27 Settembre 2023 :
06/09/2023 - Biden non autorizza il patteggiamento con gli attentatori dell’11 Settembre.
Come più volte Nessuno tocchi Caino ha scritto nei mesi scorsi, il giudice che presiede il processo contro i 5 uomini accusati di aver organizzato gli attentati (attraverso il dirottamento di aerei di linea) dell’11 settembre 2001 ha stabilito che le confessioni estorte attraverso la tortura non potranno essere utilizzate nel processo. Poiché in mancanza delle confessioni (per altro, solo parziali) la pubblica accusa dispone di poche prove, da oltre un anno, con l’approvazione del governo, erano in corso colloqui con gli avvocati difensori per raggiungere un compromesso. Voci più volte trapelate indicavano che la pubblica accusa, se gli imputati si fossero spontaneamente dichiarati colpevoli, non avrebbe chiesto la pena di morte. All’inizio di settembre sulla stampa era trapelata la notizia che il governo aveva inviato delle lettere ai parenti delle circa 3.000 vittime degli attentati, chiedendo un’opinione sulle trattative in corso. Poiché tale iniziativa ha suscitato forti polemiche, e molti parenti delle vittime si sono detti “oltraggiati” dal fatto che il governo non intendeva perseguire la condanna a morte dei sospettati (spesso definiti direttamente “colpevoli”), oggi un portavoce del del Consiglio di sicurezza nazionale (organismo presieduto dal presidente Biden, che in via gerarchica è il capo dei pubblici ministeri che da 20 anni cercano di istruire il processo davanti alla Commissione Militare di Guantanamo), ha reso noto che il Presidente non autorizza la trattativa per come è stata prospettata.
Stranamente la dichiarazione del portavoce non è incentrata sull’argomento principale, ovvero la pena di morte, ma su alcune richieste “accessorie” dei 5 detenuti di Guantanamo: detenzione non in isolamento, e cure mediche per i postumi delle torture subite dalla Cia.
"L'Amministrazione è impegnata a garantire che il processo delle commissioni militari sia giusto e dia giustizia alle vittime, ai sopravvissuti, alle famiglie e agli accusati", ha aggiunto il portavoce.
Secondo il New York Times i 5 imputati (Khalid Shaikh Mohammed, Walid bin Attash, Ammar al Baluchi, Ramzi bin al Shibh, Mustafa al Hawsawi), avevano chiesto garanzie all'amministrazione Biden che non sarebbero stati costretti a scontare la pena in isolamento e che, come negli ultimi tempi hanno ottenuto di poter fare a Guantanamo, avrebbero potuto continuare a mangiare e pregare insieme se si fossero dichiarati colpevoli.
I presunti terroristi hanno anche chiesto di essere curati, a spese dell’Amministrazione, da disturbi del sonno, lesioni cerebrali, danni gastrointestinali o altri problemi di salute che, secondo loro, sono stati causati da “tecniche di interrogatorio potenziate” utilizzate dagli agenti della CIA mentre erano in custodia.
Considerato che in media la spesa ter tenere un detenuto a Guantanamo è stata stimata dal New York Times in circa 13 milioni di dollari al mese per ogni singolo detenuto, non è certo per motivi economici che l’amministrazione non vuole fornire cure mediche gratuite. Si tratta verosimilmente del non volersi dichiarare direttamente responsabili delle torture subite dai prigionieri. Secondo un’analisi del New York Times, la dichiarazione del portavoce del National Security Council sembrano lasciar intendere che il tema principale della trattativa, risparmiare agli imputati la pena di morte, sia ancora percorribile.
Se la trattativa principale ha preso origine dalla mancanza di prove utilizzabili in un processo, un ulteriore ostacolo è sorto all’orizzonte. Il 25 agosto, una commissione mdica militare ha dichiarato che uno dei 5 imputati, Ramzi bin al-Shibh, non è “competente” per sostenere il processo. “Competente” è il termine giuridico statunitense che in italiano corrisponderebbe alla “capacità di intendere e di volere”. Sostanzialmente la commissione medica militare ha diagnosticato all’imputato disturbo da stress post-traumatico, caratteristiche psicotiche associate e disturbo delirante, tutti postumi delle torture subite dopo l’arresto.
A seguito di questa diagnosi, nei giorni scorsi il giudice che presiede il processo ha dichiarato che Ramzi bin al-Shibh non potrà essere processato assieme ai coimputati, ed è stato escluso dai negoziati.
Il processo vero è proprio non è ancora iniziato, né c’è una data in calendario per la prima udienza pubblica. Fino ad ora, da circa 20 anni, pubblica accusa e difensori d’ufficio si sono affrontati in udienze preliminari.