03 Aprile 2017 :
Il giudice della Corte Marziale di Guantanamo, colonnello Vance Spath, prevede di iniziare il processo contro Abd al Rahim al Nashiri per il 2018.
Nashiri, 52 anni, saudita, detenuto a Guantanamo, è accusato di aver organizzato, per conto di al-Qaeda, l’attentato, nel mare dello Yemen, alla nave USS Cole che il 12 ottobre 2000 causò la morte di 17 militari americani, e il ferimento di altri 40.
Nashiri è stato catturato a Dubai nel novembre 2002, e tenuto per quattro anni nelle cosiddette “prigioni segrete della Cia” in Afghanistan, Tailandia, Polonia, Marocco e Romania.
Dal 2006 è detenuto a Guantanamo, la nota base della marina militare statunitense situata all’estremità sud-est dell’isola di Cuba, base che gli Usa ottennero nel 1903 in “concessione perpetua” dalle autorità locali per l’appoggio Usa a Cuba nella Guerra Ispano-Americana, al termine della quale Cuba ottenne l’indipendenza dalla Spagna.
Oggi, al termine di tre giorni di udienze preliminari dedicate soprattutto alla elencazione dei reperti che la pubblica accusa utilizzerà nel processo, l’avvocato Rick Kammen, uno dei difensori di Nashiri, ha illustrato un ricorso presentato davanti alla Corte Suprema degli Stati Uniti per ottenere lo spostamento del processo davanti ad una corte civile.
La questione è da tempo al centro delle strategie difensive nei due grandi processi che si dovrebbero tenere davanti alla Corte marziale di Guantanamo, questo e quello contro gli attentatori dell’11 Settembre. Come è noto, il Governo Usa ha individuato Guantanamo in quanto zona extraterritoriale, dove ritiene di non essere obbligato ad usare le norme “garantiste” che esistono nelle prigioni e nei tribunali sul suolo Usa. A Guantanamo infatti sono detenuti da molti anni uomini sospettati di collegamenti con il terrorismo islamista, ma nei cui confronti non si sono ancora tenuti processi, e nei cui confronti spesso manca anche una incriminazione specifica.
Il motivo ufficiale per cui il Governo ha scelto Guantanamo e le corti marziali è che nei processi si dovrà parlare di molte cose coperte da segreto, e non è opportuno che questo avvenga in udienze “troppo” aperte al pubblico e alla stampa.
L’altro motivo “ufficiale” è che nella base navale extraterritoriale è più facile garantire la sicurezza, sia carceraria che per i giudici, gli avvocati e i giurati popolari. I difensori di Nashiri durante le fasi pre-processuali sono riusciti a raccogliere diverso materiale che riguarda le torture subite dal saudita: documenti parzialmente declassificati, risultanze di una commissione parlamentare, un libro scritto da uno psicologo che aveva lavorato per la Cia, e un altro libro con le memorie di un alto dirigente Cia, Jose Rodriguez. Nel suo libro inoltre Rodriguez sostiene che Al-Nashiri è probabilmente un “pesce piccolo”, e nemmeno molto intelligente, contraddicendo l’ipotesi accusatoria che lo indica come un alto dirigente di al-Qaeda.
La dottoressa Sondra Crosby, una esperta delle conseguenze fisiche e psicologiche della tortura, nell’ottobre 2015 parlò di Al-Nashiri come “una delle persone più danneggiate dalla tortura” che avesse mai esaminato. Se il processo venisse spostato in un tribunale civile, le informazioni ottenute sotto tortura sicuramente non sarebbero ritenute valide, mentre davanti alla Corte marziale la questione non è certa. Inoltre, la Cia non ha consegnato parte dei nastri degli interrogatori, sostenendo che siano stati distrutti. In un tribunale civile la soppressione di parte delle prove sarebbe un fatto grave.
Il giudice Spath oggi ha comunicato di ritenere di poter iniziare il processo nei primi mesi del 2018, con la procedura per formare la giuria popolare, procedura che, a suo dire, richiederà diversi mesi.