27 Dicembre 2016 :
la Corte Suprema di Stato, con le sentenze Asay v. State e Mosley v. State, considera illegittime solo le circa 200 condanne a morte emesse dal 2002 ad oggi, mentre considera valide le oltre 150 emesse prima di quella data.Come è noto, a gennaio la Corte Suprema degli Stati Uniti con la sentenza Hurst v. Florida aveva dichiarato incostituzionale quella parte della legge capitale che consente condanne a morte senza l’unanimità della giuria popolare.
Il 16 ottobre la Corte Suprema di Stato aveva fatto propria la sentenza, confermando che la legge capitale attualmente in vigore è incostituzionale, ma non aveva precisato come tale dichiarazione di incostituzionalità dovesse essere applicata ai condannati a morte. Oggi con due diverse sentenze, emesse entrambi dopo un voto 6-1, sembra aver individuato un discrimine: rimangono valide le sentenze diventate definitive prima del 2002, possono essere ridiscusse tutte le altre.
Oggi nel braccio della morte dello stato ci sono 384 detenuti. Il calcolo dei casi non è preciso, ma si stima che queste sentenze rendano possibile l’annullamento di oltre 200 condanne a morte, mentre lasciano in vigore le altre, più di 150. La data del 2002 deriva dalla famosa sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti Ring v. Arizona nella quale si disponeva che dovesse essere la giuria popolare e non il giudice a decidere su ognuno dei 3 passaggi che portano ad una condanna a morte (prima il verdetto di colpevolezza, poi l’esistenza di aggravanti tali da rientrare nella legge capitale, e infine la preponderanza delle aggravanti sulle attenuanti). Quella sentenza, in quanto emessa dalla Corte Suprema Usa, era valida per tutti gli stati, nonostante fosse stata emessa in un caso proveniente dall’Arizona. Da allora però, la Corte Suprema della Florida ha continuato a consentire alle corti del proprio stato di utilizzare il vecchio sistema, sostanzialmente argomentando che la legge della Florida era abbastanza diversa da quella cassata dell’Arizona. Questo lungo periodo di ambiguità, che ha riguardato gli unici tre stati Usa che consentivano le condanne a morte non all’unanimità: Arizona, Florida e Delaware, è durato fino al 12 gennaio 2016, quando con la sentenza Hurst v. Florida la Corte Suprema degli Stati Uniti ha ribadito, seppure con un ritardo che molti osservatori hanno criticato, i principi dell’unanimità contenuti in Ring v. Arizona del 2002. Oggi sostanzialmente la Corte Suprema di Stato ha preso atto del ritardo di applicazione di Ring v. Arizona, e in un certo senso ha riportato l’orologio al 2002: le sentenze posteriori al 2002 possono essere rimesse in discussione, quelle anteriori no, perché emesse ai sensi di una legge che all’epoca era ritenuta valida.
Ovviamente questa decisione sembra provvisoria, perché è facile prevedere che i condannati pre-2002 chiederanno l’intervento della Corte Suprema degli Stati Uniti. Gli esiti però non sono certi, considerato che la stessa Corte degli Stati Uniti è corresponsabile del ritardo con cui ora Arizona, Florida e Delaware vengono obbligate a modificare la loro legge capitale.
L’unico stato che sembra abbia già risolto l’impasse è il Delaware, dove il Procuratore Generale non ha fatto ricorso contro una sentenza della Corte Suprema di Stato che dichiarava incostituzionale la legge in vigore, rendendo quindi definitiva quella sentenza e rendendo trasparente l’intenzione della politica di non mettere mano ad una nuova legge. Pochi giorni fa la Corte Suprema di Stato ha commutato tutte le condanne a morte del Delaware in ergastoli senza condizionale. Le due sentenze di oggi in Florida sono Asay v. State per quel che riguarda le condanne pre-2002 e Mosley v. State per quel che riguarda le condanne successive. Non è prevista una commutazione in blocco delle condanne post-2002, ma un riesame caso per caso, seppure sembra sia allo studio una procedura semplificata.