WILLY MONTEIRO, PERCHÉ IL CARCERE FINO ALLA MORTE PER I FRATELLI BIANCHI È UNA CRUDELTÀ INSENSATA

06 Luglio 2022 :

Elisabetta Zamparutti su Il Riformista del 5 luglio 2022

Marco e Gabriele Bianchi sono due fratelli. Sono stati condannati per un crimine odioso che parla in modo tremendo al nostro cuore: la morte di Willy Monteiro per pestaggio. Vengono in mente altri fratelli: Caino e Abele. Solo che la fratellanza, nella versione contemporanea, non è tra vittima e carnefice ma tra carnefici.
Personalmente trovo la notizia della condanna all’ergastolo dei fratelli Bianchi agghiacciante tanto quanto quella del reato commesso. È agghiacciante pensare che viviamo in uno Stato che pratica una pena così crudele, il carcere fino alla morte. E degrada così la giustizia a vendetta. Uno Stato che cede alla aberrante, violenta logica che al male si possa e si debba rispondere con altro male finanche nella forma della vendetta perpetua del fine pena mai.
È allo Stato che allora mi sento di rivolgere il nostro Nessuno tocchi Caino affinché nel nome di Abele, per difendere Abele, non diventi esso stesso Caino. Uno Stato-Caino che pratica, magari non più la pena di morte, ma la pena fino alla morte. Lo dico perché sono profondamente convinta che il modo in cui trattiamo Caino o i Caini, come in questo caso, è il modo in cui trattiamo Abele. Perché la violenza inflitta ad uno si ripercuote inevitabilmente nell’altro o negli altri. E ritenere che la vita stroncata di Willy possa trovare pace in una giustizia che manda per sempre in galera i suoi assassini penso sia una menzogna.
Perché occorre sempre cercare forme tali da interrompere la catena perpetua del male che chiama altro male senza rassegnarsi mai a ciò che ci abbruttisce, a ciò che ci degrada ad essere animali da giungla. Il pensiero nonviolento aiuta in questo senso. Ha aiutato ad abolire la pena di morte, sta aiutando ad abolire la pena fino alla morte. Perché l’ergastolo va abolito. Ai condannati all’ergastolo, ai Caini, va invece il nostro Spes contra spem affinché decidano di cambiare sé stessi, convertire la loro vita dal male al bene, dalla violenza alla nonviolenza.
In questo senso ci viene incontro Aldo Moro, il suo schierarsi contro l’ergastolo e il suo straordinario dire e cercare “non un diritto penale migliore ma qualche cosa di meglio del diritto penale”.

 

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