TANTA INDIGNAZIONE PER LE CARCERI DI TEHERAN, ZERO PER LE NOSTRE. MA L’ITALIA È UNA DEMOCRAZIA

18 Gennaio 2025 :

Giuseppe Dacquì* su l’Unità del 18 gennaio 2025

L’affaire Sala, conclusosi nel migliore dei modi, offre lo spunto per diverse riflessioni sulle condizioni delle carceri, sul rispetto delle convenzioni internazionali in tema di diritti fondamentali dell’uomo, sulle pene, sulla rieducazione del condannato, sul perdono, sull’amnistia, sulla concezione del diritto penale.
Le società moderne pensano a un modello organizzativo della vita sociale improntato sulla tutela dell’ordine politico, sociale ed economico.
Alcune di esse tendono a tutelare e conservare l’ordine attraverso norme rigorose, rigide che prevedono sanzioni sempre più elevate in ipotesi di trasgressioni più frequenti e che destano allarme sociale; altre, invece, mirano a una politica criminale meno repressiva. L’area del punibile, a mò di fisarmonica, si allarga e si restringe a seconda del tipo di direttore d’orchestra: vendetta o perdono. Vendetta, intesa come stessa pena o più grave di quella subìta; perdono, inteso come sanzione mirata alla rieducazione del colpevole e come freno inibitorio del pericolo di reiterazione dell’illecito.
Nella categoria dell’area rigida, il tutore dell’ordine tende a reagire con fare normativo aggressivo e repressivo, istituendo nuove fattispecie di reato, elevando i minimi e massimi edittali delle pene, restringendo o vietando benefici premiali, istituendo carceri di alta sicurezza, normativizzando condizioni carcerarie inumane introdotte già in periodi emergenziali, cosicché l’istinto diventa istituzione, tanto per richiamare il pensiero di David Hume. Nella seconda categoria, senza alcuna astensione dalla punizione, quest’ultima è applicata nel modo di restringere al massimo l’area del punibile, allargando gli spazi delle misure alternative alla carcerazione.
Dunque, se il direttore di orchestra appartiene alla prima categoria i condannati, i reclusi saranno considerati “vite di scarto” che occorre solo imprigionare, isolare dal resto della società e, in taluni ordinamenti, perfino eliminare con l’impiccagione, l’iniezione letale, la sedia elettrica. Se appartiene alla seconda categoria, il carcerato potrà sperare in un percorso punitivo e rieducativo privo di barbarie trattamentali. Il bene giuridico che il diritto penale deve tutelare è anche il diritto del condannato a essere sostenuto durante il periodo, breve o lungo che sia, della carcerazione.
L’esecutivo italiano attuale non pare che mostri i segni di perdono nei confronti dei condannati per come sollecitato dal Sommo Pontefice. Vi è in atto un’idea di giustizia lontana da trattamenti preventivi e rieducativi. Si è cristiani e giusti a modo nostro. Non fu ascoltato Papa Giovanni Paolo II, non sarà ascoltato Papa Francesco. È più redditizio elettoralmente accanirsi nei confronti dei malvagi piuttosto che avere un atteggiamento di speranza e indulgenza nei loro confronti. Da qui il conflitto tra il diritto penale minimo e il diritto penale del nemico.
Quanti magistrati, politici, operatori del diritto conoscono la realtà, le condizioni delle nostre carceri? Se già la privazione la libertà è una afflizione, il luogo in cui si sconta la pena, è un’ulteriore sofferenza. Ripugna alla coscienza civile universale la condizione di ostaggio e di segregazione in cui è stata tenuta la giornalista Sala in Iran, in barba ai più elementari diritti fondamentali dell’uomo; ma ripugna altrettanto alla coscienza la condizione carceraria italiana poiché, diversamente dall’Iran, il nostro è un paese democratico.
Dio, secondo il racconto biblico ha protetto Caino “segnandolo” perché l’assassino non diventasse preda della vendetta e dell’odio. La violenza genera violenza e questo il dio degli ebrei non lo tollera e non lo vuole. Nessuna ritorsione è ammessa e la società non può certo porgere l’altra guancia, deve tutelare la vittima e al contempo garantire al colpevole che sia celebrato un giusto processo e applicata una pena che sia espiata in termini di rieducazione.
Il difensore di Abele non può trasformarsi in un altro Caino. L’esaltazione o l’esagerazione della pena segnala la presenza del sentimento della vendetta: l’omicida è punito con la pena capitale e ciò, purtroppo, avviene anche negli ordinamenti democratici.
Nella teoria del diritto penale del nemico, ai nemici non vengono garantiti i diritti o vengono limitati in quanto non sono riconosciuti quali consociati, e sono considerati soggetti pericolosi da eliminare tout court. Viene così considerato inefficace, secondo il comune sentire, un sistema giuridico che non è in grado di punire severamente, e ciò senza fare i conti che la repressione nella lunga storia dell’uomo non ha mai eliminato il delitto anche il meno efferato.
* Avvocato

 

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