14 Luglio 2020 :
Daniel Lewis Lee è stato giustiziato il 14 luglio 2020 nel penitenziario federale di Terre Haute, in Indiana, 14 ore dopo l’orario previsto.
Lee, 47 anni, bianco, era stato condannato a morte il 13 maggio 2002 con l’accusa di aver ucciso, nel gennaio 1996, in Arkansas, William Mueller, la moglie Nancy Mueller, e la figlia Sarah Powell, di 8 anni.
Lee, un “suprematista bianco” assieme ad un complice, il coetaneo, Chevie O'Brien Kehoe, aveva rapinato il proprietario di un negozio di armi in Arkansas, William Mueller, ebreo, e per farsi dire dove, oltre alle armi, Mueller nascondesse anche denaro e gioielli, l’intera famiglia venne torturata a morte e poi gettata in un lago, da dove venne ripescata circa sei mesi dopo. Il furto di molte armi, e il fatto che tali armi sembra fossero destinate alla “Repubblica del Popolo Ariano”, un gruppo neonazista fondato da Kehoe, hanno dato origine ad un processo federale invece che a un “normale” processo per triplice omicidio.
Per altro, Kehoe, considerato non solo il capo del gruppo, ma anche colui che aveva materialmente sparato alla bambina dopo che Lee si era rifiutato di farlo, non è stato condannato a morte, ma a tre ergastoli senza condizionale. Secondo gli osservatori del processo dell’epoca, la disparità di trattamento derivava in parte dal fatto che Kehoe avesse un “aspetto migliore” rispetto al coimputato Lee, che aveva perso un occhio in una lite, e aveva il simbolo delle SS e una croce runica tatuati sul collo. Anche il giudice federale G. Thomas Eisele, che aveva presieduto il processo di Lee, aveva dichiarato pubblicamente di essersi trovato a disagio nell’emettere la condanna a morte di Lee, perché era evidente che non fosse lui il leader della coppia criminale.
Come Nessuno tocchi Caino ha riportato nei giorni scorsi, il caso di Lee era stato al centro di una intricata serie di ricorsi dell’ultimo momento, risolti alle 2 di mattina del 14 luglio quando la Corte Suprema degli Stati Uniti ha annullato la sospensione che era stata decisa il 13 luglio mattina dalla giudice federale di Washington Tanya S. Chutkan.
La giudice Chutkan riteneva che il protocollo per le esecuzioni federali, modificato lo scorso anno e ora impostato su una overdose di Pentobarbital, non sia indolore, e che le esecuzioni federali andassero sospese per meglio approfondire l’argomento. Contro questa decisione l’amministrazione Trump, nella persona del Procuratore Generale degli Stati Uniti (ministro della giustizia) William Barr aveva fatto immediatamente ricorso alla corte d’appello federale, la quale però non ravvisava l’urgenza di decidere un argomento così importante nel giro di poche ore, e non annullava la sospensione decisa dalla giudice Chutkan.
Barr ha fatto quindi ricorso alla Corte Suprema degli Stati Uniti la quale, con un voto a stretta maggioranza, 5-4, ha ritenuto che la overdose di Pentobarbital sia un adeguato sistema per mettere a morte i condannati, e alle 2 del mattino ha annullato la sospensione della Chutkan. A favore dell’esecuzione hanno votato i 5 giudice nominati dai presidenti Repubblicani, compresi Kavanaugh e Gorsuch nominati da Trump. Contro l’esecuzione hanno votato i “Democratici” Breyer, Ginsburg, Sotomayor e Kagan.
A questo che era il ricorso principale, nelle ultime 48 ore si erano accavallati altri ricorsi: uno dei parenti delle vittime di Lee, e uno di Lee stesso. I perenti delle vittime di Lee, pur dicendosi “sostenitori di Trump”, erano contrari all’esecuzione, e più volte avevano fatto dichiarazioni pubbliche sull’argomento. La principale motivazione data al pubblico da Barr quando disse di voler velocizzare le esecuzioni federali, ferme da 17 anni, era che questo provvedimento andava a favore dei parenti delle vittime.
Earlene Branch Peterson, 81 anni, madre di Nancy Mueller e nonna di Sarah Powell, Kimma Gurel, 61 anni, sorella di Nancy e zia di Sarah, e Monica Veillette, 43 anni, nipote di Nancy e cugina di Sarah, hanno invece ripetuto più volte, anche in interviste al New York Times e alla CNN, di essere contrarie all’esecuzione, in nome del fatto che Nancy era contraria alla pena di morte, e che comunque loro non avrebbero tratto nessun giovamento dall’esecuzione.
Le tre donne avevano dichiarato alla stampa che il governo federale aveva comprato per loro i biglietti aerei per il viaggio dall’Arkansas all’Indiana, e previsto l’alloggio in albergo, affinché potessero assistere all’esecuzione di Lee. Le tre donne però hanno usato “l’interessamento” del governo federale in senso opposto: hanno presentato un ricorso a un giudice federale chiedendo che l’esecuzione venisse sospesa perché, essendo anziane e tutte con qualche patologia, per assistere all’esecuzione rischiavano l’esposizione al COVID-19. La giudice federale dell’Indiana (dove si trova il braccio della morte federale, a Terre Haute) Jane E. Magnus-Stinson il 10 luglio aveva accolto questo ricorso e sospeso l’esecuzione.
Anche in questo caso Barr aveva fatto subito ricorso alla Corte d’appello federale dell’Indiana (7° Circuito). La Corte d’Appello, tra l’altro contraddicendo l’assunto del Governo, il 12 luglio annullava la sospensione sostenendo che i parenti delle vittime avevano l’opportunità, se lo volevano, di assistere all’esecuzione, ma non il “diritto” di farlo. Contro questa decisione le tre donne hanno fatto ricorso alla Corte Suprema degli Stati Uniti la quale, stanotte, con la sentenza Peterson v. Barr, ha respinto il loro ricorso. Un terzo filone di ricorsi era stato aperto da Lee il 12 luglio. I suoi difensori chiedevano di rinviare l’esecuzione per via dell’epidemia di Coronavirus che rendeva difficile e pericoloso per loro andare in carcere per i colloqui con cui stabilire le ultime strategie difensive, e tutta la serie di colloqui e indagini che tradizionalmente vengono svolte dai difensori quando manca poco ad una esecuzione. Questo ricorso è stato respinto il 13 luglio (Lee v. Barr (SD Ind.)) dalla corte federale dell’Indiana. Lee si è rivolto alla Corte d’Appello federale del 7° Circuito, che però non ha ritenuto urgente il caso, non lo ha discusso né ha disposto una sospensione dell’esecuzione.
Mentre i vari giudici esaminavano un ultimissimo ricorso davanti alla Corte federale dell’8° Circuito in cui si contestava la validità del mandato di esecuzione, Lee è rimasto legato al lettino per circa quattro ore martedì mattina (14 luglio) presto. È rimasto in compagnia del suo avvocato e del suo consigliere spirituale, un “ministro pagano appalachiano”.
Circa 20 testimoni hanno assistito all'esecuzione in quattro stanze separate.
Il combinato disposto tra ricorsi respinti, e ricorsi non respinti ma ritenuti non sufficienti ad emettere un ordine di sospensione ha fatto sì che poco prima delle 8 di mattina “Eastern Time” (meno 6 ore rispetto al fuso orario dell’Italia, cioè le 14) del 14 luglio, sia stata avviata la procedura di iniezione letale. Alle 7,46 i testimoni, dopo che sono state aperte le tende della camera della morte, hanno potuto vedere Lee legato al lettino, con gli aghi già inseriti. Le sue ultime parole sono state: “Non l’ho fatto. Ho fatto un sacco di errori nella mia vita, ma non sono un assassino. State uccidendo un uomo innocente”. Poi è stato iniettato il farmaco letale. Lee è stato dichiarato morto alle 8.07. Lee diventa l’8a persona messa a morte quest’anno negli Stati Uniti, la 1.520a da quando gli USA hanno ripreso le esecuzioni nel 1977, e la 4a messa a morte dal Governo Federale.
Wesley Ira Purkey è il prossimo detenuto federale in lista per l’esecuzione: la sua iniezione letale è fissata per domani, 15 luglio.