23 Novembre 2024 :
Prison Insider* su l’Unità del 23 novembre 2024
Il clima sta cambiando, l’ambiente si sta deteriorando e le amministrazioni penitenziarie si trovano ad affrontare ostacoli senza precedenti. Se da un lato gli istituti penali incidono fortemente sull’impronta di carbonio, per via delle loro dimensioni e del loro funzionamento continuo, dall’altro sono duramente colpiti dagli effetti devastanti del cambiamento climatico. Benché qualcosa si stia muovendo, lo slancio rimane limitato, ostacolato dagli imperativi securitari.
La direzione dell’amministrazione penitenziaria francese ha chiesto a Prison Insider di realizzare uno studio su queste tematiche, dal mese di luglio 2023 al febbraio 2024. Nella sintesi di questo studio, emergono alcuni punti principali.
Innanzitutto, il sistema carcerario, su scala globale, è molto vulnerabile agli effetti dei cambiamenti climatici. L’ubicazione delle carceri gioca un ruolo importante. La loro costruzione non ha tenuto conto dei rischi inerenti al cambiamento climatico e altri criteri erano e restano prevalenti, come il contenimento dei costi dei cantieri o la possibilità di creare posti di lavoro in aree economicamente svantaggiate. In caso di emergenza, pensiamo a un’alluvione o a un terremoto, è difficile accedere a questi luoghi di privazione della libertà, spesso costruiti in zone isolate per via delle misure di sicurezza che li circondano. La sovrappopolazione endemica, la mancanza di personale e di risorse assegnate alle amministrazioni per far fronte ai disastri ambientali complicano ulteriormente la situazione nel caso in cui sia necessario evacuare o debba intervenire la protezione civile.
Il caldo sta diventando un grave problema in molti paesi. Ciò porta a un aumento degli atti di violenza e del numero di morti in carcere. Le misure volte a mitigare la calura sono insoddisfacenti, il che spinge le persone detenute a mobilitarsi: aumentano le azioni legali, così come le rivolte e, in rari casi, le evasioni. Le forme di liberazione osservate durante il Covid-19 non si ripropongono di fronte ai disastri climatici.
Le amministrazioni adottano piani d’azione ambientale, spesso in risposta a un obbligo in capo al Governo stesso. Si stanno formando nuovi gruppi di lavoro, a livello nazionale e locale. Si sviluppano strategie volte a guidare le decisioni e trovare risorse in contesti in cui gli imperativi di sicurezza rimangono comunque una priorità.
La ricerca accademica gioca una parte importante nel convincere: spesso vengono utilizzati studi che stabiliscono una correlazione tra la quantità di spazi verdi e il livello di violenza e di atti di autolesionismo in carcere. Altre ricerche sono in corso, in alcuni Paesi, sull’impatto della temperatura eccessiva rispetto a esplosioni di violenza. Nonostante queste ricerche volte al cambiamento, il personale carcerario rimane scarsamente formato e poco consapevole delle questioni ambientali.
Alcune amministrazioni stanno adottando nuovi criteri di costruzione e ristrutturazione degli edifici per rispettare gli obblighi di riduzione della propria impronta di carbonio: utilizzo di materiali sostenibili; riduzione dell’uso del calcestruzzo; installazione di pannelli solari, pozzi trivellati, tetti verdi e finestre più isolanti; luci LED; ricambio del parco automezzi in un’ottica di decarbonizzazione nonché messa in atto di sistemi di monitoraggio e controllo dei consumi energetici e idrici.
Altre amministrazioni perseguono però piani volti a realizzare nuove carceri che vanno in controtendenza con tutto questo.
Rendere più ecologiche le carceri crea opportunità di formazione e lavoro “verdi” per i detenuti. Pensiamo alla gestione dei rifiuti, al giardinaggio, all’orticoltura. Stanno emergendo positivi esempi di autosufficienza nel settore alimentare, del bestiame e delle colture. Ma sono ancora poche le iniziative che coinvolgono una reale consapevolezza ecologica.
Pensiamo a come la considerazione delle emergenze climatiche e l’attuazione della transizione ecologica si scontrano con il paradosso di sistemi penali che tendono a creare nuovi reati legati all’ambiente, in fenomeni di carcerazione di massa poco compatibili con il declino ambientale. Anche per questo è significativo che lo stesso Comitato europeo per la prevenzione della tortura e i trattamenti o le punizioni inumane o degradanti (CPT) abbia deciso di designare, tra i suoi membri, due special rapporteur proprio sulle questioni ambientali.
* piattaforma informativa sulle carceri nel mondo