: maggioranze buddiste e confuciane; minoranze cristiane ed altre
metodi di esecuzione: plotone d'esecuzione impiccagione
braccio della morte:
Data ultima esecuzioni: 0-0-0
condanne a morte: 0
Esecuzioni: 2
trattati internazionali sui diritti umani e la pena di morte:Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici
Convenzione sui Diritti del Fanciullo
situazione:
La Corea del Nord nega di incarcerare prigionieri politici.
I media ufficiali dicono che non esistono problemi di diritti umani nello Stato
comunista dove tutti conducono “una vita tra le più dignitose e felici”.
Nel suo Rapporto del 2001 al Comitato Diritti Umani dell’Onu, il Governo
nord-coreano ha asserito di aver ridotto il numero dei reati capitali da 33 a
5. Ma 4 di quelli rimasti sono di natura essenzialmente politica. Il Codice
Penale prevede infatti la pena di morte obbligatoria per attività “in
collusione con gli imperialisti” volte a “sopprimere la lotta di liberazione
nazionale”. La pena di morte può essere inoltre applicata per “divergenza ideologica”,
“opposizione al socialismo” e “crimini controrivoluzionari”. In base a questi
“reati” il regime comunista ha continuato a giustiziare prigionieri politici,
oppositori pacifici, disertori o transfughi rimpatriati, ascoltatori di
trasmissioni estere, possessori di materiale stampato cosiddetto “reazionario”.
Alla fine del 2004, funzionari dello spionaggio sud-coreano, il National
Intelligence Service (NIS), hanno confermato che il 29 aprile 2004 la Corea del
Nord ha rivisto il suo codice penale. In base al nuovo codice, i nord-coreani
riconosciuti colpevoli di attività sovversive contro il governo rischiano la
pena di morte o l’ergastolo da scontare in uno dei famigerati campi di lavoro
del paese. Prima la pena era di dieci anni di lavori forzati o la pena di
morte. I disertori, definiti come “quelli che tradiscono la madrepatria e
scappano in altri stati”, in precedenza erano incarcerati fino a dieci anni.
Questo limite massimo è stato cambiato e potrebbero essere incarcerati a vita o
giustiziati, anche se in base alla nuova legge devono essere condannati a un
minimo di cinque anni.
Il 1° marzo 2006, le autorità della Corea del Nord hanno emesso un decreto
speciale che prevede la pena di morte per chi confeziona e traffica droghe e
che sostituirebbe il nuovo codice penale adottato dalla Corea del Nord nel
2004.
In base ad alcuni articoli aggiuntivi del “Codice Penale della Repubblica
Democratica del Popolo di Corea”, adottati dalla Corea del Nord nel 2007 e
trapelati all’esterno del Paese solo molto tempo dopo, sono puniti con la pena
capitale molti reati comuni minori anche di natura non violenta. Per esempio,
per la contraffazione di moneta il codice stabilisce più di 10 anni di
rieducazione mediante il lavoro, o la rieducazione a tempo indeterminato per i
casi gravi, tuttavia uno degli articoli contenuti negli allegati stabilisce che
“In circostanze estreme, il colpevole può essere giustiziato”. Dei 23 articoli
contenuti nelle “Clausole Aggiuntive del Codice Penale”, sono 17 quelli che
prevedono l’esecuzione capitale per “casi molto gravi” di diversi reati comuni,
mentre il solo Codice Penale stabilisce l’esecuzione per quattro soli reati di
tradimento. Il Comitato esecutivo dell’Assemblea Suprema del Popolo ha adottato
gli articoli aggiuntivi il 19 dicembre 2007, con l’Ordinanza N. 2483. L’art. 1
stabilisce che “l’esecuzione è ammessa per gravi atti relativi a risorse
strategiche e nel caso di distruzione volontaria o attacco contro complessi
militari”. Invece, in base al codice penale in vigore, in questo caso “è
appropriata una condanna a più di 10 anni di rieducazione tramite lavori
forzati o i lavori forzati a tempo indeterminato, in circostanze
particolarmente gravi.” Altri crimini che in base agli articoli aggiuntivi
portano all’esecuzione includono: saccheggio, furto, distruzione o
danneggiamento di beni nazionali, frode valutaria, diffamazione intenzionale,
sequestro, stupro, furto di beni privati, traffico di metalli e di beni
naturali, narcotraffico e tangenti per traffici di natura sessuale. Fatto
estremamente grave, l’articolo 23 prevede l’esecuzione o la condanna alla
rieducazione mediante lavoro a tempo indeterminato nel caso un individuo
commetta un certo numero di gravi reati oppure non ammetta la propria colpa o
mostri segni di ravvedimento. Nella metà degli anni ’90, esecuzioni pubbliche
extra-giudiziarie venivano praticate nei confronti di persone riconosciute
colpevoli di reati come furto di mucche o cibo, fatti molto comuni in tutti i
settori della società nord-coreana. Ma dopo l’adozione dell’articolo 23, questo
tipo di condanne a morte sono rese possibili all’interno di processi
giudiziari. Come stabilisce chiaramente sempre l’articolo 23, il codice penale
non riguarda fatti specifici di natura criminale, tuttavia rende possibile
l’esecuzione “in circostanze gravi” o per “persone incorreggibili” in senso
lato. Sicché, le condanne capitali possono applicarsi in teoria a tutti i
reati, in violazione patente dei principi giuridici stabiliti, sebbene queste
violazioni non siano nuove nella pratica legale della Corea del Nord.
Con altri emendamenti al codice penale introdotti a metà maggio 2013, sono state decretate punizioni pesanti
per una serie imprecisata di atti ritenuti sediziosi, tra cui agitazione
politica, rivolta e manifestazione pubblica.
All’inizio del 2014, le autorità nordcoreane hanno aggiunto altre cinque clausole all’Articolo 60 del codice penale, relative ad attività
anti-regime. Le clausole aggiuntive codificano sanzioni gravi per atti
illeciti, tra cui la comunicazione con il mondo esterno, che potrebbero in
linea di principio comportare la pena di morte. Una fonte basata nella
Provincia del Nord Hamkyung ha rivelato al Daily NK che “una direttiva
trasmessa a tutti i posti di lavoro all’inizio dell’anno informava che il
codice penale era stato emendato con l’introduzione nell’Articolo 60 di cinque
nuove clausole, ognuna delle quali prevedeva punizioni simili o peggiori di
quelle già esistenti”. I reati recentemente ri-codificati includono: contatti
telefonici illegali con cittadini stranieri, compresi i sudcoreani;
visualizzazione di soap opera o DVD sudcoreani e ascolto di trasmissioni
radiofoniche [straniere]; uso o spaccio di stupefacenti; traffico
transnazionale di esseri umani e prostituzione; favoreggiamento della diserzione
e diffusione di segreti di Stato. La “rieducazione” per almeno cinque anni o la
pena di morte possono essere inflitte a chi è colto nel comunicare con il mondo
esterno; un minimo di 10 anni di rieducazione è la pena prevista per aver
semplicemente guardato i media sudcoreani o ascoltato una radio straniera; un
minimo di cinque anni di rieducazione è possibile per traffico di droga.
In Corea del Nord sono ancora attivi cinque campi di lavoro (kwan-li-so) di stile stalinista in cui sono
detenute tra le 80.000 e le 120.000 persone: N° 14 (Kaecheon, Provincia del Sud
Pyongan), N° 15 (Yoduk, Provincia del Sud Hamkyung), N° 16 (Hwasung, Provincia
del Nord Hamkyung), N° 18 (Bukchang, Provincia del Sud Pyongan), N° 25
(Chongjin, Provincia del Nord Hamkyung). I campi di prigionia politica sono
divisi in “Zona Rivoluzionaria”, dove sono imprigionati familiari e complici
dei prigionieri politici e che possono essere rilasciati dopo un periodo di
detenzione, e in “Zona Completamente Controllata”, dove i ‘criminali’ sono
imprigionati a vita.
I detenuti nei gulag sono costretti a lavorare oltre dieci ore al giorno, non hanno alcuna assistenza medica e
ricevono una razione di cibo che va dai 100 ai 200 grammi, mentre la razione di
cibo per i bambini fino a 4 anni è di 234 grammi. Tra i detenuti non ci sono
solo oppositori politici ma anche cittadini comuni puniti per aver fatto
osservazioni irriguardose nei confronti dei leader del regime. I prigionieri
politici sorpresi in un tentativo di fuga sono giustiziati sul posto davanti
agli altri detenuti e le donne sono spesso stuprate.
Il 17 febbraio 2014, la Commissione d’inchiesta dell’ONU sui diritti umani nella Repubblica Popolare Democratica di Corea ha pubblicato
il suo Rapporto, che ha documentato con dovizia di particolari le “indicibili
atrocità” commesse nel Paese, alcune delle quali configurano probabilmente
crimini contro l’umanità. Mentre la Corea del Nord nega pure l’esistenza del
sistema dei cosiddetti kwanliso, cioè i campi di prigionia segreti, il Rapporto
presenta invece prove schiaccianti attraverso testimonianze di sopravvissuti e
guardie, supportate da immagini satellitari. Si stima che tra 80.000 e 120.000
prigionieri politici sono ancora detenuti nei campi, molti dei quali
“scomparsi”, cioè senza che le loro famiglie sappiano dove siano finiti, cosa accadrà
loro in futuro o se siano morti in stato di detenzione.
In un dossier di 400 pagine di notizie collegate e documenti di supporto, sulla base di
testimonianze di prima mano da parte delle vittime e dei testimoni, la
Commissione d’inchiesta dell’ONU ha descritto un regime brutale e disumano nei
campi, fatto di tortura sistematica, esecuzioni, stupri e “diritti riproduttivi
negati attraverso la punizione, l’aborto forzato e l’infanticidio”. Fatto sta
che – conclude il Rapporto – sono centinaia di migliaia le persone che si
ritiene siano morte nei campi nel corso dei decenni. “Le atrocità indicibili
che sono commesse contro i detenuti dei campi di prigionia politici kwanliso
ricordano gli orrori dei campi che gli Stati totalitari hanno stabilito nel
corso del ventesimo secolo. Istituzioni e funzionari coinvolti non sono
ritenuti responsabili. L’impunità regna sovrana.” Il Rapporto include una
lettera inviata dai Commissari al Supremo Leader, Kim Jong-un, nella quale lo
si avverte che rischia di essere processato presso il Tribunale Penale
Internazionale per crimini contro l’umanità.
In base alla sua Costituzione la Corea del Nord tutela la libertà religiosa, tuttavia
la Costituzione stabilisce anche che la religione “non deve essere utilizzata
al fine di favorire potenze straniere o di mettere in pericolo la sicurezza
pubblica.” In realtà il regime comunista ha autorizzato solo quattro chiese
statali – una cattolica, due protestanti e una russa-ortodossa – che sono
limitate solo alle esigenze di cittadini stranieri. Chi viola tale restrizione
è accusato di spionaggio o attività anti-governativa e pratiche religiose
clandestine comportano discriminazioni, l’arresto, la detenzione e anche
l’esecuzione.
Almeno 30.000 nord-coreani praticano il cristianesimo di nascosto, e per questo
circa 6.000 cristiani sono imprigionati nel “Campo N. 15” nel nord del Paese.
Gruppi religiosi e per la difesa dei diritti umani fuori dal paese hanno
continuato a fornire informazioni relative alla persecuzione di protestanti,
cattolici, buddisti e membri di chiese cristiane clandestine. Fedeli cristiani
sono stati imprigionati, picchiati, torturati o uccisi per aver letto la Bibbia
e predicato su Dio, in particolare per aver avuto legami con gruppi evangelici
operanti oltre confine in Cina.
Nel gennaio 2011, una fonte diplomatica vicina alla Corea del Nord ha detto al
giornale sud-coreano The Chosunilbo che nel 2010 “il regime ha pubblicato un
annuncio ufficiale in cui avvisa che chiunque utilizzi cellulari di
fabbricazione cinese o faccia circolare dollari falsi rischia l’esecuzione in
pubblico”. Inoltre è stato rilevato che il Partito dei Lavoratori ha aggiunto
una nuova clausola al suo regolamento, quella di “opporsi e combattere contro
le tendenze anti-socialiste”, frase che secondo un funzionario
dell’intelligence sud-coreana si riferisce agli elementi di capitalismo che
filtrano dalla Corea del Sud. “Il regime ha aperto la strada persino
all’esecuzione di chi guarda le soap opera sud-coreane o vesta in stile
sud-coreano, definendoli elementi anti-partito.”
Nel gennaio 2012, la casa editrice del Partito dei Lavoratori Coreani ha
pubblicato un libello dal titolo “Rafforzare la zona di confine e aumentare il
livello di coscienza comune per migliorare la dignità del nostro socialismo”,
che viene usato negli incontri pubblici. La pena capitale è la giusta risposta
a chi cerca di tradire il popolo nordcoreano e la rivoluzione socialista. Per
la prima volta dalla presa di potere di Kim Il-sung, questo concetto è stato
scritto in maniera ufficiale in un documento del Partito dei Lavoratori che
viene letto al popolo come perenne ricordo di cosa li aspetta se cercano di
fuggire. L’arrivo al potere di Kim Jong-un, terzogenito ed erede del “caro
leader”, sembra aver convinto molta gente a lasciare il Paese. E il regime
reagisce con questo documento, ottenuto in esclusiva dal giornale sud-coreano
DailyNK. Il riferimento alla pena capitale è molto raro in Corea del Nord,
soprattutto nei documenti ufficiali del Partito. Come in molte altre occasioni,
anche questa pubblicazione sembra essere una delle “ultime volontà” di Kim
Jong-il, il defunto dittatore del regime: “Mantenere saldo il confine fa parte
delle ultime istruzioni del nostro Generale, uno dei compiti più importanti e
responsabili. L’alta coscienza politica del popolo di confine non è una
questione operativa: è uno dei compiti più pesanti e più onorevoli del nostro
popolo, riguarda la difesa del socialismo e della rivoluzione anche a costo
della vita”.
Il 15 maggio 2012, le forze di sicurezza cinesi hanno lanciato una massiccia
operazione contro i transfughi nordcoreani nella Prefettura Autonoma Coreana di
Yanbian, nella Provincia nord-orientale cinese di Jilin, appena sopra il
confine con la Corea del Nord. Funzionari cinesi hanno dichiarato che la
repressione era parte di una campagna a livello nazionale volta a contrastare
l’immigrazione clandestina. Le forze di sicurezza di Yanbian hanno detto ai
giornalisti che l’operazione sarebbe continuata fino ad ottobre 2012, con
l’obiettivo di ripulire tutti i luoghi dove si nascondono i nord-coreani. I
disertori nord-coreani catturati nella Prefettura di Yanbian o in zone
limitrofe sarebbero stati arrestati e rispediti in Corea del Nord. Si stima
siano circa 10.000-15.000 i transfughi e altri migranti clandestini nordcoreani
riparati in Yanbian.
Non esistono statistiche ufficiali sulla pena di morte né notizie di esecuzioni che siano state pubblicate dai
giornali locali. Le poche notizie disponibili sono quelle raccolte e fatte
uscire dal Paese di nascosto.
Le esecuzioni pubbliche in Corea del Nord sono aumentate nel 2010 dopo che, a partire dal 2000, le critiche
internazionali avevano portato a una loro diminuzione. Tra i condannati vi sono
soprattutto funzionari pubblici accusati di traffico di droga, appropriazione
indebita e altri reati non violenti, oppure cittadini nordcoreani che hanno
tentato di fuggire in Cina o in Corea del Sud, spinti dalla carenza di cibo e
dalla oppressione politica nel Paese.
Nel 2013 vi sono state notizie di esecuzioni capitali per scoraggiare la pratica del cannibalismo legata alle condizioni di estrema
povertà a cui è ridotto il paese.
Si sono registrate almeno tre esecuzioni nel 2006 e almeno
13 nel 2007, 77 nel 2008, 11 nel 2009, 60 nel 2010, 30 nel 2011 e 4 nel 2012. Nel
2013, in Corea del Nord sono state effettuate almeno 17 esecuzioni per reati
non violenti o per motivi essenzialmente politici. Almeno altre due sono
avvenute nei primi sei mesi del 2014.
Il 1° maggio 2014, la Corea del Nord è stata esaminata in base alla Revisione Periodica Universale del Consiglio dei Diritti Umani delle
Nazioni Unite. Il Governo ha accettato di esaminare – tra le altre –
raccomandazioni per stabilire una moratoria immediata sulla pena di morte, come
primo passo verso la sua abolizione definitiva, abrogare la natura obbligatoria
della pena di morte, pubblicare statistiche dettagliate su condanne a morte ed
esecuzioni, ma non ha fornito una risposta su questi temi alla 27ma sessione
del Consiglio nel settembre 2014.
Il 18 dicembre 2014, la Corea del Nord ha nuovamente votato contro la
risoluzione per una moratoria delle esecuzioni capitali all’Assemblea Generale
delle Nazioni Unite.