20 Novembre 2018 :
Il peso dei proscioglimenti sui parenti delle vittime. Un articolo di Lara Bazelon su Politico (“This is what wrongfull convictions does to a family”), rileva come, quando un processo si rivela sbagliato, non ne soffre solo l’imputato, ma anche i parenti della vittima, che da un lato si rendono conto che il vero responsabile non è stato preso, ed inoltre è stata colpevolizzata una persona innocente. La Bazelon è un professore associato della University of San Francisco School of Law, ed è autrice del libro “Rectify: The Power of Restorative Justice After Wrongful Conviction” (Rettificare: il potere della giustizia riparativa dopo una condanna sbagliata). Nell’articolo Bazelon definisce un proscioglimento “un terremoto che lascia rovina e sconvolgimento nella sua scia”. “I prosciolti prima soffrono terribilmente, sia fisicamente che mentalmente, in carcere, e poi sono ri-vittimizzati quando vengono scarcerati, senza un accesso a programmi o servizi di supporto che li aiutino a reinserirsi nella società”. Ma ci sono altre vittime, spesso dimenticate: i parenti delle vittime. Devono rivivere quella che è la peggiore esperienza della loro vita con in più il pensiero che il vero colpevole non è stato catturato, o catturato troppo tardi, magari dopo aver fatto altre vittime. Bazelon cita come esempio la vicenda di Christy Sheppard, che aveva 8 anni quando sua cugina, Debbie Carter, 21 anni, venne violentata e uccisa in Oklahoma il 7 dicembre 1982. Il caso rimase irrisolto per 5 anni, fino a quando una donna, con precedenti penali, indirizzò le indagini contro Ron Williamson, un giocatore di baseball professionista, bianco, con problemi di alcol e droga, e Dennis Fritz. Williamson, che all’epoca dei fatti aveva 29 anni, venne condannato a morte nel 1988, e Fritz all’ergastolo senza condizionale. Williamson nel 1994 si trovò a un passo dall'esecuzione, ma ottenne un rinvio da una corte federale. Assistito dai legali di Innocence Project, una importante associazione che ha seguito decine di casi di condannati a morte, Williamson ottenne un riesame dei reperti fisiologici, e un test del Dna scagionò completamente lui e il suo amico Fritz, indicando come il vero autore dello stupro fosse Glen Gore, un uomo che inizialmente era stato sospettato dalla polizia ma che, indirizzando i sospetti contro Williamson e Fritz, era stato escluso dalle indagini. In seguito Gore venne condannato a morte, e dopo un appello, la pena commutata in ergastolo senza condizionale. Williamson e Fritz vennero rilasciati nel 1999. I due ottennero un risarcimento di diversi milioni di dollari, ma Williamson morì nel 2004 per cirrosi epatica, come conseguenza sia degli abusi di gioventù sia, si scrisse, per le quantità eccessive di sostanze psicotrope - clorpromazina in particolare - somministrategli negli anni di detenzione. Nel 2006 (vedi NtC 06/12/2006) l’attore George Clooney aveva acquistato i diritti del libro di John Grisham “The innocent man” (pubblicato in italiano da Mondadori con il titolo “Innocente. Una storia vera”). Il progetto di ricavarne un film è stato abbandonato l’anno successivo. Williamson è elencato con il numero 78 nella Innocence List del DPIC. Sheppard e la sua famiglia rimasero molto scossi quando Williamson e Fritz vennero scagionati. Lo sbigottimento per quella condanna sbagliata trasformarono la percezione della famiglia del sistema giudiziario, e trasformarono Sheppard in una sostenitrice della riforma della giustizia. Nel 2013, Sheppard ha partecipato a una tavola rotonda durante la conferenza annuale dell’Innocence Project. Lì ha incontrato Jennifer Thompson, una sopravvissuta a uno stupro che aveva identificato erroneamente il suo stupratore, che poi ha scritto un libro a quattro mani con l'uomo che era stato ingiustamente condannato perla sua aggressione. Sheppard ha detto che la Thompson aveva dato voce allo stesso senso di "ri-vittimizzazione e di esclusione" che lei e la sua famiglia avevano sentito. Dopo la conferenza, Sheppard ha riesaminato una serie di fattori, ed è giunta alla conclusione che le esperienze dei prosciolti e delle vittime erano "completamente diverse, ma anche uguali. ... A tutti noi è stato mentito, siamo stati maltrattati e non considerati." Sheppard in seguito ha scritto un editoriale sulla dichiarazione di innocenza di un altro detenuto del braccio della morte dell’Oklahoma, Richard Glossip. "La vittima e la sua famiglia meritano giustizia", scrisse, "ma non ci sarà giustizia se Glossip sarà messo a morte, e scopriamo troppo tardi che è innocente di questo crimine." Sheppard è stata uno degli undici membri della Oklahoma Death Penalty Review Commission, e l'unico membro a non essere né un avvocato né un politico. Come membro della commissione, ha cercato di contestare l'idea che la pena di morte fosse l'unico modo in cui la sua famiglia poteva ottenere giustizia. Da allora ha parlato delle sue esperienze sui media locali e nazionali, ha testimoniato davanti al Senato dell'Ohio a sostegno di un progetto di legge per vietare l'esecuzione di persone con malattie mentali, e ha fatto una campagna per l'abrogazione della pena di morte in Nebraska. "So che questi casi non riguardano la verità", ha detto Sheppard a Bazelon. "È politica; è un gioco in cui le persone vengono usate come pedine, e giocate. Non è giusto e non è equilibrato."