IL DIGIUNO DI COSPITO E’ IL NOSTRO DIGIUNO

14 Gennaio 2023 :

Davide Tutino* su Il Riformista del 13 gennaio 2023

Cos’è un anarchico? Non è nulla se viene rinchiuso in un buco di cemento, se viene isolato dalla società e dal mondo, impossibilitato a contattare chiunque e perfino a leggere un libro; ma questo nulla ha un nome e cognome, Alfredo Cospito. Il nome e cognome, pur essendo un abito di suoni e di segni, alle volte ti sottrae all’annullamento, ti permette di entrare in un dia-logo, uno scambio di racconti, di ragioni e di ragione.
È grazie al suo nome che noi possiamo parlare di Alfredo Cospito, perché di lui ci è tolto tutto il resto: ci sono tolte le sue parole, il volto, il corpo, in violazione del principio costituzionale della proporzionalità tra pena e reato.
Alfredo Cospito era già in galera dal 2016, per aver sparato alla gamba di un industriale, ed era sotto processo per una bomba carta esplosa senza vittime di fronte a una caserma. Era in prigione quando il suo reato è stato riqualificato in “strage”, e gli è stato comminato l’ergastolo ostativo, con impedimento di qualunque contatto col mondo esterno. Cosa sono l’ergastolo ostativo e il famigerato 41 bis per i quali l’Italia è già stata censurata da organismi internazionali? È isolamento e tortura, fino alla follia o fino alla morte, e Alfredo sta per uscirne con la morte. Nel giorno di pubblicazione di questo articolo egli, se ancora vivo, si avvicina al novantesimo giorno di sciopero della fame.
La gran parte della gente ignora il suo nome, ma finalmente una parte del mondo intellettuale si sta accorgendo di questo peso sulla coscienza del paese. Decine tra professori, magistrati, giuristi, avvocati, nell’omertà quasi completa della classe politica, chiedono l’interruzione della tortura e dell’isolamento, e la restituzione di Alfredo a un regime carcerario rispettoso della sua dignità umana, dei suoi diritti e della sua salute.
Chiedevamo che cos’è un anarchico, e ricordiamo tristemente cosa è stato nella storia. Quando non è più possibile nascondere gli abusi del potere sul suo corpo, un anarchico appare nella nudità della sua condizione di fronte al potere: è un esperimento, è il corpo inerme su cui si esercita di volta in volta un nuovo slittamento del diritto, delle procedure e dei significati. Sull’anarchico il potere sperimenta volentieri fin dove può arrivare, se noi non ci opponiamo, se noi non lo fermiamo.
Noi chi? Noi che sappiamo, noi che sapendo non possiamo, non dobbiamo e non vogliamo tacere. Sta a noi che non si proceda oltre questo pericoloso slittamento giuridico: il 41 bis, procedimento già discutibile concepito per isolare i mafiosi, viene esteso al vasto mondo dei reati politici, in un momento storico in cui il dissenso e la libertà di opinione sono già in serio pericolo. È la Procura di Torino ad aver chiesto la riqualificazione del reato per cui Cospito stava già scontando la pena dal 2016, la stessa procura che si sta rendendo protagonista della criminalizzazione del dissenso politico.
È la Procura di Torino ad aver messo su il “Pool Anti No-Tav”, trattando un movimento di resistenza nonviolenta, strettamente legato al territorio, alla stregua del terrorismo internazionale. È la Procura di Torino ad aver rimesso nostalgicamente in auge l’indimenticato confino fascista, attraverso la richiesta di “sorveglianza speciale” per un ragazzo di vent’anni, colpevole di un atto vandalico.
Questo slittamento semantico e giuridico volto alla criminalizzazione del dissenso deve finire: perciò lo sciopero della fame di Alfredo, iniziato il 20 ottobre scorso, è il nostro sciopero. Dobbiamo salvarlo, se possibile, e dobbiamo comprendere e ricordare che tutti noi con lui siamo in pericolo: il suo ritorno a una condizione carceraria accettabile rappresenta per noi tutti, condannati al 41 bis di una libertà apparente fuori dalle mura, la possibilità di salvare il diritto, la giustizia, la dignità umana, fondamenti sui quali abbiamo costruito la nostra società e il nostro benessere.
Per queste ragioni Marianna Panico ed io, supportati dai compagni di Resistenza Radicale, da capodanno affianchiamo il nostro piccolo sciopero della fame a quello di Alfredo perché non accada che sia, il suo, fino alla morte ma fino alla vita. I nostri corpi affamati continuano a vivere nella società, ad alzarsi al mattino e lavorare, e la nostra piccola fame conosce una stilla della sua: sentiamo e sappiamo che un anarchico non è un esperimento, non è un nome o un corpo soltanto. È un uomo, una vita, un fratello.
La prigione oggi è la sua casa: dipende da noi tutti che non divenga la sua tomba. Imploriamo Alfredo di fermarsi, di vivere e consentirci di aiutarlo. Attraverso la fame ci uniamo a quella delle donne e degli uomini che si sono appellati all’Amministrazione Penitenziaria e al Governo, per un gesto di umanità e di coraggio. Si revochi il 41 bis, e si applichi al detenuto Cospito un regime carcerario dignitoso e giusto.

* Professor Studente

 

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