INDIA: CONDANNA CAPITALE COMMUTATA IN ERGASTOLO DALL’ALTA CORTE DI MADRAS

23 Marzo 2021 :

L'Alta Corte di Madras (Chennai), capitale dello stato indiano del Tamil Nadu, il 17 marzo 2021 ha commutato in ergastolo la condanna a morte che era stata emessa nei confronti di un giovane per omicidio.
Il giovane disoccupato aveva ricevuto la pena capitale per aver ucciso la sua vicina di 54 anni in un complesso residenziale a Coimbatore, prima di rubare i suoi gioielli e tagliare il corpo della vittima a pezzi, nascondendoli in due valigie.
I giudici dell’Alta Corte P.N. Prakash e V. Sivagnanam hanno tuttavia ordinato che l’imputato J. Yasar Arafat venga recluso per un periodo minimo di 25 anni senza alcuno sconto poiché ha commesso un crimine contro una donna indifesa, che aveva l'età di sua madre, solo per derubarla di gioielli d'oro. Hanno sottolineato che l’imputato aveva 22 anni quando ha ucciso la donna, il 13 febbraio 2013.
Diversamente dall'opinione del tribunale, secondo cui si trattava di un caso rientrante nella categoria dei più rari tra i rari, che giustificano l'imposizione della pena di morte, l’Alta Corte ha dichiarato: "Questo è l'ennesimo caso comune di omicidio con finalità di furto, niente di più e niente di meno… L’imputato non ha, come sostiene l’accusa, smembrato sadicamente una persona ancora viva. L’autopsia ha mostrato chiaramente che la morte di Saroja è avvenuta a causa dello strangolamento e che tutte le altre lesioni sono state causate post mortem e non ante mortem.
“Dopo aver ucciso Saroja per rubare gli ornamenti d’oro da lei indossati, l’imputato ha smembrato il suo corpo per evitare di essere scoperto. Ecco perché ha infilato le parti smembrate in due valigie, nascondendole sopra l'armadio in casa sua, pensando di liberarsene in seguito. L’imputato è stato tuttavia tradito dall’insopportabile fetore emanato dalle due valigie.”
Per i giudici dell’Alta Corte non è stato dimostrato che l’imputato abbia una propensione criminale intrinseca e che costituisca una minaccia per la società, per cui hanno affermato di non voler confermare la sentenza di morte che era stata emessa in primo grado.

 

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