CARCERI AL COLLASSO, L’IDEA DI LA RUSSA: MODELLO COVID CONTRO IL SOVRAFFOLLAMENTO

30 Luglio 2025 :

Simona Musco su Il Dubbio del 30 luglio 2025

Il presidente del Senato ha incaricato la sua vice Rossomando di scrivere un ddl che prevede la possibilità di scontare gli ultimi 18 mesi di pena ai domiciliari per i reati non gravi.
“Le condizioni civili devono essere previste per chiunque, soprattutto per chi è in carcere, specie per chi è nelle mani dello Stato: se lo Stato ha il dovere di punire chi sbaglia, ha il dovere di assicurare condizioni civili per chi è detenuto”. Sono parole del presidente del Senato Ignazio La Russa, che nel corso della cerimonia del Ventaglio, in Sala Koch, a Palazzo Madama, ha annunciato una proposta di legge, la cui stesura è affidata alla vicepresidente Anna Rossomando, per garantire la liberazione anticipata ai detenuti con pena residua inferiore a 18 mesi e per reati non gravi.
Rossomando, nella giornata di ieri, ha finito di limare il testo, che poi, incassato il placet di La Russa, verrà sottoposto ai gruppi parlamentari, anche di maggioranza. Un modo per superare il lassismo della politica sul tema, che non è stato intaccato nemmeno dall’ennesimo appello del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che un mese fa, incontrando il nuovo capo del Dap, aveva invocato, “per rispetto della Costituzione, ma anche della storia e dei caduti della Polizia penitenziaria”, un intervento immediato. La situazione, aveva sottolineato Mattarella, è “preoccupante”, contrassegnata da “una grave e ormai insostenibile condizione di sovraffollamento”, condizioni strutturali “inadeguate”, sulle quali intervenire con urgenza, “nella consapevolezza che lo spazio non può essere concepito unicamente come luogo di custodia, ma deve includere ambienti destinati alla socialità, all’affettività, alla progettualità del trattamento”. Un richiamo esplicito alla sentenza della Consulta sull’affettività in carcere, a lungo negata nonostante la pronuncia del giudice delle Leggi.
La proposta arriva a pochi giorni dall’ennesimo piano carceri approvato dal governo, che promette meno di 10.000 nuovi posti entro il 2027 con una spesa di 700 milioni di euro. Un piano che, però, non garantisce una soluzione immediata - e forse nemmeno a lungo termine - dell’emergenza carceri: attualmente, con quasi 16.000 detenuti in più rispetto ai posti disponibili, il sistema penitenziario italiano sta esplodendo. Impossibile, dunque, non agire con interventi premiali, capaci di riportare le celle in condizioni di umanità in maniera celere. Un’intenzione che, però, si scontra con l’anima securitaria del governo.
In più occasioni, infatti, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha dichiarato senza mezzi termini di non essere disposta ad avallare interventi svuota carcere: solo pochi giorni fa, dopo l’approvazione del piano voluto dal governo, la premier aveva chiarito che “in passato si è adeguato il numero dei reati alla capienza delle carceri. Noi invece crediamo che uno Stato giusto debba fare il contrario: adeguare le strutture alle esigenze della giustizia. È questo - ha concluso - che garantisce la certezza della pena”.
L’emergenza è però insostenibile. Per superare le possibili obiezioni, l’idea è quella di non proporre una copia del ddl Giachetti, che prevede di aumentare a 75 i giorni di premialità per la liberazione anticipata, ma una versione rivista della norma adottata durante l’emergenza Covid, quando con il decreto “Cura Italia” si stabilì che i detenuti con pene non superiori a un anno e mezzo avevano la possibilità di scontare la pena ai domiciliari oppure in altre strutture di cura, assistenza o accoglienza. Una norma che però non valeva per tutti: a non poterne beneficiare erano i detenuti condannati per reati particolarmente gravi, elencati nell’articolo 4- bis dell’ordinamento penitenziario, come mafia, terrorismo, violenza sessuale e altri, nonché per i reati di maltrattamenti in famiglia e atti persecutori. Il testo che nelle scorse ore Rossomando ha messo a punto, dunque, ricalca quel modello.
“Sto lavorando a una proposta sulla falsa riga del provvedimento che era stato approvato durante l’emergenza Covid e quindi con esclusione di reati di grave allarme sociale - ha confermato al Dubbio la vicepresidente del Senato -. Prevediamo dunque la possibilità di richiedere che gli ultimi 18 mesi di pena possano essere scontati in regime di detenzione domiciliare, chiaramente in assenza di gravi motivi ostativi”. Un modo per tamponare il grave sovraffollamento, che nel periodo estivo rende le condizioni di vita dei detenuti ancora più difficili. Anche se, secondo il presidente del Senato, le carceri pollaio non sarebbero connesse all’emergenza suicidi.
“Il sovraffollamento carcerario - ha infatti dichiarato la seconda carica dello Stato - non va messo in diretta relazione col numero dei suicidi, anche perché quest’anno forse non sono superiori a quello dell’anno precedente, anche se sono dolorosissimi fosse anche solo uno, ma purtroppo sono tanti”. Ma il tema, ha aggiunto, “a prescindere dai suicidi del sovraffollamento, incide sulla capacità del nostro ordinamento carcerario di svolgere il ruolo che tipico, cioè quello non solo retributivo ma cioè in qualche modo sanzionatorio che è riservato a chi viola la legge, ma anche di recupero alla società dei detenuti. E un sovraffollamento rende ancora più difficile questo compito che è già di per sé arduo. E poi le condizioni di vita civile devono essere previste e realizzate per chiunque”.
Rispondendo alla stampa, La Russa ha ammesso che “nonostante la mia modestissima moral suasion e l’impegno molto più importante dell’onorevole Rita Bernardini e di altri parlamentari”, l’emergenza carceri non è stata affrontata con la dovuta celerità. Ma il tema ha cominciato a prendere piede anche tra i parlamentari con un’indole più securitaria, grazie alle lettere dal carcere inviate da “un mio amico”, che “fra l’altro in questo periodo è ristretto nelle carceri romane”, ovvero Gianni Alemanno, che ogni settimana documenta la vita dietro le sbarre del carcere di Rebibbia, richiamando la sua parte politica a rivedere la propria posizione in merito agli istituti penitenziari. Alemanno, ha evidenziato La Russa, segnala “le condizioni, a suo dire giustamente proibitive, specie col periodo di grande calura che c’è stato all’interno delle carceri”. E proprio perché “la moral suasion non dava risultato”, La Russa ha incaricato Rossomando, durante una delle ultime capigruppo, “di valutare la possibilità, con l’accordo di tutti i gruppi, di una proposta anche minimale, ma che se avesse l’unanimità poteva essere e potrebbe ancora essere fonte di un provvedimento velocissimo”.
L’intenzione è quella di licenziare in pochissimo tempo un provvedimento in grado di garantire “condizioni di vita civili” per chiunque. Anche perché, ha evidenziato La Russa, in carcere “il numero di detenuti in attesa di giudizio è altissimo. Non che questo cambi il dovere di qualità della vita per chi è in carcere - ha aggiunto -, ma va anche ricordato che molti che sono in attesa di giudizio potrebbero poi essere anche assolti, come statisticamente avviene”. Una proposta minimale, dunque, ma con un potenziale impatto immediato. Perché dietro le statistiche sul sovraffollamento ci sono persone, diritti e uno Stato che - per essere davvero giusto - non può limitarsi a custodire, ma deve saper rieducare. E garantire dignità, anche a chi ha sbagliato.

 

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