28 Ottobre 2016 :
Sherman Brown, 69 anni, nero, ha presentato una istanza alla Corte Suprema di Stato della Virginia perché venga riconosciuta la sua innocenza alla luce di nuovi test del Dna che lo scagionerebbero completamente.Brown venne condannato a morte nel 1970 con l’accusa di aver ucciso, il 1° ottobre 1969, durante una rapina in appartamento, un bambino di 4 anni.
La madre del bambino, una donna bianca, raccontò di essere stata colpita con un pugno da un uomo di colore che aveva suonato alla sua porta, e di non ricordare più niente.
L’ipotesi di accusa era che la donna fosse stata violentata.
Nel 2015 il team legale dell’Innocence Project dell’Università della Virginia, riesaminando le prove, ha trovato il tampone vaginale fatto alla donna. Il dna non appartiene né a Brown, né (al 98%) al marito della donna, lasciando quindi credere che il dna possa essere quello dell’effettivo aggressore della donna e quindi della persona che avrebbe dovuto essere processato anche per l’omicidio del bambino.
All’epoca contro Brown furono usati i cosiddetti concetti di “compatibilità”, ossia il fatto che da alcuni reperti fisiologici trovati sulla scena del crimine si fosse risaliti ad un gruppo sanguigno, “compatibile” con quello di Brown.
Come è noto i gruppi sanguigni, anche considerando i sottogruppi, sono un numero limitato, e quindi ad ogni gruppo appartengono molti milioni di persone. Questo tipo di prova scientifica, che all’epoca sembrava molto avanzata, oggi, se non corroborata da altri elementi, non viene più considerata valida. Brown ebbe la condanna a morte commutata in ergastolo a seguito della nota sentenza Furman v. Georgia che nel 1972 dichiarò incostituzionale la pena di morte.
Brown è tuttora detenuto.