29 Novembre 2005 :
Nessuno tocchi Caino aderisce alla manifestazione organizzata a Roma davanti all’Ambasciata degli Stati Uniti per mercoledì 30 novembre, per chiedere alle autorità statali e federali degli Usa di porre immediatamente fine a tutte le esecuzioni. Dopo la commutazione della condanna a morte di Robin Lovitt, quella di Kenneth Boyd, prevista in North Carolina il 2 dicembre, potrebbe essere la millesima esecuzione negli Usa da quando, nel 1976, la Corte Suprema ha reintrodotto la pena capitale. La fiaccolata si terrà a partire dalle 17 davanti all’Ambasciata degli Stati Uniti in via Veneto.In occasione della Giornata Mondiale delle Città contro la pena di morte, della millesima esecuzione negli Stati Uniti e della manifestazione davanti all’ambasciata americana a Roma a cui Nessuno tocchi Caino ha aderito, il Segretario dell’Associazione Sergio D’Elia ha dichiarato: “Abbiamo aderito alla manifestazione davanti alla Ambasciata degli Stati contro la millesima esecuzione dalla reintroduzione della pena capitale, ma non abbiamo perso il senso delle proporzioni e le enormi differenze con cui il problema si manifesta nei diversi paesi.
Stiamo parlando della esecuzione numero mille negli ultimi trent’anni di storia degli Stati Uniti, a fronte delle almeno 5 mila effettuate in Cina ogni anno e, senza nessuna interruzione, dalla nascita della Repubblica Popolare.
Se è inaccettabile che nella democrazia più antica, solida e liberale del mondo si pratichi ancora la pena di morte, non possiamo dimenticare che la carneficina giudiziaria cinese insieme alle pene capitali praticate in altri stati totalitari, autoritari e illiberali rappresenta il 98,9 per cento del problema della pena di morte nel mondo.
La battaglia di Nessuno tocchi Caino e del Partito Radicale per una moratoria universale delle esecuzioni decisa dalla Assemblea Generale dell’Onu è rivolta innanzitutto agli innominati e ai dimenticati della pena di morte: i condannati nei bracci cinesi, iraniani, vietnamiti e di altri paesi illiberali che muoiono ammazzati nel silenzio e nella indifferenza generale.
A ben vedere, la soluzione definitiva del problema riguarda proprio paesi come la Cina, l’Iran, il Vietnam, la Corea del Nord, l’Arabia Saudita... e, prima che nell’abolizione della pena di morte, sta nell’affermazione della democrazia, dello stato di diritto, dei diritti umani.
Se è vero - come è vero negli Stati Uniti - che la democrazia di per sé non significa abolizione della pena di morte, è altrettanto vero che solo in un sistema democratico l’abolizione può essere concepita e durare nel tempo. Anche i dittatori la possono abolire, da un giorno all’altro e per decreto, come pure da un giorno all’altro e per decreto la possono ripristinare.”
(Fonti: NtC, 30/11/2005)