TEXAS (USA): REVOCATO IL ‘RIMPROVERO FORMALE’ CONTRO LA GIUDICE KELLER

La giudice Sharon Keller

12 Ottobre 2010 :

una commissione amministrativa d’appello composta da 7 giudici della Corte d’Appello ha revocato il “rimprovero formale” contro la giudice Sharon Keller.
Si tratta di un caso che ha creato molto interesse in Texas ed anche a livello nazionale. La giudice Keller il 25 settembre 2007 era presidente di turno della Corte d’Appello del Texas (Texas Court of Criminal Appeals). Quel giorno, dopo che alle 10 di mattina la Corte Suprema degli Stati Uniti aveva accettato di discutere il protocollo dell’iniezione letale, i difensori di Michael Richard tentarono di presentare un appello dell’ultimo minuto per bloccare l’esecuzione del loro assistito, che era fissata per la sera stessa alle 18.
Non riuscendo a presentare l’istanza entro le 17, orario di normale chiusura della Corte d’Appello, telefonarono per ottenere un breve rinvio, ma la Keller, senza consultare altri colleghi che in seguito dichiararono invece che sarebbero stati disponibili a trattenersi in ufficio oltre l’orario di chiusura, cosa che si fa normalmente ogni volta che c’è una esecuzione, rispose che non era possibile nessun rinvio.
Dopo questo rifiuto, i difensori hanno chiesto di essere autorizzati, in via eccezionale, a consegnare il ricorso per via informatica, ma anche questa autorizzazione è stata negata. Il fatto che la Corte d’Appello non abbia discusso l’appello, non ha consentito alla Corte Suprema degli Stati Uniti di prendere posizione.
La Corte Suprema, per procedura, rimane aperta anche di notte quando sono previste esecuzioni, e i giudici erano pronti a discutere il caso. Ma la Corte Suprema non si può pronunciare se non a favore o contro una decisione della Corte d’Appello. In mancanza di una qualsiasi decisione, la Corte Suprema non è potuta intervenire e così, dopo alcune ore di attesa da parte dei funzionari carcerari, poco dopo le 20 l’esecuzione ha avuto luogo.
Il caso ha creato scalpore perché, come era facilmente prevedibile, tutte le altre esecuzioni negli Stati Uniti sono state subito dopo bloccate in attesa che la Corte Suprema confermasse o meno la costituzionalità del protocollo dell’iniezione letale. Il comportamento della Keller ha portato la Corte d’Appello a modificare le proprie procedure: adesso i ricorsi urgenti possono essere mandati anche via e-mail. La denuncia contro la Keller era stata sottoscritta da circa 300 avvocati.
Il 20 gennaio 2010 il Commissario Speciale nominato per il caso dalla Texas Commission on Judicial Conduct, il giudice David Berchelmann, ritenne che, per quanto il comportamento della Keller non fosse stato encomiabile, non fosse necessario “rimuovere la giudice dal suo incarico, o emettere ulteriori misure di censura oltre la pubblica umiliazione che ha già ricevuto”, in quanto l’intera responsabilità andava attribuita ai difensori, che non si erano preparati per tempo. Contro quella decisione i difensori di Richard ricorsero in appello.
Dopo alcune udienze, il 16 luglio 2010 la Commissione nel suo insieme (13 membri) è invece giunta ad una conclusione diversa: “Il comportamento, consapevole e reiterato della giudice Keller ha gettato discredito sul sistema giudiziario e la sua amministrazione”.
La Keller è ricorsa in appello, ed oggi una giuria d’appello nominata dalla stessa Texas Commission on Judicial Conduct, con una sentenza “tecnica”, ha rilevato che non era tra i poteri della Corte decidere il “rimprovero formale”.
Le sanzioni previste dalla legge e dalla costituzione infatti potevano essere o il proscioglimento, o la censura pubblica, o il licenziamento, non il rimprovero formale.
Sharon Keller, da alcuni chiamata “Sharon Killer” per il suo record nei casi di pena di morte, è una repubblicana eletta nel 2006, ed è il giudice penale di più alto grado del Texas.
Scott Cobb, a capo del Texas Moratorium Network, ha dichiarato di ritenere certo che la Keller non verrà rivotata quando il suo incarico scadrà nel 2012, ma per il buon nome del sistema giudiziario del Texas sarebbe opportuno ora l’intervento del Parlamento, che può promuovere un provvedimento di “impeachment” e rimuoverla dall’incarico.
 

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