12 Novembre 2022 :
Elisabetta Zamparutti su Il Riformista dell’11 novembre 2022Nello stemma che la Regina Elisabetta II concesse al Ghana il 4 marzo del 1957, due giorni prima della sua indipendenza, è raffigurato – accanto al motto “Libertà e Giustizia” – un albero di cacao. Questa pianta originaria dal Sudamerica fu importata dai coloni e fece la fortuna del Paese, divenuto tra i principali produttori mondiali di cacao. Chiudo allora gli occhi e provo a visualizzare un’altra forma di ricchezza, quella della saggezza che come ogni albero anche questo può dispensare. Una leggenda vuole che il cacao sia germogliato dal sangue versato da una principessa, uccisa dai nemici del suo sposo, un Dio buono, che l’aveva lasciata a tutela dei tesori per andare a difendere i confini del regno. Quando il re tornò e scoprì quanto accaduto decise di donare agli uomini a ricordo della sua amata quella pianta con quel suo frutto che nasconde un tesoro di semi amari come le sofferenze dell’amore, forti come il coraggio, rossi come il sangue ma che, debitamente lavorati, diventano dolcissimi. Non a caso il nome scientifico è Theobroma cacao che si traduce letteralmente in “cibo degli Dei”, considerato elisir di lunga vita e un tempo usato in medicina per accelerare la guarigione delle ferite.
Accade allora che il Presidente del Ghana, Nana Akufo-Addo, che difende la produzione locale di cacao dalle multinazionali arrivando anche a promettere cioccolato gratis per tutti i bambini, si sia di recente espresso per l’abolizione della pena di morte. Lo ha fatto in occasione di un incontro, il 5 novembre scorso, con una delegazione di Amnesty International durante il quale ha detto che “dopo che il Ghana ha consapevolmente deciso di non eseguire le condanne a morte, si dovrebbe ‘fare la cosa logica’ e abolirla completamente dall’ordinamento, cosa che si sarebbe dovuta compiere da tempo”.
In effetti, l’abolizione della pena di morte è nell’agenda politica del Paese da oltre un decennio. Ricordo quando con Marco Perduca ci recammo ad Accra, la capitale del Paese, nel dicembre del 2010, per incontrare, accompagnati dall’Ambasciatore italiano Tullio Guma e nell’ambito di un progetto sostenuto dall’Unione europea, l’allora Ministro degli Esteri Alhaji Muhammad Mumuni, che già aveva discusso di pena di morte con il Ministro della Giustizia trovandosi entrambi d’accordo sull’abolizione.
Incontrammo anche Raymond Atuguba, Segretario esecutivo della Commissione per la revisione della Costituzione, alle prese con una consultazione nazionale e con l’organizzazione di una Conferenza nazionale costituzionale in cui ci volle coinvolgere.
Vi partecipò Matteo Mecacci come esperto per conto di Nessuno tocchi Caino. Accadde così che la Relazione conclusiva della Commissione di Revisione Costituzionale, divenne un Libro Bianco, che raccomandò di sostituire la pena di morte con l’ergastolo e venne firmato dall’allora Presidente della Repubblica John Evans Atta Mills, che lo rese pubblico sulla Gazzetta ufficiale il 15 giugno 2012.
Vi si legge: “La sacralità della vita è un valore così radicato nell’anima della società ghanese che non può essere messa a repentaglio con incertezze giudiziarie”.
Una raccomandazione illuminante accolta dal Governo e che trovò nel 2014 anche il conforto di un sondaggio che rilevò come il 48,3% dell’opinione pubblica fosse contraria alla pena di morte rispetto al favore del 40,7%.
Intanto però i detenuti in attesa di esecuzione sono saliti ad almeno 171. In questi anni, a sfoltire le presenze nel braccio della morte, ci hanno pensato i Presidenti del Ghana, con una serie di grazie, l’ultima delle quali intervenuta nel luglio del 2020 quando l’attuale Presidente Akufo-Addo ha concesso l’amnistia a 794 detenuti, tra cui 2 condannati a morte, come parte delle misure per decongestionare le prigioni a seguito della pandemia.
Ecco allora che il voto imminente all’Assemblea generale dell’Onu sulla risoluzione pro moratoria diventa un’occasione per il Ghana di passare dalla consapevolezza della bontà della moratoria sul piano interno a una elevazione di coscienza con un voto a favore sulla risoluzione stessa. Certo, Nana Akufo-Addo ha voluto sottolineare che per quanto riguarda i reati di terrorismo occorre considerare la particolare delicatezza della questione, ritenendo che sia “importante che l’educazione e la sensibilizzazione siano sufficientemente orientate per affrontare la questione”. Una cosa è sicura: il processo abolizionista in Ghana è lento ma inesorabile. Sta anche a noi accelerarlo con idee, parole che riattivino quelle forme di giustizia che, più che punire e separare, siano volte a guarire e riparare, un po’ come fa il cacao. In Africa non si tratta di portare qualche cosa di nuovo quanto piuttosto rivitalizzare ciò che è sedimentato in memorie che come occidentali abbiamo ritenuto di dover rimuovere.