esecuzioni nel mondo:

Nel 2025

0

Dal 2000 a oggi

0

legenda:

  • Abolizionista
  • Mantenitore
  • Abolizionista di fatto
  • Moratoria delle esecuzioni
  • Abolizionista per crimini ordinari
  • Impegnato ad abolire la pena di morte

CINA

 
governo: Stato comunista
stato dei diritti civili e politici: Non libero
costituzione: 4 dicembre 1982, emendata più volte, l'ultima nel 2004.
sistema giuridico: basato sul diritto civile, di derivazione sovietica e ricavato dai principi legali del codice civile continentale
sistema legislativo: monocamerale, Congresso Nazionale del Popolo (Quanguo Renmin Daibiao Dahui)
sistema giudiziario: Corte Suprema del Popolo, giudici nominati dal Congresso Nazionale del Popolo; Corti locali del popolo e corti speciali del popolo
religione: taoisti, buddisti, cristiana, 3-4%, mussulmani 1%. (ufficialmente atei)
metodi di esecuzione: iniezione letale colpo di pistola
braccio della morte:
Data ultima esecuzioni: 0-0-0
condanne a morte: 0
Esecuzioni: 0
trattati internazionali sui diritti umani e la pena di morte:

Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici (solo firmato)

Convenzione sui Diritti del Fanciullo

Convenzione contro la Tortura ed i Trattamenti e le Punizioni Crudeli, Inumane o Degradanti


situazione:
La Legge di Procedura Penale, che è stata riscritta ed è entrata in vigore nel gennaio 1997, ha “ridotto” a 69 il numero dei reati capitali, ma già due mesi dopo sono stati aggiunti emendamenti che ne hanno aumentato il numero.
La Cina prevede due tipi di sentenza capitale: l’esecuzione immediata e la condanna “con sospensione” della pena per due anni, che diventa definitiva qualora il condannato abbia commesso altri reati durante il periodo di sospensione.
Tra i reati capitali figurano reati non violenti come evasione delle tasse, traffico di droga, appropriazione indebita, falsificazione, frode, gioco d’azzardo, bigamia, gestione di un bordello, furto abituale, corruzione, disturbo della quiete pubblica, appropriazione indebita di fondi pubblici, contrabbando di sigarette, organizzazione di circoli pornografici, contrabbando di macchine, sfruttamento della prostituzione, speculazione, pubblicazione di materiale pornografico, furto o traffico di tesori nazionali, frode fiscale, vendita di false fatture, vendita delle pelli dei panda giganti, furto di mucche, cammelli e cavalli, vendita di falsi certificati di controllo nascite, vendita di falsi certificati di sterilità, vendita di denaro contraffatto e caccia al panda gigante e alla scimmia d’oro.
La Cina ha anche introdotto la pena di morte per la pirateria informatica e altri crimini legati a Internet.
In Cina è prevista la pena di morte per chiunque sia stato condannato per traffico di un quantitativo pari o superiore a 50 grammi di eroina.
Il 25 febbraio 2011, il nuovo codice penale cinese ha ridotto di 13 il numero di reati punibili con la pena di morte, portandoli a 55. Il Comitato Permanente del Congresso Nazionale del Popolo (CNP) ha approvato l’emendamento al Codice Penale nel corso della sua sessione bi-mensile.
E’ la prima volta che la Repubblica Popolare Cinese riduce il numero di reati punibili con la morte da quando, nel 1979, il Codice Penale è entrato in vigore.
I 13 reati sono di natura economica e non violenta e comprendono il traffico di reperti culturali, oro, argento e altri metalli preziosi o animali rari e loro prodotti; attività fraudolente attraverso documenti finanziari; attività fraudolente con lettere di credito; emissione di fatture false per ottenere rimborsi sulle imposte di esportazione o eludere le imposte sui compensi; falsificazione di fatture o vendita di fatture false; insegnamento di metodi per commettere attività illegali; furto di reperti antichi. L’emendamento stabilisce che la condanna a morte non possa essere imposta a persone che al momento del processo abbiano 75 anni ed oltre, fatta eccezione per i casi di omicidi commessi con eccezionale crudeltà.
La bozza di emendamento era stata sottoposta al Comitato Permanente del Congresso Nazionale del Popolo, più alto organo legislativo cinese, a partire dallo scorso agosto.
Secondo un documento legale rilasciato dalla Corte Suprema a gennaio 2007, una serie di casi di furto di gas e petrolio potrebbero concludersi con la pena di morte. Si tratta del primo documento che si occupa in maniera specifica di furto di petrolio e gas e di danni alle attrezzature, finalizzato a ridurre il tasso di reati industriali. Qualunque atto di furto di petrolio e gas che causi “conseguenze gravi” come la morte di più di una persone o il ferimento di almeno tre persone, e che causi un’esplosione, che porti una grave contaminazione o crei “pesanti perdite economiche” (oltre 64.000 dollari Usa), sarà condannato alla pena capitale.
Il 28 giugno 2007 un’altra direttiva della Corte Suprema ha stabilito che chiunque danneggi volontariamente i mezzi di telecomunicazione militari, rischia lunghe pene detentive o la pena di morte. La Corte ha stabilito che gli atti di vandalismo che ostacolano “importanti comunicazioni militari”, interferiscono con operazioni o causano perdite all’esercito, che abbiano come risultato la morte di più di tre persone, oltre 10 feriti o la perdita di più di un milione di yuan (128.200 U.S. dollari), possono essere puniti con pene che vanno dai dieci anni di carcere alla pena di morte. Le stesse pene sono previste per azioni che interferiscono nelle comunicazioni mentre le truppe conducono operazioni di soccorso o manovre militari, o che abbaino a che fare con emergenze, e che causino risultati “estremamente gravi”.
Il 21 agosto 2007 sempre la Corte Suprema ha dichiarato che la Cina potrà applicare la pena di morte a chi causerà danni agli impianti di energia elettrica causando conseguenze gravi. È prevista una condanna di 10 anni, ergastolo e pena di morte, per chi danneggia impianti elettrici causando conseguenze gravi che rientrino in quattro diverse tipologie: 1. la morte di una o più persone o il grave ferimento di almeno tre, o il ferimento minore di 10 o più persone; 2. un black-out di 6 o più ore che coinvolga 10.000 abitazione o la produzione industriale; 3. la diretta perdita economica di oltre 1 milione di yuan (131.000 dollari), e 4. altre gravi conseguenze che  compromettano la pubblica sicurezza.
Nonostante un positivo sviluppo registrato recentemente nella legge di procedura penale, nella pratica il sistema giudiziario penale cinese non è in condizione di garantire processi equi, imparziali e giusti. L'imputato di un reato capitale non ha pieno diritto all'assistenza legale immediata: ciò avviene, solitamente, al termine degli interrogatori condotti dalla polizia e anche in questo caso tale diritto viene spesso negato o limitato. È proprio durante i primi interrogatori che la persona arrestata viene torturata e costretta a “confessare” il reato e la “confessione” può così essere usata in tribunale e determinare la condanna a morte. Dal primo luglio 2006 le udienze dei processi capitali presso le Corti d’Appello si devono svolgere pubblicamente.
Le sentenze avvengono normalmente in campi sportivi o pubbliche piazze colmi di spettatori urlanti, con musica assordante, e sono eseguite con un colpo di fucile sparato a distanza ravvicinata al cuore oppure alla nuca con il condannato in ginocchio, le caviglie ammanettate e le mani legate dietro la schiena.
Nel 1997, la Cina ha introdotto il metodo dell’iniezione letale (applicata per la prima volta nello Yunnan) e, di recente, in molte Province sono state allestite delle unità mobili su dei furgoni da 24 posti, opportunamente modificati, che raggiungono il luogo dell’esecuzione. Il detenuto è assicurato con delle cinghie a un lettino di metallo posto sul retro del furgone. Una volta inserito l’ago, un poliziotto preme un bottone e automaticamente la sostanza letale viene iniettata nella vena. L’esecuzione può essere seguita su un monitor accanto al posto di guida ed eventualmente registrata. Le esecuzioni possono così effettuarsi in pochi minuti dopo l’emissione della condanna a morte, senza la necessità di trasferirsi in luoghi pubblici dove possono verificarsi tumulti.
Dagli attacchi dell'11 settembre 2001 contro gli USA, il governo cinese sta usando la lotta al terrorismo come pretesto per aumentare il pugno di ferro contro tutte le forme di dissenso politico o religioso nella regione. I sospetti separatisti o estremisti religiosi da anni rischiano detenzioni arbitrarie, l’isolamento, la tortura e, al termine di processi iniqui, il carcere o l'esecuzione. In particolare, la Cina fa passare la repressione dei Tibetani e degli Uiguri come lotta contro il terrorismo ed esercita pressioni su Paesi confinanti come il Kirghizistan, il Kazakistan, il Nepal e il Pakistan per costringerli a rimpatriare i militanti Uiguri.
Nel 2005, sono continuati in Cina gli attacchi, gli interrogatori, le incarcerazioni e i maltrattamenti fisici nei confronti di membri di movimenti religiosi o spirituali non autorizzati dallo Stato: congregazioni cattoliche e protestanti; musulmani uiguri; buddisti tibetani; Falun Gong o altri movimenti spirituali non ufficialmente registrati. Centinaia di luoghi di culto, moschee “clandestine”, templi, seminari, chiese cattoliche e chiese protestanti “domestiche”, sono stati chiusi dalla polizia e, in alcuni casi, demoliti. Centinaia di migliaia di praticanti del Falun Gong sono ancora costretti in prigione, nei campi di rieducazione e nei manicomi: centinaia di loro sono morti in carcere per le torture e i maltrattamenti subiti da quando la loro persecuzione è iniziata nel 1999.
Il 14 marzo 2005, il premier Wen Jiabao ha dichiarato che la Cina non ha intenzione di abolire la pena capitale, tuttavia sta attuando riforme affinchè venga usata con prudenza. “Considerata la situazione del nostro paese, non possiamo abolirla”, ha detto Wen, ma “stiamo istituendo un efficace sistema che consentirà di emettere condanne a morte con prudenza ed equità.”
I dat sulla pena di morte continuano ad essere in Cina un segreto di stato ma negli ultimi anni hanno iniziato a trapelare alcune notizie ufficiose dagli ambienti accademici, parlamentari e giudiziari.
Il 27 febbraio 2006, Liu Renwen, professore dell’Accademia delle Scienze Sociali cinese, ha ribadito che sono circa 8.000 le persone giustiziate ogni anno in Cina secondo stime che circolano in ambiente accademico.
Il 15 marzo 2007, Liu Jiachen, consigliere politico ed ex vice presidente della Corte Suprema del Popolo, ha dichiarato che il numero di condanne a morte emesse in Cina nel 2006 è il più basso degli ultimi dieci anni, senza però rivelarne il numero esatto.
Il 7 giugno 2007, John Kamm, fondatore della Fondazione Dui Hua, ha reso noto che le esecuzioni capitali in Cina sarebbero diminuite negli ultimi anni di almeno il 40% per un totale di circa 7.500 esecuzioni l’anno. Un effetto che dipenderebbe, secondo Kamm, dall’assegnazione avvenuta sei anni fa delle Olimpiadi del 2008 a Pechino.
L’8 giugno 2007, Ni Shouming, un portavoce della Corte Suprema, ha dichiarato che nei primi cinque mesi dell’anno, il numero di esecuzioni praticate in Cina è diminuito del 10% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Un effetto, ha spiegato il magistrato, legato prevalentemente alla riforma che restituisce alla Corte Suprema il potere esclusivo di rivedere e ratificare le condanne a morte che ha reso la stessa Corte ed i tribunali di grado inferiore più prudenti nell’emettere condanne capitali.
Per Chen Weidong, docente di diritto penale presso la Renmin University of China, le condanne a morte emesse nel 2007 sono destinate a diminuire del 20%.
Sono stime che confermano comunque la Cina come primo paese boia al mondo, un primato che molto probabilmente resterà imbattuto nella storia moderna della pena di morte e che, oltre a suscitare le critiche delle organizzazioni internazionali per i diritti umani, ha iniziato a far riflettere le stesse autorità cinesi, tant’è che si sono iniziati a registrare alcuni progressi.
Il più significativo è sicuramente quello dell’approvazione il 31 ottobre 2006 di un emendamento che prevede che tutte le condanne a morte devono essere confermate dalla Corte Suprema, così come avveniva in Cina fino al 1983. La nuova disposizione, entrata in vigore il 1° gennaio 2007, è ritenuta una delle più importanti riforme degli ultimi vent’anni sulla pena di morte in Cina, e segna un’inversione rispetto alle campagne del “colpire duro” avviate negli anni 80.
Prima di questa riforma, una gran parte delle sentenze capitali erano approvate dalle Alte Corti delle Province, che sono 300 in tutto il paese, e solo i casi più importanti arrivavano alla Corte Suprema. La restituzione alla Corte Suprema di questo potere esclusivo, dovrebbe portare a una notevole riduzione del numero di esecuzioni praticate nel Paese.
Ma questa riforma, come pure la proposta di pene detentive più lunghe invece che la pena di morte da applicare in casi particolari, non interviene ancora sulle 'confessioni' estorte sotto tortura, l’accesso limitato ad avvocati di fiducia e le interferenze politiche nei processi giudiziari.
Nel 2007 e nei primi cinque mesi del 2008 si sono succedute notizie in base alle quali le condanne a morte emesse nel 2007 dai tribunali cinesi sarebbero diminuite rispetto all’anno precedente, fino al 30%. Il dato è emerso il 9 maggio 2008, nel corso di un forum svoltosi nella provincia cinese di Liaoning, che ha visto giuristi, ricercatori e magistrati di Cina e Gran Bretagna affrontare il tema della limitazione e dell’abolizione della pena di morte. Secondo Li Wuqing, giudice presso il 1° tribunale penale della Corte Suprema, la restituzione alla stessa Corte del potere esclusivo di approvare le condanne a morte ha portato i tribunali del paese a gestire i casi capitali in maniera più prudente. Per Wu Sheng, giudice del tribunale di Liaocheng, città nella provincia del Shandong, il numero di condanne a morte emesse nella città l’anno scorso è inferiore del 40% rispetto al 2006.
Secondo quanto riferito dal Beijing Morning Post l’8 marzo 2008, la stessa Corte Suprema cinese, l’unica a conoscere il numero esatto delle condanne a morte e delle esecuzioni, avrebbe comunicato di aver annullato il 15% delle condanne a morte emesse nel 2007 dai tribunali di grado inferiore. Il giudice della Corte Suprema Huang Ermei ha dichiarato al giornale che le condanne a morte sono state respinte “per le circostanze non chiare alla base del giudizio di colpevolezza, prove insufficienti, pena inappropriata, procedure illegali e altri motivi”. Pur riconoscendo il trend abolizionista sul piano internazionale – ha aggiunto Huang – in Cina non ci sono tuttavia le condizioni per l’abolizione della pena capitale.
Nessuno tocchi Caino stima che sia nel 2006 che nel 2007 siano state effettuate almeno 5.000 esecuzioni l'anno.
Il 18 dicembre 2008 e il 21 dicembre 2010 la Cina ha votato contro la risoluzione per una moratoria delle esecuzioni capitali all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

 

notizie


 

Pena di morte per i militanti Uiguri

 
 
 

Organi espiantati dai condannati a morte

 
 
 

Commutazione di condanne a morte

 
 
 

Pena di morte per cittadini all'estero

 
 
 

Estradizione

 
 
 

Pena di morte per reati violenti

 
 
 
 

Legislazione

 
 
 

Pena di morte per reati economici o finanziari

 
 
 
 

Pena di morte per reati di droga

 
 
 
 

NOTIZIE

 
 
 

 

Asia, Medio Oriente, Australia e Oceania