situazione:In Afghanistan la pena capitale è espressamente prevista da numerose leggi del paese, a partire dalla legge fondamentale. Infatti, la Costituzione del 2004, all’articolo 23, afferma il diritto alla vita, ma nello stesso tempo consente che si possa essere privati di questo diritto nei casi previsti dalla legge.
In base all’Articolo 396 della Costituzione afghana, un condannato a morte ha diritto a due gradi di appello. Inoltre, la Costituzione considera la pena di morte come un atto complesso che, per essere applicato, necessita non solo di una sentenza giudiziaria definitiva, ma anche dell’approvazione particolare del Presidente. L’Articolo 129 della Costituzione stabilisce che “...Tutte le decisioni irrevocabili dei tribunali devono essere attuate, fatta eccezione per la pena capitale, che richiede dell’approvazione presidenziale.”
Il Codice Penale del 1976, tuttora in vigore, prevede la pena di morte per numerose fattispecie di reato che rimandano a due principali categorie: reati contro la sicurezza dello Stato e reati contro la persona, in particolare alcuni casi di omicidio aggravato.
Altri casi di omicidio di primo grado sono stati previsti da leggi più recenti come: la legge anti-droga entrata in vigore nel novembre 2003 che prescrive la pena di morte nel caso in cui un trafficante di droga, nel resistere all’arresto, uccide un tutore della legge; il decreto presidenziale del 3 luglio 2004 che prevede la pena di morte per chi sequestra bambini e ne espianta gli organi, per poi venderli.
Reati capitali sono inoltre previsti nella Legge sui Reati contro la Sicurezza Interna ed Esterna del 1987 e nella Legge Militare del 1989, retaggio tutte e due dell'occupazione sovietica e ancora in vigore. I reati previsti da queste leggi, riferibili principalmente alla sicurezza dello Stato in particolare in tempo di guerra, sono giudicati rispettivamente dal Tribunale per la Sicurezza Nazionale e dal Tribunale Militare.
Comunque, il Codice Minorile recentemente approvato, che definisce come minorenne “una persona che ha compiuto i dodici anni di età e non ancora compiuto i diciotto”, all’articolo 39, paragrafo C, stabilisce che un ragazzo non può essere condannato a morte.
Il 9 ottobre 2004, nelle prime elezioni democratiche della storia del paese, gli afgani hanno votato come loro Presidente Hamid Karzai, alla guida dell’Afghanistan dal 2001. Il suo governo ha sostituito l’amministrazione ad interim costituita sotto l’egida dell’Onu il 22 dicembre 2001, dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001 alle Torri Gemelle e al Pentagono e il susseguente intervento americano in Afghanistan che ha portato alla caduta del regime talebano.
Non esistono statistiche ufficiali sulle esecuzioni effettuate nel periodo dei talebani, ma nel solo 2001 almeno 68 persone, comprese due donne, sono state giustiziate.
Dal crollo del regime nel 2001, numerose condanne a morte sono state emesse ma il numero preciso è sconosciuto e le notizie variano dalle 11 rese pubbliche dai media alle 38 che sono state sottoposte all’approvazione presidenziale nel luglio del 2005.
Nel 2002, per la prima volta dopo moltissimi anni, non si sono registrate esecuzioni in Afghanistan e vi è stata una sola condanna a morte. Nel 2003, per il secondo anno consecutivo, non sono state effettuate esecuzioni.
Il 20 aprile 2004, è stata eseguita la prima condanna a morte comminata dalla caduta del regime dei talebani: un ex comandante militare, Abdullah Shah, condannato per più di 20 omicidi è stato ucciso con un colpo d’arma da fuoco alla nuca nella prigione Pul-e-Charkhi, nella zona orientale della capitale, davanti a testimoni, tra cui rappresentanti della polizia e della Procura.
Dopo due anni di sospensione, nel 2005 e nel 2006, nel 2007 l’Afghanistan ha ripreso le esecuzioni effettuandone 15. Nel 2008 se ne sono registrate almeno 17, mentre non risultano esecuzioni nel 2009 né nel 2010. Due le esecuzioni compiute nel 2011, 14 quelle del 2012, 2 nel 2013, 6 nel 2014 e 1 nel 2015.
Ben
6 impiccagioni sono state effettuate nel 2016, tutte per terrorismo. Almeno 4 nuove condanne a morte sono state imposte nel 2016, mentre sarebbero almeno
600 i condannati a morte nelle carceri del Paese alla fine dell’anno. I dati non sono cambiati dall'elezione a Presidente di Ashraf Ghani, il 14 ottobre 2014, quando funzionari della Presidenza afghana hanno reso noto che il Governo avrebbe rivisto i casi dei 400 condannati a morte, circa
100 dei quali erano stati già definiti dalla Corte Suprema dell'Afghanistan ed erano in attesa della firma del nuovo Presidente, Ashraf Ghani, mentre più di
300 non erano stati ancora approvati dalla Corte. I funzionari hanno comunque precisato che il Governo avrebbe cercato alternative per i detenuti in attesa di esecuzione. Il consulente legale del Presidente Ghani, Abdul Ali Mohammadi, ha detto a Radio Free Europe (RFE) che la visita al carcere di Pul-e-Charkhi era un esempio del suo impegno a garantire la giustizia nel Paese.
Lapidazioni per adulterio, extra-giudiziarie e sommarie, sono effettuate in Afghanistan in zone controllate dai Talebani che hanno spesso gestito sistemi di giustizia informali, applicando una rigida versione della Sharia, dalla lapidazione delle donne adultere al taglio delle mani dei ladri.
Alcuni afghani spesso si rivolgono a tribunali talebani per risolvere contrasti, anche perché le autorità costituite sono viste con diffidenza per la corruzione dilagante nel governo. Nelle zone che controllano, i Talebani vietano alle ragazze di frequentare la scuola e impongono la separazione tra i sessi nelle manifestazioni pubbliche, tra cui i matrimoni. Raccolgono anche le tasse dai residenti per mantenere il loro controllo armato delle aree.
La lapidazione
Nel 2004 è stata promulgata la nuova Costituzione dell’Afghanistan. Nei 160 articoli di cui è composta non è contenuto nessun riferimento esplicito alla Sharia. Tuttavia si dichiara che l’Afghanistan é una “repubblica islamica”; l’art. 130 stabilisce che “le corti giudicano sulla base dei principi costituzionali e in conformità con la giurisprudenza hanafita” e l’articolo 3, dice che “nessuna legge può essere contraria ai principi e alle prescrizioni della sacra religione dell’Islam” prescrizioni che prevedono la pena capitale, in particolare per reati contro la religione islamica (rapina, adulterio e apostasia o blasfemia) e per reati contro la persona (omicidio). Ma un’altra norma costituzionale, l’articolo 27, richiede l’esistenza di una legge che sia stata promulgata per qualificare e punire un fatto come reato, ed è facile arguire come le prescrizioni coraniche sulla pena di morte non possano essere considerate alla stessa stregua. Il Codice penale afghano risale a più di trent’anni fa e il Governo ne sta preparando uno nuovo per unificare norme frammentarie e coprire reati lasciati fuori quando l’ultima versione è stata scritta.
Come parte del processo legislativo, nel novembre 2013, una commissione aveva avanzato un progetto di codice penale relativo ai “crimini morali” che prevedeva per gli adulteri sposati la lapidazione e le frustate per gli adulteri non spostati. Il gruppo di lavoro del Ministero della Giustizia aveva raccomandato che se una coppia è riconosciuta colpevole da un tribunale di rapporti sessuali al di fuori di un matrimonio legale, sia l’uomo che la donna “saranno condannati alla lapidazione se l’adultero o l’adultera sono sposati”. Se “l’adultero o l’adultera non sono sposati”, la condanna sarà “di 100 frustate”, secondo la bozza. Le disposizioni prevedevano inoltre che “la lapidazione dovrà avvenire in pubblico in un luogo predeterminato”. Dopo diversi giorni di silenzio di fronte alla crescente protesta internazionale, il Ministero della Giustizia ha dichiarato che, sebbene la lapidazione sia stata proposta, non entrerà nella nuova legislazione, perché non c’è “alcuna necessità di regolamentare la questione”. Il Codice penale del Paese comprende già la Sharia, ma alcuni controversi aspetti delle punizioni tradizionali come la lapidazione non sono mai formalmente entrati nelle leggi dell’Afghanistan. Di fatto, dalla caduta del regime dei talebani nel 2001, in Afghanistan non è stata emessa nessuna condanna a morte per reati come l’adulterio, previsti dalla legge islamica ma senza nessuna corrispondenza a norme di diritto positivo.
Nel paese l’influenza dei leader religiosi sul sistema giudiziario è comunque ancora forte. Il tristemente famoso “Ministero per la Promozione della Virtù e per la Prevenzione del Vizio”, l’implacabile agenzia talebana per l’applicazione dei principi religiosi, non è mai stato abolito, anche se ha perso il suo stato ministeriale e ora è denominato Dipartimento di Istruzione Islamica.
Secondo il rapporto Freedom of Thought 2015, pubblicato dalla International Humanist and Ethical Union (IHEU), il “reato” di apostasia risulta essere punito con la morte in 12 dei più integralisti Paesi musulmani tra cui l’Afghanistan.
Di fatto, dalla caduta del regime dei talebani nel 2001, in Afghanistan non è stata emessa nessuna condanna a morte per reati come l’adulterio o l’apostasia, previsti dalla legge islamica ma senza nessuna corrispondenza a norme di diritto positivo.
La guerra al terrorismoIl Codice Penale del 1976, tuttora in vigore, prevede la pena di morte per numerose fattispecie di reato che rimandano a due principali categorie: reati contro la sicurezza dello Stato e reati contro la persona, in particolare alcuni casi di omicidio aggravato. Reati capitali sono inoltre previsti nella Legge sui Reati contro la Sicurezza Interna ed Esterna del 1987 e nella Legge Militare del 1989, retaggio tutte e due dell’occupazione sovietica e ancora in vigore. I reati previsti da queste leggi, riferibili principalmente alla sicurezza dello Stato in particolare in tempo di guerra, sono giudicati rispettivamente dal Tribunale per la Sicurezza Nazionale e dal Tribunale Militare.
Nel 2016,
sei uomini sono stati giustiziati, tutti per terrorismo.
La pena di morte nei confronti delle donneIn Afghanistan, le donne hanno maggiori probabilità di essere condannate a morte per adulterio o rapporti extraconiugali per pregiudizi radicati e diffusi nella società.
L'adulterio e le relazioni sessuali consensuali tra adulti dello stesso sesso rientrano nei "reati di Zina" che comportano la pena capitale quale "pena hudud" in base all'articolo 1 del codice penale del 1976. Una persona sposata che commette adulterio è condannata alla pena di morte mentre se la persona non è sposata alla fustigazione. Tuttavia, devono essere soddisfatti severi requisiti probatori, con il risultato che gli studiosi riferiscono che non sono mai state emesse condanne per reati sessuali senza la confessione dell'imputato (ai fini della penalità di hadd).
Il trattamento della sodomia varia in base alle scuole e secondo quella di Hanafi, dovrebbe applicarsi una penalità di
tazir non una penalità di
hadd.
Le donne in gravidanza sono escluse dall'esecuzione, avendo l'Afganistan ratificato il Patto internazionale sui diritti civili e politici. Inoltre, le donne che sono al sesto mese di gravidanza al momento della condanna, non saranno imprigionate prima dei 4 mesi dopo il parto, secondo deathpenaltyworldwide.org.
Le Nazioni UniteIl Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, in occasione della Revisione Periodica Universale dei diritti umani nel 2009 ha avanzato nei confronti dell’Afghanistan, diverse raccomandazioni relative all'uso della pena di morte, come l’introduzione di una moratoria delle esecuzioni e l’abolizione della pena di morte che però l’Afghanistan ha respinto.
Il 27 gennaio 2014, l’Afghanistan è stato riesaminato nell’ambito della Revisione Periodica Universale del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite. Nelle sue risposte alle raccomandazioni ricevute, il Governo ha respinto quelle di stabilire una moratoria sulle esecuzioni in attesa di eliminare la pena di morte dalle leggi penali e ratificare il Secondo Protocollo Opzionale al Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici. Il 19 giugno, nella sua dichiarazione orale per l’adozione del rapporto finale sull’Afghanistan, il capo della delegazione del Paese ha detto che “le decisioni degli organi giurisdizionali, tra cui la Corte Suprema, non bastano a imporre la pena di morte. Il Presidente di rado usa il suo potere approvando le decisioni della Corte Suprema ... In pratica egli applica una sorta di moratoria sulla pena di morte”.
Il 19 dicembre 2016, l'Afghanistan ha nuovamente votato contro la risoluzione per una moratoria delle esecuzioni capitali all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.