02 Maggio 2005 :
è prevista per oggi la fucilazione di Amina Ali Abduladif, 21 anni, condannata a morte per l’omicidio del marito.Già due anni fa, l’esecuzione della donna era stata sospesa dal momento che la stessa aveva reso noto di essere rimasta incinta in seguito allo stupro subito da una guardia della prigione in cui era reclusa.
“La legge in vigore dice che, adesso che il figlio di Amina ha compiuto due anni, la sentenza di morte deve essere eseguita”, ha detto il 30 aprile al The Times l’avvocato della ragazza, Shada Nasir.
La Nasir è stata incaricata dalle autorità di prelevare il bambino dalla prigione femminile della capitale Sanaa, poiché la madre deve essere riportata nel villaggio d’origine, Mahaweet, per essere giustiziata.
“Porterò il bambino in un posto sicuro, sempre a Sanaa, mentre cerchiamo di ottenere un gesto di clemenza dell’ultimo minuto”, ha detto l’avvocato.
Nel maggio 1999, Amina è stata riconosciuta colpevole dell’uccisione di suo marito, avvenuta a gennaio dello stesso anno.
Avrebbe commesso l’omicidio all’età di 16 anni, quando già era madre di due bambine.
La difesa ha denunciato le torture subite dalla ragazza al fine di ottenere una falsa confessione, su cui poi si sarebbe basato il giudizio di colpevolezza.
Inoltre, secondo alcuni testimoni, l’uomo sarebbe stato ucciso da suo cugino, in seguito ad una disputa su un terreno. Nel corso del processo, tuttavia, queste testimonianze non sarebbero state prese in considerazione.
Amina si è finora rifiutata di identificare la guardia responsabile dello stupro, per paura di vendette.
“Dopo cinque anni di detenzione, trascorsi con una condanna a morte pendente sul capo, Amina è in condizioni terribili”, ha continuato l’avvocato, aggiungendo: “Non potrò neanche sostenerla nel suo ultimo viaggio, sarà completamente sola”.
Ai genitori non è stato concesso di vederla, mentre gli altri familiari, vergognandosi dello stupro subito dalla giovane, l’avrebbero da tempo abbandonata al suo destino.
Proprio in queste ore la comunità internazionale sta chiedendo alle autorità yemenite di fermare l’esecuzione: a questo punto solo l’intervento diretto del presidente yemenita Ali Abdullah Saleh può salvare la vita di Amina.
(Fonti: Times Online, 30/04/2005)