USA - l giudice militare James Pohl dichiara inutilizzabili i verbali istruttori nel processo contro i 5 accusati degli attentati dell'11 settembre 2001.

21 Agosto 2018 :

Il giudice militare James Pohl, che presiede la Corte marziale che a Guantanamo sta processando 5 uomini accusati di aver organizzato gli attentati dell’11 settembre 2001, ha disposto che la pubblica accusa non potrà utilizzare le dichiarazioni fatte dagli imputati durante le indagini. La vicenda è nota, e la battaglia procedurale è in corso da molti anni. Al momento dell’arresto gli imputati furono tenuti in carceri segrete gestite dalla Cia, per periodi di 3-4 anni. Il questi “black sites” (siti neri) gli imputati sono stati sottoposti a diverse forme di tortura, e alcuni di loro hanno fatto parziali ammissioni. La Cia non vuole rivelare ufficialmente l’ubicazione dei “black sites”, di solito collocati all’interno di basi militari all’estero, né vuole rivelare l’identità dei propri agenti che hanno condotto gli interrogatori. Questo è stato contestato dagli avvocati difensori, che ritengono venga loro precluso alla radice il diritto costituzionale di verificare la credibilità dagli interrogatori, cosa che solitamente si fa in tribunale controinterrogando gli investigatori. La Cia ha ritenuto di poter ovviare a questo grave vulnus facendo ripetere gli interrogatori da agenti del FBI, denominati in gergo “clean team” (squadra pulita), in teoria all’oscuro di quanto già dichiarato dagli imputati alla Cia. Gli avvocati della difesa hanno sostenuto che avevano bisogno di accedere a documenti e testimoni che documentassero la tortura per poter dimostrare che le dichiarazioni dell'FBI erano un sottoprodotto forzato degli interrogatori della CIA. Gli imputati sono: Khalid Sheik Mohammed, 54 anni, pakistano; Walid bin Attash, 39 anni, yemenita; Ammar al Baluchi, 41 anni, pakistano; Ramzi bin al Shibh, 46 anni, yemenita; Mustafa al Hawsawi, 49 anni, saudita. I 5 imputati sono stati formalmente rinviati a giudizio il 5 maggio 2012. Da allora le udienze pre-processuali si sono dovute occupare delle torture denunciate dagli imputati, delle prigioni segrete della Cia dove sono stati tenuti prima di arrivare alla base navale di Guantanamo (Cuba) nel settembre 2006, delle modalità di incontro tra imputati e difensori, e delle risorse, umane ed economiche, che devono mettere accusa e difesa su un piano di sostanziale parità. Gli episodi di tortura, ricostruiti nel 2014 da una commissione del Senato (U.S. Senate Select Committee on Intelligence) e pubblicati nel cosiddetto “The Torture Report” conferma che nei confronti dei sospettati sono stati usati diversi tipi di tortura psicologica o fisica, tra cui privazione del sonno, "reidratazione rettale", ammanettamento in posizioni dolorose, testa sbattuta al muro, e il ricorso ripetuto al “waterboarding”, una specie di affogamento, che nel caso di Mohammed pare abbia raggiunto il vertice di 183 episodi nell’arco di un mese. Sebbene i difensori degli imputati abbiano il nulla osta di sicurezza top-secret, il governo ha fornito loro solo relazioni della Cia con “omissis”, e sommari compilati dalla "squadra pulita" delle informazioni da loro ricevute da agenti e medici che avevano assistito agli interrogatori della Cia. Inoltre, i difensori sono stati minacciati di azione legale se avessero tentato di ottenere informazioni aggiuntive sui luoghi, le modalità, e le persone coinvolte negli interrogatori della Cia. Il giudice Pohl ha stabilito che le restrizioni poste dal Governo (superiore gerarchico della Cia e del Fbi) hanno negato alla difesa la capacità di "investigare, preparare e contestare correttamente gli interrogatori”. I pubblici ministeri hanno tempo fino al 27 agosto per decidere se fare ricorso davanti alla U.S. Court of Military Commissions Review. Un ricorso allungherebbe ulteriormente la fase pre-dibattimentale del processo.

 

altre news