05 Maggio 2021 :
Un nuovo studio spiega perché la maggior parte delle condanne a morte sono concentrate in pochissime contee.
“Learning to kill: Why a small handful of counties generates the bulk of US death sentences”, appena pubblicato su PLOS One, fa luce sul perché la distribuzione geografica delle condanne a morte negli Stati Uniti sia raggruppata in poche giurisdizioni. I risultati indicano che la storia legale e razziale di una contea gioca un ruolo più importante del tasso di omicidi.
"Sono uno scienziato sociale quantitativo e lavoro nel campo della pena di morte da quando ho pubblicato un libro su come vengono inquadrate le argomentazioni sulla pena di morte e sull'impatto della 'cornice dell'innocenza' sull'opinione pubblica", ha detto l'autore dello studio Frank R. Baumgartner, professore di scienze politiche alla UNC (University of North Carolina at Chapel Hill).
Il suo libro, The Decline of the Death Penalty and the Discovery of Innocence” (“Il declino della pena di morte e la scoperta dell'innocenza”, mai tradotto in italiano) è stato pubblicato nel 2008.
"Da allora, ho continuato con vari studi sulla pena di morte e ho costruito un database di tutte le persone giustiziate negli Stati Uniti, inclusa la contea da cui è derivato il caso", ha spiegato Baumgartner. “Una ricorrenza scioccante è che un grandissimo numero di casi sono concentrati in poche contee. Questo era evidente nei miei dati, ma era anche un fatto già noto a coloro che studiavano la materia da prima di me, non è stata una nuova scoperta”
Per il loro ultimo studio, Baumgartner e i suoi colleghi hanno esaminato fattori come la popolazione delle contee, il numero di omicidi, la proporzione tra popolazione e omicidi, ossia il cosiddetto “tasso di omicidi, e altri dati, come il complessivo tasso di “criminalità violenta”, di crimini contro la proprietà, i tassi di povertà, la quota relativa di popolazione non bianca e la storia dei linciaggi.
Ma hanno trovato una relazione sorprendentemente debole tra il numero di omicidi in una contea e il numero di condanne a morte.
Invece, il miglior predittore di condanne a morte era il numero di condanne a morte che una contea aveva inflitto precedentemente. In altre parole, ogni condanna a morte rendeva più probabile un'altra condanna a morte. "I dati sono coerenti con un'ipotesi di ‘apprendimento’, in cui ogni volta che si verifica un evento, si riduce il lasso di tempo prima che si verifichi un evento simile", ha detto Baumgartner a PsyPost. “L'uso più comune di tali modelli è nell'analisi di eventi tipo gli attacchi di cuore o le convulsioni cerebrali. Dato un insieme sottostante di fattori di rischio, avere un attacco di cuore rende più probabile un secondo. Abbiamo utilizzato queste tecniche statistiche e abbiamo dimostrato che un processo simile si è verificato per le contee degli Stati Uniti".
I risultati sono in linea con precedenti ricerche di Baumgartner, che hanno analizzato esecuzioni e condanne a morte.
"Ci sono state circa 9.000 condanne a morte negli Stati Uniti dal 1972, e circa 1.500 esecuzioni. I risultati sono molto netti per quanto riguarda le condanne a morte, anche più forti che nelle mie ricerche precedenti. Quindi il nostro punto non era identificare qualcosa di nuovo; era già nota l'elevata concentrazione dell'uso della pena di morte in poche giurisdizioni. Piuttosto, abbiamo esplorato da dove proviene: l'apprendimento. In alcune contee il meccanismo si roda molto bene, in altre non si avvia mai". Lo studio fornisce la prova che "la pena di morte non viene applicata in modo coerente", ha detto Baumgartner a PsyPost.
"Anche all'interno dello stesso stato, ci sono forti differenze nelle probabilità che un crimine con determinate caratteristiche porti a una condanna a morte", ha detto. “Un fattore chiave è la casualità. È assolutamente lasciato a serie di combinazioni o coincidenza se alcune contee diventano efficienti dispensatrici di condanne a morte, e altre no. Ciò non è coerente con la Costituzione degli Stati Uniti, che garantisce, per il cittadino, "pari protezione davanti alla legge".
I ricercatori hanno anche trovato prove che le dinamiche razziali hanno un ruolo.
“Nella misura in cui, oltre l'aspetto dell'apprendimento, abbiamo potuto individuare delle ricorrenze, abbiamo trovato due modelli principali, uno di minore interesse ma uno molto preoccupante. Il primo è la dimensione della popolazione; contee più grandi hanno più condanne a morte. Non è così interessante, ma è una cosa importante da tenere a mente e da avere come controllo statistico. In pratica, la popolosità di una contea ha una relazione più stretta con e condanne a morte di quanta non ne abbia il numero di omicidi. È piuttosto interessante".
Ben più preoccupante è il ruolo che sembrano avere le dinamiche razziali. “Abbiamo scoperto che la storia di una contea con i linciaggi dell'era di Jim Crow ha ancora un evidente impatto statistico sulle probabilità che un reato porti a una condanna a morte. Quindi possiamo dire che la pena di morte dipende più dalla tradizione razzista, dalle dimensioni della popolazione, da molta casualità e dal pattern dell’apprendimento che non da fattori in qualche modo più ragionevoli, come ad esempio il tasso di omicidi. Sono questi i fattori che sottostanno alle forti disomogeneità territoriali della pena di morte."
Ma lo studio, come tutte le ricerche, include alcuni avvertimenti.
"Penso che abbiamo fatto un buon lavoro nello spiegare la concentrazione dei casi in un piccolo numero di giurisdizioni", ha detto Baumgartner. “Allo stesso tempo, ci sono tendenze complicate, più generali, sia pro che contro l'uso della pena di morte nel tempo, e queste influenzano l'intera nazione. Ad esempio, le condanne a morte sono diventate più comuni nel periodo dal 1976 fino al 1996 circa, e da allora sono diminuite".
"Inoltre ci sarà da valutare cause ed effetti del fatto che in alcune contee “calde” per la pena di morte, siano recentemente stati eletti dei procuratori distrettuali “progressisti”. I nuovi procuratori di Houston, Filadelfia, e Atlanta (e rispettive contee) hanno completamente sospeso l'uso della pena di morte. Quindi le tendenze che descriviamo non sono scolpite nella pietra e ci sono anche altri fattori che contano".
"La professione legale non è tipicamente molto interessata a modelli statistici sofisticati", ha aggiunto Baumgartner. “Per coloro che conoscono bene i numeri, penso che il nostro modello di eventi ripetuti sarà molto convincente e dimostrerà che in alcune zone è veramente difficile parlare di “pari protezione davanti alla legge. Se poi la Corte Suprema degli Stati Uniti se ne renderà conto, questa è un'altra questione!
Lo studio, "Imparare a uccidere: perché una piccola manciata di contee genera la maggior parte delle condanne a morte negli Stati Uniti", è stato scritto da Frank R. Baumgartner, Janet M. Box-Steffensmeier, Benjamin W. Campbell, Christian Caron e Hailey Sherman.
Nessuno tocchi Caino ha più volte riferito di diversi studi del professor Baumgartner incentrati su vari aspetti della pena di morte: 18 aprile 2011 "The Death Penalty in North Carolina: A Summary of the Data and Scientific Studies"; 16 luglio 2015 "The impact of race, gender and geography on Missouri executions"; 20 settembre 2015 "Race-Of-Victim Discrepancies in Homicides and Executions, Louisiana 1976-2015”; 28 gennaio 2016 "The Impact of Race, Gender, and Geography on Ohio Executions”; 28 aprile 2016 "Louisiana Death Sentenced Cases and Their Reversals, 1976-2015", e 3 aprile 2017 “Deadly Justice: A Statistical Portrait of the Death Penalty”.
https://www.psypost.org/2021/05/new-study-explains-why-a-few-counties-generate-most-of-the-death-sentences-in-the-united-states-60317
https://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0240401